I pesticidi stanno invadendo anche le profondità degli oceani

Pesticidi vietati da decenni contaminano gli oceani, minacciando biodiversità e catene alimentari marine, e aggravando i rischi per ecosistemi e comunità costiere

Stella marina girasole © iStock

Immagina di immergerti nelle acque cristalline di un atollo tropicale, circondato da pesci colorati e coralli vivaci. Ora, pensa che anche in queste acque incontaminate potrebbero nascondersi tracce di pesticidi utilizzati decenni fa nei campi agricoli. Questa realtà inquietante sta emergendo grazie a studi scientifici che rivelano come le sostanze chimiche impiegate in agricoltura possano viaggiare per migliaia di chilometri e contaminare gli ecosistemi marini più remoti.

Secondo una ricerca pubblicata su Nature nel 2023, ogni anno gli oceani ricevono circa 710 tonnellate di pesticidi provenienti dall’agricoltura. Si tratta di una piccola frazione delle oltre tre milioni di tonnellate impiegate ogni anno nel mondo, ma sufficiente a generare contaminazioni significative. Questi composti chimici, spesso utilizzati per proteggere le colture da parassiti e malattie, si disperdono nell’ambiente attraverso il deflusso superficiale e l’infiltrazione nel suolo, raggiungendo infine i fiumi e, infine, il mare.

Molecole persistenti: i pesticidi che non scompaiono negli oceani

Quando si monitorano le acque marine, spesso emergono decine di molecole diverse, spiega alla testata francese Reporterre Wilfried Sanchez dell’Ifremer, l’istituto francese di ricerca marina . Le concentrazioni sono basse, dell’ordine di nanogrammi per litro, ma l’accumulo nel tempo rende il loro impatto significativo. E il problema si complica quando queste sostanze si combinano con altri inquinanti, come microplastiche, PFAS (sostanze per e polifluoroalchiliche) e PCB (policlorobifenili).

Alcuni di questi pesticidi sono ormai “storici”: erbicidi come atrazina e simazina, vietati in Europa da oltre vent’anni, continuano a lasciare residui sulle coste, così come metaboliti del DDT, bandito in Francia negli anni Settanta, ma rilevati nel 2021 in sogliole e rombi nelle baie fluviali della Somme e della Senna. In alcune aree costiere di Martinica e Guadalupa, il chlordécone (clordecone, in italiano), usato nelle piantagioni di banane dal 1972 al 1993 e classificato come probabile cancerogeno e interferente endocrino, presenta una concentrazione tale da rendere alcune aree interdette alla pesca.

Gli effetti dei pesticidi sugli ecosistemi marini

Se gli effetti dei pesticidi sulla fauna terrestre sono noti – tra cui il declino degli uccelli e degli insetti in Europa – per il mondo marino le conoscenze sono limitate. Le difficoltà di accesso e monitoraggio spiegano perché poche ricerche si concentrino su questo tema. Alla terza Conferenza sugli oceani delle Nazioni Unite, tenutasi a Nizza a giugno, solo quattro tra oltre mille comunicazioni scientifiche presentate riguardavano i pesticidi.

Eppure, le poche conoscenze a riguardo destano tra gli esperti molta preoccupazione. I pesticidi possono alterare la riproduzione e la crescita di molte specie marine. Ad esempio, test di laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione a miscele di pesticidi può ridurre la capacità di metamorfosi delle larve di ostriche. Negli Stati Uniti, le stelle marine girasole che vivono all’interno dello stretto di Puget Sound, nello stato di Washington, sono state colpite dall’imidaclopride, un insetticida ancora presente nei trattamenti antipulci per cani e gatti: circa il 10% degli esemplari ha sviluppato malformazioni gastriche, letali per gli individui colpiti. Altri pesticidi forestali (in particolare quattro: atrazina, esazinone, indaziflame e bifentrin) hanno indebolito le mye arenaria (o “vongole della sabbia”), alterando la crescita interna e la riproduzione di questo mollusco. Anche le anemoni di mare hanno subito gravi effetti, con una riduzione della riproduzione e comportamenti alterati che impediscono loro di catturare le prede.

Pesticidi e catena alimentare marina: una minaccia invisibile

Questo fenomeno non è limitato a una regione specifica. Le ricerche hanno rilevato la presenza di pesticidi in diverse parti del mondo, dai fiumi degli Stati Uniti e dell’Asia ai mari europei. In particolare, il Mar Mediterraneo è stato identificato come una zona di accumulo per molte di queste sostanze chimiche, a causa della sua chiusura idrologica e della forte pressione antropica.

Il rischio è anche quello di compromettere le catene alimentari dei sistemi marini: i pesticidi, infatti, alterano gli ecosistemi corallini, come quelli della Grande Barriera, compromettono la visione di alcuni pesci e disturbano le relazioni simbiotiche tra organismi marini e alghe. Uno studio cinese, pubblicato su Nature nel 2024, ha stimato che gli erbicidi potrebbero ridurre fino al 10% la produttività del fitoplancton, base della catena alimentare oceanica, con rischi per la stabilità degli ecosistemi costieri.

Wilfried Sanchez ricorda che per proteggere gli oceani dall’inquinamento da pesticidi non c’è alternativa: bisogna agire alla fonte, ovvero nei campi agricoli. Ridurre l’uso di questi prodotti chimici è l’unico modo per salvaguardare la vita marina e, di conseguenza, tutta la catena alimentare oceanica.

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