Rifiuti, nel 2018 un incendio ogni 32 ore. Un’alleanza camorra-‘ndrangheta?
Il ciclo dei rifiuti funestato da centinaia di incendi. Il fenomeno, cresciuto al Nord, non rallenta. La Dda milanese indaga su una raccapricciante alleanza criminale
Incendi e rifiuti, un binomio gettonatissimo anche per tutto il 2018 e lungo i più diversi passaggi della filiera del trattamento dell’immondizia. Che si tratti di rifiuti solidi urbani, speciali o di plastiche (sempre più spesso rifiutate dal mercato del riciclo), non c’è differenza.
Il quadro è avvalorato dal freddo computo delle centinaia di episodi censiti fino al 2 dicembre scorso attraverso la stampa italiana, locale e nazionale, e inseriti nella mappa interattiva curata dall’ex parlamentare Claudia Mannino, già M5S e oggi nella Federazione dei Verdi.
Un registro accurato e aggiornato in tempo reale, che non vale come un’indagine ufficiale dei vigili del fuoco, ma dà il segno di un fenomeno tutt’altro che in remissione. Inattaccato dall’attenzione dell’opinione pubblica, della politica, della magistratura e delle forze dell’ordine sia progressivamente aumentata. Quanto meno a partire dai risultati della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, prima presieduta da Alessandro Bratti e conclusa da Chiara Braga. E poi dalla pubblicazione della legge sugli ecoreati, ormai entrata a regime.
Incendi di rifiuti e impianti: un’episodio ogni 32 ore
Del resto 116 episodi d’incendio in aree abusive, altri 77 in impianti di trattamento rifiuti, 32 nelle discariche e 25 che hanno riguardato compattatori, isole ecologiche, ccr (cioè centri comunali di raccolta) e piattaforme fanno un totale di 250 roghi in 11 mesi.
Il numero riguarda solo i tipi più diffusi. Senza includere quelli alle ecoballe in Campania, agli inceneritori, agli impianti di compostaggio e altri.
Numeri talmente elevati da risultare incompatibili con le ipotesi dell’autocombustione e del banale incidente isolato. Dietro di loro si cela ben di peggio: una vera e propria guerra (#guerradeirifiuti) che ha nel mirino la filiera autorizzata e la gestione sostenibile del ciclo. I cittadini sono spettatori, e gli amministratori pubblici e i corpi dello Stato stanno intervenendo. Ma come? I pareri sull’argomento sono vari.
Mannino: si riduca la quantità di rifiuti, rendendoli tracciabili
«Io – spiega a Valori ad esempio Claudia Mannino – ho considerato negativamente la scelta del ministro dell’Ambiente Costa di aver identificato come Siti di Interesse Nazionale (SIN), come siti strategici, gli impianti di trattamento dei rifiuti. Per due motivi. Il primo è che, identificandoli come siti strategici, si delega al ministero degli Interni la competenza di una questione che invece dovrebbe essere di stretta competenza del ministero dell’Ambiente o, al massimo, della Giustizia. In secondo luogo perché la mappatura ci fa capire che il problema degli incendi non riguarda solo gli impianti di trattamento rifiuti».
«Infatti si incendiano gli inceneritori, gli impianti di compostaggio che dovrebbero avere un’altissima percentuale di acqua, e poi ci sono gli incendi nei capannoni e nei terreni abbandonati…»
Ad essere sbagliato, secondo Mannino, è il metodo: «Interveniamo sul piano legislativo a valle, sul problema rifiuti, quando invece dovremmo attivare il famoso Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (il Sistri, praticamente ormai chiuso dal governo in carica). Oppure attivare politiche che facciano quello che chiede l’Europa, riducendo quindi la quantità dei rifiuti in assoluto. Perché così non stiamo modificando nulla dello scenario attuale».
I roghi sono parte della trattativa per decidere chi vince la #guerradeirifiuti .Difficilmente saranno Stato,ambiente ed economia circolare,se a tangenti ed ecomafie non si contrappone vera politica per la sostenibilità e contrasto investigativo serio https://t.co/DlBTDAPL86
— Walter Ganapini (@wganapini) November 18, 2018
Dolci: indaghiamo su una “santa alleanza” criminale
Ricette e direttive a parte, certi numeri relativi ai roghi fanno sorgere anche un dubbio. Che dai singoli episodi si sia passati a un livello di sistema criminale. Un dubbio inquietante e diffuso. Oggi sostenuto dall’ipotesi investigativa avanzata pubblicamente alcuni giorni fa da Alessandra Dolci, già protagonista di una delle principali inchieste contro la ‘ndrangheta calabrese al Nord (Crimine infinito) e oggi coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano.
Secondo la procuratrice Dolci, camorra e ‘ndrangheta potrebbero essersi alleate per sfruttare il traffico illecito di rifiuti, che talvolta produce i roghi che infiammano sempre più il Nord del Paese.
«Il dato oggettivo – spiega Dolci – è che il Nord Italia è stato interessato negli ultimi due anni da un numero di episodi del genere in crescita esponenziale. Sia di roghi sia di sequestro di siti – in genere capannoni dismessi – in cui sono stoccati Illecitamente dei rifiuti. Il che significa che c’è un percorso che va dal Sud al Nord. In passato generalmente il percorso era quello opposto, quindi si è invertita la tendenza. Sta a noi scoprire se c’è un’unica regia oppure se sono episodi tra loro scollegati relativi a singoli traffici di rifiuti che coinvolgono soggetti non in relazione tra loro».
“Roghi, rifiuti e cosche: attacco al Nord”Dolci: camorra mediatore nei territori delle imprese di ‘ndrangheta al Nord
Valori già a novembre 2017 invocava già un approfondimento della pista della criminalità organizzata a partire dalle cifre record di incendi nelle discariche. E lo faceva in un’inchiesta dove, tra gli altri, erano intervenuti Alessandro Bratti, allora presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, e l’allora comandante del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Milano dei Carabinieri, il maggiore Piero Vincenti.
Nel frattempo ci sono stati risultati investigativi importanti, come l’inchiesta sule Trailer Spa di Brescia, o i numerosi arresti e sequestri scaturiti da un’operazione partita a Voghera (Pv). Sviluppi ben delineati anche in documentario realizzato dagli allievi del MasterX dell’università IULM, senz’altro interessante per chiarire alcuni lati oscuri.
Ma le recenti dichiarazioni del magistrato della Dda, dopo un 2017 e 2018 “caldissimi”, sembrano prefigurare un salto di qualità ulteriore delle indagini in un prossimo futuro.
Tanto che Dolci, pur cauta, traccia persino il quadro nel quale le due organizzazioni criminali troverebbero il comune interesse a collaborare: «Io immagino che la camorra potrebbe operare come soggetto mediatore nel traffico tra società che hanno interesse a smaltire e altre società che hanno base in Lombardia, vicine alle famiglie calabresi. La camorra avrebbe quindi un ruolo di mediazione nel trasferimento dei rifiuti dalla Campania al Nord. Per ora si tratta di ipotesi, il nostro lavoro è in progress, e naturalmente ci vuole abilità e fortuna…».