Le banche spagnole Santander, BBVA e Caixa: impegni green e realtà fossile
Nonostante le promesse di adottare politiche climatiche avanzate, le tre principali banche spagnole continuano a finanziare le fossili
Soltanto nel 2023, le tre più grandi banche spagnole (Santander, BBVA e Caixabank) hanno stanziato 26 miliardi di dollari a favore di aziende che fanno affari con i combustibili fossili. Dal 2016, con l’Accordo di Parigi già raggiunto, gli stessi colossi della finanza hanno concesso quasi 168 miliardi a chi sfrutta a vario titolo petrolio, carbone e gas. Nonostante la loro adesione alla Net-Zero Banking Alliance (NZBA) delle Nazioni Unite, rimane dunque un divario enorme tra gli impegni sulla sostenibilità e i dati reali sui finanziamenti ai combustibili fossili. E tale grande incoerenza tra promesse e investimenti effettivi mette a rischio il futuro del nostro Pianeta.
Solo BBVA diminuisce leggermente i fondi, rispetto al 2022
Il rapporto Banking on Climate Chaos 2024 include ancora una volta le tre banche spagnole nell’elenco dei finanziatori del settore delle fossili. È anche colpa loro se il calo annuale dei finanziamenti europei per tali fonti di energia è lieve, rispetto a quello più consistente dei finanziamenti per i combustibili fossili da parte delle banche in Nord America, Asia e Oceania.
Delle tre banche spagnole, solo BBVA diminuisce leggermente i suoi finanziamenti a questo tipo di aziende (7,2 miliardi di dollari nel 2023), se si confronta il suo contributo con quello del 2022 (7,5 miliardi di dollari).
Caixa e Santander aumentano invece i fondi concessi, con un incremento notevole, su base annua, soprattutto da parte della seconda. Che nel 2022 aveva stanziato 8,2 miliardi di dollari, cifra salita a 14,5 miliardi l’anno successivo. Un aumento che, anche in questo caso, contrasta con gli impegni ambientali declamati.
D’altra parte, nel 2023 le principali banche mondiali hanno adottato cambiamenti molto lenti nell’adozione di nuove strategie sostenibili dal punto di vista climatico. E spesso è stata preferita la strada della decarbonizzazione a quella dell’esclusione tout court. Alcune banche, ad esempio, hanno adottato politiche che limitano i finanziamenti alle aziende del settore. Ma di solito si tratta di paletti applicati ai soli nuovi clienti e non a quelli esistenti. È il caso di BBVA.
Troppe deroghe e troppi dati difficili da monitorare
Secondo Banking on Climate Chaos, queste politiche sono estremamente difficili da monitorare, in quanto per dimostrare se un cliente sia o meno nuovo occorrerebbe disporre di numerosi dati finanziari degli ultimi decenni. Per questo le esclusioni, per essere efficaci, dovrebbero riguardare tutte le aziende.
Un’altra politica utilizzata dalle banche per limitare i finanziamenti punta ad applicare deroghe se le aziende presentano “piani di transizione credibili”. Un termine che lascia spazio ad ampie interpretazioni. È la strada scelta da Caixabank. Eppure, difficilmente si dovrebbero considerare dotate di piani credibili di transizione, ad esempio, le aziende che non dettagliano in che modo intendono rinunciare, a termine, a ciascun asset.
All’inizio del 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina, con la scusa della sicurezza energetica, si è puntato sul gas metano liquefatto, a volte indicato come gas “naturale” liquefatto (GNL). Aumentando le importazioni invece di puntare decisamente sulla riduzione dei consumi, sull’efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili. Il GNL viene prodotto tra l’altro per lo più con tecniche ad alto impatto ambientale. Come la fratturazione idraulica o fracking.
Ciononostante, le principali banche stanno sostenendo attivamente questo settore. È il caso del Banco Santander, che è terzo nella lista dei finanziatori del metano, con oltre 18,5 miliardi di dollari destinati al settore negli ultimi otto anni. Per quanto riguarda questi nuovi giacimenti e la loro presunta sicurezza, il rapporto osserva che «ogni nuova infrastruttura di combustibili fossili mette a rischio il mondo, mette in pericolo l’ambiente e minaccia le comunità locali».
Salvare il Pianeta in fiamme con i combustibili fossili? Davvero?
«Non possiamo salvare un Pianeta in fiamme con un idrante alimentato con combustibili fossili», ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel dicembre 2023. Questa nuova ricerca mostra come gli impatti climatici si stiano intensificando. Potrebbero quadruplicare le morti per caldo estremo. Potrebbero portare in condizioni di insicurezza alimentare oltre 500 milioni di persone. Se non si interverrà subito, si stima che i cambiamenti climatici possano uccidere 250mila persone all’anno, soprattutto in aree prive di infrastrutture adatte.
I combustibili fossili, insomma, sono un vicolo cieco per la Terra e per l’umanità che la abita. Ciò nonostante, i colossi delle fossili possono contare sulle banche per perpetuare i loro business. Ed espanderli con nuovi capitali e investimenti. «Sebbene vi siano segnali che indicano che gli istituti finanziari stanno iniziando a prestare attenzione agli allarmi sui rischi climatici, finanziari e per i diritti umani derivanti dai combustibili fossili – conclude il rapporto – resta ancora molto da fare se si vuole che esse svolgano un ruolo efficace nel mitigare il caos climatico. Le banche non possono permettersi i rischi – finanziari e reputazionali – derivanti dal sostegno a carbone, petrolio e gas».