PFAS, prima proposta di vietare gli “inquinanti eterni” in Europa

L’Agenzia europea delle sostanze chimiche ha avanzato una prima, storica proposta di vietare gli agenti inquinanti PFAS

Gli PFAS sono presenti anche in molti imballaggi alimentari © monticelllo/iStockPhoto

Un primo passo, anche se lontano nel tempo. L’Agenzia europea delle sostanze chimiche (European chemicals agency, Echa) ha presentato per la prima volta una storica proposta di divieto delle “sostanze per- e polifluoroalchiliche”. Parliamo degli PFAS, sostanze chimiche che sono state ribattezzate anche “inquinanti eterni” per la loro capacità di restare estremamente a lungo nell’ambiente. Contaminando anche suoli e falde acquifere, e ponendo seri rischi per la salute umana.

Gli PFAS presenti in numerosi prodotti di uso quotidiano

Furono sviluppate a partire dagli anni Quaranta. Sfruttate soprattutto in quanto impermeabili e resistenti alle fonti di calore. Per questo i PFAS sono presenti in numerosi oggetti che utilizziamo quotidianamente: nei prodotti in teflon, negli imballaggi alimentari, nei capi d’abbigliamento, nelle componenti delle automobili. Si tratta inoltre di sostanze quasi “indistruttibili”, che permangono nell’acqua, nell’aria, nel terreno. E nel cibo che mangiamo.

La proposta dell’Echa arriva dopo una richiesta giunta dalle autorità sanitarie di cinque nazioni a metà gennaio: Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia. La strada, tuttavia, sarà ora lunga. Occorrerà attendere dapprima la fine del prossimo mese di marzo, quando sarà avviato un processo di valutazione che dovrebbe durare sei mesi. Sulla base dei risultati che ne deriveranno, verrà quindi predisposta dalla Commissione di Bruxelles una regolamentazione ad hoc. Ma l’approvazione è prevista molto in là nel tempo: si parla del 2025, con un’entrata in vigore a partire dall’anno successivo.

Le due strade possibili per sbarazzarsi dei veleni

Resta in ogni caso positivo il fatto che degli PFAS si cominci a parlare nei termini di imporre una moratoria. La proposta dell’Echa immagina due scenari in questo senso: nel primo caso, si tratterebbe di concedere alle aziende un massimo di 18 mesi di tempo per abbandonare tali sostanze chimiche. In alternativa, si potrebbero immaginare fasi di transizione in funzione dell’uso e della disponibilità di prodotti alternativi.

Una soluzione caldeggiata dalle cinque nazioni europee, poiché permetterebbe di avere a disposizione più tempo. Il periodo dovrebbe durare un anno e mezzo nella maggior parte dei casi (ad esempio per i prodotti cosmetici o per gli imballaggi alimentari), ma potrebbe essere ben più lungo, fino a dodici anni, per ad esempio gli PFAS presenti nei dispositivi sanitari.

La ragione starebbe nel fatto che in alcuni casi non esistono ancora alternative. Altro dato che può suscitare dubbi, il fatto che si immaginano deroghe sine die per alcuni settori sottoposti a specifiche regolamentazioni: dai prodotti fitosanitari ai medicinali. Ma intanto, anche nell’industria, c’è chi sembra aver compreso la necessità e si prepara al cambiamento. Il colosso americano 3M, ad esempio, ha annunciato nello scorso mese di dicembre che smetterà, entro il 2025, di produrre ed utilizzare PFAS.