Il patto fondativo della comunità
Corruzione, illegalità, mafie, economia e finanza. Ogni martedì il commento di Rosy Battaglia
Sono 17 pagine. Ma ve ne consiglio spassionatamente la lettura. L’intervento introduttivo del presidente dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, tenuto lo scorso 18 giugno alla presentazione della Relazione annuale della stessa Anac alla Camera, contiene moltissimi dati e spunti non solo per le istituzioni, ma anche per noi cittadini.
Come ricorda il presidente Busia, della corruzione «non conosciamo la sua reale estensione, ma sappiamo che essa spezza quel patto fondativo che è alla base dello stare insieme come comunità». Al di là, infatti, dell’indice di percezione calcolato da Transparency International, citato nel rapporto, in Italia mancano, come in altri Paesi, dati scientifici sul fenomeno corruttivo che vadano oltre la misurazione della percezione.
Per questo, ribadisce il presidente Busia, specie nel caso degli appalti pubblici in occasione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la vigilanza anticorruzione deve rimanere sotto il controllo di un organismo indipendente e terzo qual è l’Anac. Che negli ultimi dieci anni ha elaborato, nella banca dati nazionale dei contratti pubblici, 53 milioni di contratti, per un valore di circa 2.240 miliardi di euro.
Un patrimonio di informazioni formidabile che potrebbe dare vita al primo, vero, “indicatore oggettivo sulla corruzione” al mondo. Non solo un tema per addetti ai lavori: misurare l’entità di un fenomeno è fondamentale sia per potenziare forze e mezzi per arginarlo e combatterlo che per rendere consapevoli i cittadini della sua gravità. Tanto più che proprio alcuni studi effettuati in passato dall’Autorità hanno mostrato che con gli appalti aumentano in modo significativo le opportunità di impiego. Per ogni miliardo di euro di lavori pubblici si creano tra i 12mila e i 16mila posti di lavoro, ma anche, appunto, le possibilità di corruzione e di infiltrazione mafiosa.
Occorre, ricorda Busia, far crescere l’istituto del whistleblowing, fondamentale per proteggere dalle ritorsioni chi segnala fatti illeciti commessi all’interno della propria organizzazione. La Direttiva europea del 2019 rafforza tale fondamentale figura e accresce i livelli di protezione del segnalante, anche nel settore privato. L’Italia, ad oggi, però, non ha ancora recepito tale direttiva e l’attuale norma non è in grado di fornire tutte le tutele necessarie alle “vedette civiche”. Così come è necessaria una nuova classe di funzionari della Pubblica Amministrazione, giovane, competente, assunta per merito e capacità.
Serve, ribadisce l’Autorità, la “trasparenza 4.0”. A partire da portale unico di dialogo tra i cittadini e istituzioni per l’accesso ai dati e alle informazioni, per superare le difficoltà delle singole amministrazioni. Intanto, il presidente di Anac, a differenza del governo Draghi, non si è dimenticato dell’importanza del dialogo con le organizzazioni della società civile, ribadendo come «sono chiamate anch’esse ad un ruolo attivo nella verifica delle spese e dei progetti nei territori». Quel monitoraggio civico tanto acclamato, ma che poi, alla prova dei fatti non si vuole, ancora, davvero, favorire.
Ma, di certo, ne abbiamo un gran bisogno.