Shell, l’idrogeno, il carbon capture e il greenwashing

Shell aveva aperto nel 2015 una struttura per assorbire la CO2 emessa producendo idrogeno. A 7 anni di distanza, ecco i risultati

Shell aveva aperto nel 2015 una struttura per assorbire la CO2 emessa producendo idrogeno. Non pochi osservatori bollarono l’iniziativa come puramente “pubblicitaria” © Alf Van Beem/Wikimedia Commons

Nel 2015 il colosso anglo-olandese Shell aveva inaugurato in pompa magna una struttura di carbon capture. Ovvero in grado di assorbire la CO2, evitando che si potesse disperdere nell’atmosfera. All’epoca, il progetto era stato ampiamente pubblicizzato, anche con un video che ne spingava nel dettaglio il funzionamento. Avrebbe dovuto rappresentare, infatti, il fiore all’occhiello della presunta svolta ecologista della compagnia petrolifera (è periodo di presunte svolte…).

L’ombra delle sabbie bituminose sul progetto di carbon capture di Shell

Già all’epoca le critiche piovute addosso a Shell furono parecchie. Non pochi osservatori bollarono l’iniziativa come puramente “pubblicitaria”, tenuto conto delle enormi attività che l’azienda ha ancora in piedi nel settore delle fonti fossili. Ma a valutare, numeri alla mano, l’impatto reale dell’impianto è stato un rapporto pubblicato il 20 gennaio di quest’anno dall’organizzazione non governativa Global Witness.

Ebbene, secondo il documento, i risultati sono estremamente deludenti rispetto a ciò che era stato ipotizzato. L’obiettivo, infatti, era di assorbire le emissioni di biossido di carbonio provenienti da una seconda fabbrica che produce idrogeno. Sorvolando anche sul fatto che quest’ultima è legata allo sfruttamento del petrolio estratto dalle sabbie bituminose della provincia canadese dell’Alberta. Una fonte fossile tra le più dannose in assoluto per il clima.

Per Global Witness il saldo tra CO2 assorbita e emessa è negativo

Secondo Global Witness, tra il 2015 e il 2019, la struttura è riuscita ad assorbire 4,8 milioni di tonnellate di CO2. Un risultato apparentemente positivo, ma che necessita di essere contestualizzato. Infatti, la stessa struttura ha emesso circa 12,5 milioni di tonnellate di gas ad effetto serra nello stesso periodo. Il che significa che il saldo complessivo è negativo per un totale di 7,7 milioni di tonnellate. Il che rappresenta l’equivalente delle emissioni di 1,2 milioni di veicoli alimentati da motori termici.

Le tecnologie di carbon capture, dunque, non sono ancora in grado di rappresentare una soluzione per la crisi climatica. Chi punta su di esse per rendere “appetibili” progetti legati alle fossili non fa altro che greenwashing.


Questo articolo è stato pubblicato in 1o anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.