Hi-tech, armi e cacao: il “club” dei fondi che fanno soldi governando il mondo

Sembra impossibile che in Paesi democratici possa manifestarsi un simile modello economico. Eppure è proprio così

Un pugno di fondi governa sempre più il mondo © Kyle Glenn/Unsplash

Tra qualche giorno a Omaha, in Nebraska, Warren Buffett riunirà gli azionisti della holding Berkshire Hathaway, che quest’anno ha realizzato profitti per quasi 93 miliardi di dollari. Si tratta di un risultato importante, che dipende dai rendimenti stellari delle banche statunitensi. E anche di Apple, di cui Berkshire è azionista rilevante.

Naturalmente questi rendimenti sono dipesi, in larga misura, dalla marea di liquidità indirizzata verso tali società proprio da Berkshire e dai suoi azionisti. A cominciare dai fondi Vanguard e da State Street. Non trascurerei poi, che Berkshire è grande azionista dell’agenzia di rating Moody’s da cui dipendono le “pagelle” dei vari titoli finanziari, oltre che dei debiti pubblici degli Stati.

In sintesi, siamo di fronte ad un club molto ristretto che genera la propria ricchezza come se fossero fiches. Per le quali non è neppure necessaria la conversione, perché sono già in dollari.

I fondi guadagnano dai licenziamenti

A questo club appartiene il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, che quest’anno ha guadagnato quasi 24 milioni di euro, così divisi: 2 milioni di “salario base” e il resto in “incentivi”, legati soprattutto all’aumento del valore azionario. In pratica una ventina di milioni dipendono dalla spinta finanziaria del titolo. E sono stati approvati dai grandi azionisti, che hanno beneficiato dei dividendi e hanno sostenuto, con la loro liquidità, il titolo stesso.

Naturalmente sulla parte variabile della retribuzione di Tavares hanno influito le migliaia di licenziamenti e la chiusura di intere filiere produttive. Sembra impossibile ma è così. Licenziare e produrre meno aiuta a far salire il valore azionario. I fondi lo sanno bene, e Tavares è i loro eroe.

Crescere senza produrre nulla

Un altro caso eclatante di questo club, in cui la liquidità dei fondi genera risultati finanziari favolosi che premiano la stessa liquidità, è quello di Nvidia. La società high tech ha raggiunto e superato una capitalizzazione di 1.800 miliardi di dollari. Ma a maggio del 2023 tale capitalizzazione era di poco superiore agli 800 miliardi. Si tratta dunque di un colosso finanziario frutto di una rapidissima crescita di valore, che presenta però alcune caratteristiche.

La prima è costituita dal fatto che, a fronte di un giro d’affari di poco meno di 61 miliardi di dollari, non dispone di proprie fabbriche né di siti produttivi. Operando solo sul versante della progettazione e dei servizi. Non è un caso così che Nvidia abbia meno di 15 mila dipendenti, in gran parte contrattualizzati a tempo. Il cosiddetto modello “fabless”.

La seconda è la straordinaria liquidità garantitale dai suoi azionisti principali, che sono per circa il 20% i “Big Three”. I tre più grandi fondi globali. Questa composizione azionaria serve a capire bene il perché di un valore di Borsa così stratosferico senza la necessità di utilizzare il lavoro. O meglio, utilizzando quello di Taiwan e altrove in giro per il mondo, decisamente sottopagato e a rischio geopolitico.

I fondi e il mercato delle armi

Ma il nostro club ha anche occasioni di incontro “ufficiali”. La Conferenza di Monaco è il forum che ogni anno si svolge sul tema della sicurezza. E anche quest’anno ha visto una affollatissima presenza di membri dei governi europei, dell’amministrazione statunitense, del segretario generale delle Nazioni Unite, della presidente della Commissione europea e del segretario della Nato.

Da tale consesso è uscita forte la dichiarazione di un pericolo bellico imminente, che “obbliga” ad aumentare le spese per gli armamenti. Più o meno contemporaneamente, il commissario europeo Gentiloni ha auspicato la creazione di un debito pubblico europeo per finanziare un simile riarmo. In sintesi, la parola d’ordine sembra proprio l’aumento le spese militari.

Sono bastate queste prese di posizione per far salire gran parte dei titoli delle imprese che producono armamenti: in particolare Lockheed Martin, Raytheon e Boeing. Ma di chi sono queste tre società? Semplice, dei tre più grandi fondi mondiali: Vanguard, Black Rock e State Street. Con l’aggiunta nel caso di Boeing della Bill and Melinda Gates Foundation. Si alimenta la retorica bellicista, si propone persino il debito comune europeo e i “signori del mondo” ne traggono un immediato beneficio.

La speculazione ha preso di mira il cioccolato

Del club fanno parte poi anche i grandi speculatori che, spesso, sono gli stessi fornitori globali di liquidità. Una tonnellata di cacao costa ormai oltre 5.800 dollari, in pratica il prezzo è raddoppiato in poche settimane. Da cosa dipende questo aumento? Semplice: da una nuova, colossale speculazione finanziaria posta in essere da alcuni fondi che hanno scommesso al rialzo, dopo che i raccolti in Ghana e Costa d’Avorio sono stati meno copiosi del previsto.

In pratica, i fondi hanno tradotto in un gigantesco aumento dei prezzi, di chiara natura speculativa, una parziale riduzione dell’offerta di cacao. Naturalmente questa speculazione è partita dopo che erano stati già pagati i coltivatori ghanesi e ivoriani, che hanno ricevuto circa 1.700 dollari a tonnellata. Dunque, i profitti stanno finendo interamente nelle mani di pochi grandi speculatori.

Fondi che approfittano della possibilità di operare acquisti “fittizi”, tramite gli strumenti derivati, di un bene che non compreranno mai. E della prerogativa di prendere parte alle Borse merci mondiali, dove dovrebbero essere presenti solo i produttori reali. Ma che in nome della liquidità finanziaria ospitano anche i nuovi “signori del mondo”.

Questo fenomeno è facilmente tracciabile

Le prime 500 società quotate a Wall Street stanno registrando utili record e distribuiscono dividendi formidabili ai propri azionisti. A cominciare proprio dai grandi fondi finanziari. Nel frattempo, l’economia giapponese e quella britannica sono in piena recessione. La Germania arranca e il resto dell’Europa stenta ad arrivare ad una crescita dell’1%.

In quasi tutto il Pianeta anche nel 2023 i salari sono diminuiti e la produzione continua a spostarsi, nonostante i numerosi proclami di ritorno nel Vecchio Continente, verso la Cina e il resto del Sud globale. La sola economia occidentale che sembra trarre beneficio dalla finanziarizzazione è quella degli Stati Uniti, dove però si stanno accentuando le disuguaglianze. Tanto che oltre il 50% dei dividendi registrati a Wall Street finisce nelle mani dell’1% degli azionisti.

Sembra impossibile che in Paesi democratici possa manifestarsi un simile modello economico e sociale. Mi sentirei di affermare che siamo di fronte a democrazie autolesioniste.