La parità di genere è ancora una chimera anche per i Paesi ricchi

Il nuovo report della Banca Mondiale ci mostra quanto ancora sia lontana una reale parità di genere sul lavoro

In tutto il mondo la parità di genere sul lavoro è ancora lontana © ronstik/iStockPhoto

La parità di genere nel mondo del lavoro è più lontana di quanto credessimo: le donne godono di meno di due terzi dei diritti riservati ai colleghi uomini. Il rapporto Women, Business, and the Law della Banca Mondiale ha messo in fila i dati relativi alle differenze giuridiche su violenza e assistenza all’infanzia e dimostrato che nessun Paese del mondo, nemmeno le economie più avanzate, si avvicina a garantire pari opportunità.

Sulla carta, alla luce delle leggi esistenti, le donne hanno accesso a due terzi dei diritti degli uomini. Nella pratica, ogni giorno, non è così: in media, è stato attuato meno del 40% di questi provvedimenti. Se per esempio in 98 Stati sono state effettivamente votate misure per la parità di genere nella retribuzione, sono solo 35 quelli che hanno adottato una reale trasparenza nei pagamenti e nei meccanismi messi in atto per superare il divario retributivo.

Gli ostacoli alla parità di genere

Quali sono gli ostacoli che ogni donna incontra quotidianamente nel mondo del lavoro? Che effetto hanno sulla sua vita, e sul sistema lavoro globale? Il report della Banca Mondiale ha provato a rispondere a queste domande tenendo in considerazione due indicatori che incidono sulla parità di genere: la protezione dalle violenze e l’accessibilità dei servizi di assistenza all’infanzia. Se consideriamo anche questi due fattori, il gender gap si fa più acuto: le lavoratrici godono del 64% delle garanzie legali di cui beneficiano i colleghi maschi, a fronte del 77% calcolato dalle precedenti stime.

Mancano, in larga parte dei casi, misure di supporto all’applicazione delle leggi, sistemi di monitoraggio delle disparità e servizi sanitari in grado di accogliere e tutelare le donne che sopravvivono a episodi di violenza. Secondo Indermit Gill, Chief Economist del Gruppo della Banca Mondiale e Senior Vice President for Development Economics, «in tutto il mondo, leggi e pratiche discriminatorie impediscono alle donne di lavorare o avviare imprese su un piano di parità con gli uomini». Se colmassimo questo divario, ha spiegato, il prodotto interno lordo mondiale crescerebbe di più del 20% e il tasso di crescita globale raddoppierebbe. Una reale parità di genere, dunque, farebbe bene a tutti. Eppure, dicono dai vertici della Banca Mondiale, non solo non sta accadendo, ma i processi messi in atto per raggiungerla continuano a rallentare.

Per superare questo divario, ci dice il WBL 2024, ci attende tanto lavoro, anche laddove vi siano politiche che appaiono più avanzate. Tra tutte le economie subsahariane, il Togo ha le leggi più inclusive. In base a queste ultime, le donne hanno accesso al 77% dei diritti riservati agli uomini. I sistemi messi in atto per garantire l’applicazione di queste leggi, però, sono appena il 27% di quelli necessari. Questo tasso è la media di tutte le economie subsahariane.

Come costruire una reale parità di genere?

Gli ultimi anni hanno visto importanti avanzamenti nelle ambizioni dei governi a colmare il gender gap. In particolare il 2023 è stato l’anno in cui maggiormente si è posta l’attenzione su tre elementi utili a costruire la parità di genere: retribuzione, diritti dei genitori e sicurezza sul posto di lavoro. Il monitoraggio delle Banca Mondiale mostra che, soprattutto per quanto riguarda le ultime due categorie, quasi tutti i Paesi non hanno raggiunto avanzamenti rilevanti.

Il punto più problematico è quello relativo alla sicurezza per le donne nel mondo del lavoro: appena il 36% di quanto garantito ai colleghi uomini. Tradotto nella vita di tutti i giorni, vuol dire che le donne godono di un terzo delle protezioni legali da molestie sessuali, violenze domestiche, matrimoni infantili e femminicidi rispetto ai loro pari dell’altro sesso. Sono 151 le economie che si sono dotate di leggi contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, ma appena 39 quelle che estendono il divieto negli spazi pubblici. Andare al lavoro per una donna vuol dire spesso attraversare questi spazi: che sia in auto, a piedi o con i mezzi pubblici. Appena 39 Paesi la tutelano, qualora in questo tragitto fosse molestata.

E per le donne che hanno figli? I calcoli medi ci dicono che queste ultime dedicano almeno 2,4 ore al giorno alla loro assistenza. Attività non retribuita, tempo di vita che gli uomini possono dedicare al lavoro. Quando si amplia l’accesso all’assistenza all’infanzia, le donne riescono a partecipare di più al mondo del lavoro: l’1% in più all’inizio, ma più del doppio già dopo cinque anni. In tutto il mondo meno della metà dei Paesi, 78 economie, fornisce alle famiglie con bambini sostegni finanziari o fiscali. Solo 62 Paesi, meno di un terzo delle economie studiate, stabiliscono standard di qualità per i servizi di assistenza all’infanzia, dando così alle donne maggiori possibilità di lavorare.

Costruire una reale parità di genere farebbe bene a tutti

Sono diversi i settori in cui una reale parità di genere è ancora lontana. Nel mondo dell’imprenditoria, solo un Paese su cinque si è dotato di criteri sensibili al genere per gli appalti pubblici. Tradotto in numeri: le donne sono escluse da una fetta di economia pari a circa 10mila miliardi di dollari l’anno. Guadagnano, ci spiega la Banca Mondiale, 77 centesimi per ogni dollaro di retribuzione riservato agli uomini. E questo succede sempre, anche in pensione. In ben 62 Paesi, a parità di condizioni, uomini e donne non possono andare in pensione alla stessa età. Le donne vivono in media più a lungo, ma sono anche pagate di meno, dedicano maggior tempo alla cura dei figli, sottraendolo al lavoro, vanno in pensione più giovani. Tutti questi fattori si sommano, portando a retribuzioni pensionistiche minori rispetto agli uomini e, di conseguenza, vecchiaia più precaria dal punto di vista finanziario.

Secondo Tea Trumbic, autrice principale dello studio, tutto questo «non è solo ingiusto, è uno spreco. Aumentare la partecipazione economica delle donne è la chiave per amplificare la loro voce e plasmare decisioni che le riguardano direttamente». In tutto il mondo si sta consapevolmente emarginando circa metà della popolazione. Non solo le organizzazioni a tutela delle donne ma, ormai, anche le principali istituzioni finanziarie, ci stanno dicendo che è ora di trovare soluzioni realmente efficaci.