Come la finanza guadagna prima con la distruzione e poi con la ricostruzione dell’Ucraina
Migliaia di aziende si stanno preparando per una nuova corsa all'oro: la ricostruzione dell'Ucraina. Un cantiere da 750 miliardi di dollari
Molte aziende in tutto il mondo si stanno posizionando per una possibile corsa all’oro che vale miliardi di dollari: la ricostruzione dell’Ucraina una volta finita la guerra. Finora i danni ammontano a circa 138 miliardi di dollari. La ricostruzione richiederà probabilmente decenni, con un costo stimato che si aggira intorno ai 750 miliardi.
Tale interesse è emerso durante una fiera organizzata a Varsavia il 15 febbraio 2023 e intitolata Recovery Construction Forum. Dai fondi di investimento newyorkesi alle operatori nel settore del cemento tedeschi, hanno partecipato alla kermesse oltre 300 aziende, provenienti da 22 Stati diversi. E quello di metà febbraio è il quarto appuntamento sul tema organizzato in Polonia.
Non ci sono solo le fiere: più di 700 aziende francesi hanno affollato una conferenza organizzata a dicembre dal presidente Emmanuel Macron. La Confederazione finlandese delle industrie inoltre ha sponsorizzato un webinar di un’intera giornata in cui le aziende potessero mostrare ai funzionari ucraini i loro impianti di trattamento delle acque reflue, trasformatori, trebbiatrici e alloggi prefabbricati.
L’Ucraina sarà il più grande cantiere del mondo
Siamo entrati nel secondo anno del conflitto e già centinaia di migliaia di case, scuole, ospedali e fabbriche sono stati devastati. Soltanto nella capitale Kiev, gli edifici residenziali distrutti sono 348. Per non parlare di impianti energetici, strade, binari ferroviari e porti marittimi. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha già invocato il parallelo con il piano Marshall, con cui gli Stati Uniti contribuirono a ricostruire l’Europa al termine della Seconda guerra mondiale.
Così come il piano americano ha legato a sé i paesi “ricostruiti”, così l’Europa sta annusando l’opportunità di congiungere a sé l’Ucraina attraverso quello che la Camera di commercio ucraina ha presentato, senza mezzi termini, come «il più grande cantiere del mondo».
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Quali Stati vogliono partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina
Sono tanti i governi che si sono già messi in moto. La Germania, per esempio, ha annunciato la creazione di un fondo per garantire gli investimenti. Il piano sarà supervisionato dal gigante globale della revisione contabile PwC e promette di compensare gli investitori per potenziali perdite finanziarie in caso di espropriazione delle attività o interruzione dei progetti.
La Francia offrirà anche garanzie statali alle aziende che svolgeranno lavori futuri in Ucraina. Bruno Le Maire, ministro delle Finanze, ha dichiarato che tre società francesi hanno assegnato contratti per un valore totale di 100 milioni di euro. Matière costruirà 30 ponti galleggianti e Mas Seeds e Lidea stanno fornendo semi per gli agricoltori.
Al di fuori dell’Europa, la Turchia di Recep Tayyp Erdogan ha firmato un memorandum per la ricostruzione durante il vertice di Leopoli lo scorso agosto. L’Italia è in ritardo su questo fronte – ricordiamoci che a settembre è cambiato il governo – ma già a giugno 2022 Confindustria aveva firmato un accordo «volto a attuare progetti congiunti per ricostruire l’economia del Paese, ripristinare le infrastrutture distrutte dalla guerra, attrarre investimenti e intensificare la cooperazione economica e industriale tra Italia e Ucraina».
BlackRock e JP Morgan nel business della ricostruzione dell’Ucraina
In attesa che la corsa all’oro parta ufficialmente, l’economia ucraina si è ridotta del 30%-35% nel primo anno di guerra. La quota di popolazione che vive sotto la soglia di povertà è aumentata dal 18% a quasi il 60%. Insomma, al momento l’Ucraina ha bisogno di fondi solo per andare avanti e effettuare riparazioni di emergenza. E pochi arrivano da investitori privati, poco disposti a stanziare denaro mentre il conflitto è ancora in corso, con il rischio di non poterne mantenere il controllo. Per cui, il “cantiere” del futuro dipenderà dall’attuale sostegno di Unione europea, Stati Uniti e di altri alleati a lungo termine.
L’Ucraina ha chiarito che ci saranno ricompense per i primi investitori in fatto di ricostruzione postbellica. A cogliere al volo l’invito, per ora, sono stati rispettivamente il più grande investitore e la più grande banca del mondo. BlackRock e JP Morgan hanno infatti siglato un accordo con il ministro dell’Economia ucraino il 9 febbraio.
Secondo quanto riportato dalla testata americana CBNC, JP Morgan sfrutterà il mercato dei capitali di debito per stabilizzare l’economia del Paese e suo rating del credito. Finora, la banca ha guidato una ristrutturazione del debito ucraino di 20 miliardi di dollari lo scorso anno e ha impegnato milioni di dollari a sostegno dei rifugiati.
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Invece, BlackRock consiglierà Kiev su «come strutturare i fondi per la ricostruzione del Paese». Il lavoro potrà essere svolto in maniera pro-bono, ma permetterà a BlackRock attrarre gli interessi di molti investitori. Uno di questi si è già palesato. Andrew Forrest, magnate minerario australiano, amministratore delegato di Fortescue Metals Group, ha annunciato un investimento di 500 milioni di dollari in un fondo gestito con BlackRock.
L’obiettivo è quello di raccogliere almeno 25 miliardi di dollari da fondi sovrani controllati da governi nazionali e investitori privati di tutto il mondo per investimenti in energia pulita nelle aree dilaniate dalla guerra. Forrest ha affermato che il capitale sarà disponibile «nell’istante in cui le forze russe saranno state rimosse dalle terre d’origine dell’Ucraina», non prima.
La finanza ci guadagna sempre due volte
Nel mirino di BlackRock e JP Morgan, però, non ci sarebbe solo la ricostruzione dell’Ucraina, ma anche il settore pubblico ucraino che appare destinato a essere privatizzato. Un esempio è rappresentato dall’agricoltura. L’autentico fiore all’occhiello dell’economia di Kiev nel mondo, finito (già prima della guerra) nelle mani dei colossi Monsanto, Cargill e DuPont.
Inoltre, se da una parte Blackrock e JP Morgan sono interessati alla ricostruzione, dall’altra sostengono generosamente l’industria delle armi. Infatti, nel portafoglio di Blackrock ci sono clienti quali Northrop Grummann, Lockheed Martin, Raytheon, Leonardo e Bae Systems, costruttori di armi, aerei (tra i quali i famosi F35), sistemi di difesa e missili. Anche JP Morgan ha quote in Northrop Grumann e Raytheon.
Insomma, i colossi della finanza ci guadagnano due volte: prima con la guerra, poi la ricostruzione dell’Ucraina. Passano i secoli ma i business rimangono identici.