I banchieri in fuga dalla Brexit puntano Milano. E i prezzi immobiliari volano

I prezzi immobiliari di Milano sono inarrivabili per molti. Ma non per i banchieri che arrivano dall'estero e fanno shopping di case di lusso

La zona di Porta Nuova a Milano © Gianni Belloni/Flickr

C’è un argomento che a Milano e dintorni ha spodestato il meteo, la politica e il calcio nelle conversazioni alla macchinetta del caffè. I prezzi immobiliari. D’altra parte, la loro crescita è visibilmente più rapida rispetto a quello di qualsiasi altra grande città italiana. Con una media che sfiora i 5mila euro al metro quadro, alcune analisi sostengono che una persona comune debba investire più di 13 anni di stipendio per aggiudicarsi una casa da 85 metri quadri. Ma c’è anche chi non si pone alcun problema a fare shopping di attici da sogno a Porta Nuova o CityLife. Stiamo parlando dei banchieri esuli da Londra a causa della Brexit.   

Perché Milano è così appetibile per i banchieri

La stessa città che una famiglia media fatica a permettersi, infatti, è più che appetibile per chi può contare sui ricchi stipendi e bonus delle grandi società finanziarie. Un articolo di Bloomberg fa una lista dei buoni motivi per trasferirsi all’ombra della Madonnina. Una posizione geografica favorevole, a un’ora di aereo da Francoforte e due da Londra; un’area urbana di piccole dimensioni, in cui i tempi di spostamento casa-lavoro sono limitati; uno sviluppo urbanistico frenetico che, a partire da Expo 2015, ha creato da zero nuovi distretti di business e di lusso. Dopo il tracollo dovuto alla crisi finanziaria globale, inoltre, in Italia la risalita dei prezzi immobiliari c’è stata, ma non è stata comparabile con quella di altri Paesi europei.  

Per ovvi motivi, le italiane Unicredit e Mediobanca sono state le prime a far traslocare decine di trader dalla City a Milano. Ben presto, anche colossi internazionali del calibro di Goldman Sachs hanno seguito il loro esempio.

Volano i prezzi immobiliari del segmento lusso a Milano  

Il risultato? A Milano, dove lo stock di immobili di lusso vale più che in ogni altra città del Belpaese (cioè 4,66 miliardi di euro a fine 2021), la domanda nel 2021 segna un +30% rispetto al 2019. Il capoluogo lombardo, da solo, alla fine dell’anno rappresenta il 26% della domanda italiana di case di lusso: solo due anni prima si fermava al 13%. Sempre a fine 2021, l’annuncio di una casa venduta era rimasto online poco più di 3 mesi contro i 7 necessari nel 2019. I dati arrivano dall’«Osservatorio del mercato residenziale di lusso in Italia», redatto da Immobiliare.it in collaborazione con Luxury Estate.

Quando sale la domanda, inevitabilmente salgono anche i prezzi. Nel 2022 quelli delle abitazioni di lusso a Milano sono aumentati del 7,2% rispetto al 2021. Per avere un termine di paragone, Immobiliare.it fa sapere a Bloomberg che prezzi medi del segmento, in Italia, erano cresciuti solo del 2% nel biennio 2019-2021.

Un altro report della software house Reopla fa sapere che, su un totale di 4.163 case da più di un milione di euro vendute tra il 2020 e il primo trimestre del 2022, 1.703 erano in Lombardia, di cui 1.487 – cioè circa una su tre – nella provincia di Milano. Sempre a Milano si è segnata la compravendita record, un affare da 22 milioni di euro nella zona di Porta Venezia. Ed è vero che nel suo insieme il mercato rallenterà per via dei tassi d’interesse più alti. Ma è vero anche che chi compra una casa da un milione di euro, di solito, non chiede un mutuo in banca.

L’Italia spalanca le porte ai ricchi in arrivo dall’estero

A qualcuno questi prezzi immobiliari sembreranno inarrivabili, ma i dati dimostrano che c’è chi se li può permettere. La Banca Centrale Europea fa sapere che i cosiddetti high earners, cioè i soggetti che lavorano per una banca o una società di investimenti in Europa e hanno guadagnato più di un milione di euro nel 2021, in Italia sono ben 351. Cioè l’88% in più rispetto a un anno prima.

Oltre al clima, alla posizione strategica e a tutti gli altri vantaggi già menzionati, per loro c’è un altro benefit di tutto rispetto. La legge di bilancio 2017 ha introdotto per i neo-residenti la possibilità di pagare una flat tax sui redditi prodotti all’estero, pari a 100mila euro per ogni periodo d’imposta. Un’opzione che può essere estesa anche ai familiari; in tal caso l’importo è di 25mila euro per ciascuno.

Gli impatriati, cioè coloro che non sono stati residenti in Italia nei due anni precedenti e si impegnano a rimanervi e lavorare per almeno due anni, godono invece di un’imponibile del 30% che scende al 10% se si trasferiscono al Sud o nelle Isole. Ciò significa, in altri termini, non pagare tasse sul 70% (o addirittura sul 90%) del proprio reddito.

Un trattamento di tutto rispetto, in un Paese in cui il cuneo fiscale – cioè la differenza tra il lordo pagato dal datore di lavoro e il netto in busta paga – è del 46,5% nel 2021. Cioè il quinto più alto nell’area euro.