Smerilli: il Papa si affida ai giovani, per dare un’anima all’economia

Economy of Francesco, il messaggio del Papa, le linee guida della Cei per investimenti responsabili. Suor Alessandra Smerilli spiega l'impegno della Chiesa per un'economia sostenibile

Papa Francesco punta sui giovani per una nuova economia © Paperkites/iStockPhoto

Anno nuovo, vita nuova. E magari una nuova economia. Ce n’è estremo bisogno. Lo ha reso ancora più evidente la pandemia che ha sconvolto il mondo da quasi un anno. Ma è una necessità nota a molti (se non a tutti) da diverso tempo. Papa Francesco da sempre parla di un modello economico insostenibile (quello attuale) e della necessità di riformarlo. «Occorre ri-animare l’economia», scriveva il Pontefice nel maggio 2019 nella lettera,in cui chiamava a raccolta i giovani di tutto il mondo per “The Economy of Francesco”. L’evento internazionale  avrebbe dovuti tenersi ad Assisi nel marzo 2020, ma a causa della pandemia è stato trasformato in un grande momento on line (dal 19 al 21 novembre 2020) che ha coinvolto oltre 120 Paesi e che continua anche oggi. Un evento, diventato processo di cambiamento, nato proprio con l’idea di costruire un nuovo modello economico.

Abbiamo voluto parlarne, di Economy of Francesco e in generale dell’impegno del Papa per una nuova economia, con un’economista che di questioni di Chiesa ne sa un bel po’. È suor Alessandra Smerilli, docente di Economia Politica presso l’Auxilium e membro del Comitato scientifico di “The Economy of Francesco”.

Suor Alessandra Smerilli
Suor Alessandra Smerilli, docente di Economia Politica presso l’Auxilium e membro del Comitato scientifico di “The Economy of Francesco” (foto dal sito www.alessandrasmerilli.org)

Economy of Francesco: da evento a processo continuo, inizialmente avrebbe dovuto essere un evento dal vivo, ad Assisi, e avrebbe dovuto durare 3 giorni. Invece si è trasformato in un momento on line, anzi in un processo che continua ancora oggi…

«È proprio così – spiega suor Alessandra Smerilli – è interessante studiare il processo che si è creato. E che ha permesso di costruire una rete, che si mantiene stabile ancora oggi. Papa Francesco nel maggio 2019 ha mandato una lettera di invito che lanciava cose grandi. Parlava di cambiare l’economia, di dare un’anima all’economia. Questo ha dato una motivazione forte a chi ha inviato la domanda per partecipare. E sono stati in molti, giovani, da tutto il mondo. 

Quando poi abbiamo scoperto che non si poteva organizzare l’evento dal vivo, abbiamo dovuto inventare un’altra modalità di partecipazione. Ma è stato un particolare che ha permesso di cementificare i gruppi di lavoro. È diventato un processo. Un lavoro di 3 giorni si è trasformato in un processo di mesi. 

Ognuno dei 12 villaggi virtuali ha presentato diverse proposte sia accademiche che d’impresa: nuovi indicatori, processi, idee imprenditoriali. Stiamo continuando a pubblicarli. Per ogni proposta i partecipanti hanno scritto e stanno scrivendo lo stato di avanzamento e di cosa hanno bisogno. E noi organizzatori stiamo cercando di capire come dare loro risposta. 

La prima cosa che i ragazzi hanno chiesto è di continuare il lavoro anche dopo i tre giorni dell’evento. E  così sarà, la vita nei villaggi virtuali sta continuando e continuerà. Si è creata una rete mondiale di giovani entusiasti che hanno bisogno di stare insieme per sentire che stanno facendo qualcosa sul serio».

Quali sono le proposte più interessanti emerse?

«Sul fronte dei contenuti, ogni villaggio aveva i suoi temi, ma c’erano dei contenuti trasversali.  Per esempio quello della cura, che faceva parte del villaggio del lavoro, ma anche di quello della finanza. 

Il motto era “se la finanza smette di investire sulla persona si avrà un danno per le persone, ma anche per le imprese”. La persona al centro, quindi. Si è capito che non si può proporre una finanza nuova che abbia al centro le persone, se non ci si occupa anche di investimenti che vadano a migliorare i sistemi sanitari e garantiscano che le cure possano arrivare a tutti. E che il vaccino non diventi un modo per dividere, ma per unire. 

Per quanto riguarda la transizione energetica verso la sostenibilità si è compreso che è un processo che deve includere anche il prendersi cura gli uni degli altri e, insieme, prendersi cura del Pianeta. Il vero tema trasversale qui è la cura di noi stessi, delle relazioni di tutti e del Pianeta».

Tra le questioni principali emerse c’è anche quella delle parità di genere?

«Sì, si è parlato molto della questione di genere, protagonista di un villaggio, ma affrontata anche in modo trasversale da molti altri. I giovani hanno espresso il bisogno di una maggiore partecipazione delle donne all’economia e alla finanza perché queste diventino più inclusive. I giovani hanno superato certe logiche, per loro è naturale che non ci siano, per esempio, differenze di opportunità tra uomini e donne e si condivida la cura familiare. D’altra parte si rendono conto che i problemi esistono a questo livello e quindi si vogliono impegnare anche in questa direzione. 

Centrali anche temi come l’ecologia, le diseguaglianze, la finanza sostenibile, l’energia, la povertà. Fondamentale il tema della giustizia in ambito economico. Nel final statement si chiede che vengano aboliti i paradisi fiscali e che ogni grande impresa e banca abbiano un comitato etico indipendente, che abbia diritto di veto sulle decisioni dell’azienda. Scrivono: «Noi giovani non tolleriamo più che si sottraggano risorse alla sanità, al nostro presente e al nostro futuro per costruire armi. Vorremmo raccontare ai nostri figli che il tempo della guerra è finito per sempre».

Lo stesso pontefice ha chiesto ai giovani che partecipavano a Economy of Francesco di non restare ai margini. «Se non state dove si prendono le decisioni la storia vi passerà sopra». È stato il messaggio del Pontefice. Da questo evento potrebbe quindi nascere una sorta di “anti Davos”

«Molto hanno paragonato Economy of Francesco a una nuova Davos. Devo dire che non ci piace molto questo parallelo. Noi vorremmo che fosse un lievito per un cambiamento, non un “anti” qualcosa. Non vogliamo costruire un’economia diversa, vorremmo riformare tutta l’economia secondo i principi di Economy of Francesco. Vorremmo trasmettere il messaggio che occuparsi di economia è bello, volendo creare, non distruggere». 

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Riguardo il tema della finanza sostenibile un anno fa la Cei (Conferenza episcopale italiana) ha pubblicato il documento “La Chiesa Cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance”. Uno strumento di indirizzo per investire responsabilmente le risorse finanziarie della Chiesa e degli enti ecclesiastici presenti nel Paese. 

«Aver pubblicato le linee guida per gli investimenti responsabili è stato un passo molto importante da parte della Cei – spiega suor Alessandra Smerilli – Ci sono forti pressioni da parte delle istituzioni nei confronti del Vaticano perché si esprima su alcune questioni in primo piano. Lo vedo anche lavorando alla commissione covid del Vaticano. Il fatto che siano state pubblicate delle linee guida che vanno nella giusta direzione è un passo importante. Bisognerà poi vedere quello che ciascuna diocesi farà. Dipenderà dalle scelte dei singoli e, soprattutto, dalla loro educazione finanziaria. La Cei non può imporre una scelta di investimento. 

A livello di istituti religiosi molto è stato fatto. Sono fiduciosa che man mano l’educazione finanziaria diventerà prassi a tutti i livelli. Ma c’è ancora molto da fare. 

L’unica cosa che mi lascia perplessa delle linee guida per gli investimenti responsabili è il capitolo 4, che affronta il tema delle armi. Dove si “concede” che si possa investire in armi strettamente indispensabili per la difesa, non per l’offesa. Credo che ci sia bisogno di un po’ più di profezia da parte della Chiesa. Istituti religiosi e diocesi non dovrebbero investire affatto in armi. 

Negli Usa c’è molta più energia in questo ambito da parte degli istituti religiosi. In Italia meno, il mondo religioso è più timido.

Faccio parte del Comitato etico di Etica Sgr. Dove si discute di dialogo con le imprese ma anche di azionariato attivo. Dovrebbe accadere lo stesso all’interno degli istituti religiosi. Ma perché si arrivi ad azioni di questo genere serve un cambiamento culturale profondo».

Certo, ma se non altro la Chiesa può dare il buon esempio. Anche perché parliamo di capitali ingenti da investire che possono orientare i mercati e influenzare i singoli

«È vero e infatti la Chiesa lo sta già facendo, molto più di quanto venga pubblicizzato. Lo stesso Ior, spesso oggetto di molte critiche per la gestione dei propri capitali, si sta rinnovando. E segue criteri di investimento all’avanguardia, che considerano i temi dell’etica e della sostenibilità. Anche se non si fanno pubblicità».