Profitti «insolenti» per i trader di materie prime
Il mercato delle materie prime si nutre di incertezza, ma in economia l’insicurezza favorisce solo la speculazione
Ecco i «profitti sempre insolenti» di chi opera sui mercati delle materie prime. Non lascia spazio alle interpretazioni il titolo di un recente articolo di Les Echos che fa il punto sul trading – leggi speculazione – sui mercati delle materie prime. Come riportato nell’inizio dell’articolo, è un mercato che sembra muoversi secondo il principio «se esce testa vinco io, se esce croce perdi tu».
Poche imprese che operano sui mercati finanziari e specializzate nell’acquisto e vendita di determinate materie prime (dall’energia ai minerali al cibo) sembrano registrare profitti sia quando i prezzi salgono, sia quando scendono. Una di queste società, specializzata nel trading dell’energia, avrebbe realizzato 15 miliardi di dollari di profitti nel 2022, quando i prezzi erano in rapida ascesa. Per dichiararne 13 miliardi di dollari l’anno successivo, quando tale aumento dei prezzi si è interrotto.
Un mercato che sembra confermare in pieno come la speculazione si nutra dell’incertezza. Speculare significa comprare qualcosa oggi per rivenderlo – il prima possibile – a un prezzo più alto. O più basso se ho scommesso sul crollo dei prezzi. Più le oscillazioni sono ampie e più sono veloci, quindi, più posso guadagnare. Crisi e instabilità sono la base per estrarre profitti dalla speculazione.
Il mercato delle materie prime si nutre di incertezza e l’incertezza attira la speculazione
Il mercato delle matterie prime, che si parli di energia, di cibo o di minerali, è naturalmente caratterizzato da incertezza per diverse motivazioni geopolitiche, economiche, ambientali. Per questo si tratta di un terreno di caccia ideale per la speculazione. L’incertezza attira gli speculatori, gli stessi capitali speculativi alimentano l’instabilità dei prezzi ed esasperano le oscillazioni, il che attrae nuovi scommettitori, e la spirale si auto-alimenta.
Questo è vero in particolare per il mercato dell’energia. Come spiega a Les Echos l’amministratore delegato di una di queste imprese di trading, la guerra in Ucraina ha cambiato profondamente i flussi fisici di idrocarburi nel mondo a causa delle sanzioni contro il petrolio e il gas russi. E questo ha delle conseguenze dirette: «La portata di questo riallineamento non dovrebbe essere sottovalutata». Il petrolio e il gas russi devono «trovare nuove vie di accesso» e nuovi consumatori, il che crea opportunità per le società commerciali.
Pochissimi guadagnano a scapito del Pianeta e di tutti noi
Un discorso simile potrebbe ripetersi pensando all’incertezza delle tratte marittime nel Mar Rosso e alla conseguente ricerca di nuove rotte commerciali per il petrolio e i prodotti derivati. Anche in questo caso, maggiore instabilità si traduce in nuove opportunità di profitto per chi punta a massimizzare la differenza tra prezzo di acquisto e vendita nel minore tempo possibile.
Milioni di persone subiscono direttamente gli impatti delle guerre che insanguinano il Pianeta. Ma non bisogna dimenticarsi che altri impatti colpiscono anche chi non si trova direttamente coinvolto. Dai contadini ai consumatori, tutti si trovano a subire le conseguenze di aumenti o crolli dei prezzi delle materie prime, dal cibo all’energia.
O meglio, quasi tutti. Perché come sempre c’è chi ci guadagna. La guerra genera incertezza, l’incertezza alimenta la speculazione, la speculazione arricchisce qualcuno. Finanza speculativa, guerre e instabilità si alimentano a vicenda. Sulla pelle di tutti noi.