Cop28, la quarta bozza è un enorme passo indietro

Pubblicata la quarta bozza del testo più atteso alla Cop28, che deve definire la sorte delle fossili. E appare estremamente deludente

Claudia Vago e Ilaria Ghaleb
Sultan al-Jaber, il petroliere presidente della Cop28 © Christopher Pike/Cop28
Claudia Vago e Ilaria Ghaleb
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Tre giorni dopo la terza bozza e alla vigilia della fine programmata della Cop28, nel pomeriggio di lunedì 11 dicembre è stata diffusa una nuova versione provvisoria del testo di accordo finale della ventottesima conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Nelle intenzioni, questa bozza avrebbe dovuto sgomberare il campo dal florilegio di opzioni che campeggiavano nel secondo e nel terzo draft.

Il testo appare un addio al sogno di inserire nel Global stocktake l’uscita dalle fossili

Da questo punto di vista, il lavoro è riuscito: diverse opzioni sono effettivamente sparite. Il problema è che si tratta di tutte quelle più ambiziose. Guardando il bicchiere mezzo pieno, per la prima volta nel testo di una Cop compare l’espressione “combustibili fossili” nel loro insieme. Alla Cop26 di Glasgow in cui si parlava soltanto di carbone e alla Cop27 ci si è concentrati unicamente sulla questione del loss and damage. E ciò nonostante la netta contrarietà di alcune nazioni, come l’Arabia Saudita e i Paesi Opec. Tuttavia, il riferimento ai combustibili fossili è del tutto annacquato e, per rimanere in metafora, affogato in numerose altre variabili e condizionalità.

Si parla, per esempio, di “sostituzione”, e non di abbandono. Il che lascia intendere come si immagini di accettare, ad esempio, la chiusura di una centrale a carbone, soltanto quando l’energia da essa prodotta sarà sostituita da fonti pulite. Il che impedisce di fatto l’ipotesi di un phase out, ovvero uscita, dalle fonti fossili, in tempi ragionevolmente compatibili con la scienza.

Frasi anodine e formulazioni interpretabili nel documento

Sul carbone l’unico impegno menzionato è quello di evitare la costruzione di nuove centrali qualora queste siano unabated, ovvero prive di sistemi di cattura della CO2 emessa. Troppo poco, come impegno, se questa bozza dovesse diventare la versione definitiva del testo. L’unico phase out rimasto nel testo riguarda i sussidi ai combustibili fossili. Intendendo però l’eliminazione dei soli sussidi “inefficienti”. Aggettivo sul quale non c’è uniformità di interpretazione, come era stato già evidenziato a Glasgow.

Dure le reazioni di numerose diplomazie, a partire dal gruppo degli Aosis (le piccole nazioni insulari) e dalle organizzazioni non governative. Queste ultime hanno espresso il loro sdegno in una conferenza stampa a Dubai alla quale hanno partecipato, tra gli altri, ActionAid e Greenpeace.

L’impegno per la riduzione e il consumo di carbone, petrolio e gas «attorno» al 2025

Eppure l’Ipcc era stata chiara: gli sforzi fatti finora non sono sufficienti a mantenere le temperature al di sotto dei 1,5 gradi e si rende quindi necessario trovare politiche e tempistiche concrete che i vari Stati devono adottare. Quello dell’uscita dai combustibili fossili è stato il tema più discusso finora, anche se effettivamente nessuna ipotesi era stata esclusa nelle precedenti bozze.

Il nuovo testo però non fa più riferimento a questa possibilità e anzi, fornisce strumenti e tempi in maniera confusa e sfocata: «Ridurre produzione e consumo dei combustibili fossili, così da raggiungere il net zero entro o attorno al 2050». Anche qui, sulla parola “attorno” si potrebbero immaginare molte interpretazioni: 2058 sarà considerato accettabile? E 2065? L’unica nota positiva rimasta è la proposta di triplicare le rinnovabili entro il 2030.