Spendi 1 euro, ne ottieni (almeno) 3: recuperare cibo è un ottimo investimento

Il Politecnico di Milano calcola: per ogni euro speso nella filiera antispreco, se ne ottengono tra 3 e 10 sotto forma di alimenti per gli indigenti

Corrado Fontana ed Emanuele Isonio
Corrado Fontana ed Emanuele Isonio
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A dimostrare che c’è molto che non va lungo la filiera alimentare globale dovrebbero bastare alcune cifre: il miliardo e 300mila tonnellate di cibo sprecate ogni anno nel mondo, i circa 795 milioni di persone in situazione di povertà alimentare e, guardando in casa nostra, i 12,6 miliardi di euro buttati via ogni anno (tanto valgono 5,1 milioni di tonnellate di cibo buono non recuperato).

spreco di cibo: le dimensioni del fenomeno
Spreco di cibo: le dimensioni del fenomeno. FONTE: FAO

A metà secolo, domanda alimentare su del 76%

Dati già allarmanti che fanno letteralmente rabbrividire se si aggiungono le stime che pronosticano una popolazione globale nel 2050: 9,7 miliardi di individui che – secondo la Fao – faranno crescere del 76% la domanda di prodotti animali e del 45% quella dei cereali.

Lo spreco di cibo nel mondo
Lo spreco di cibo nel mondo

Il 43% degli sprechi è colpa dei consumatori

Uno studio del Politecnico di Milano (Surplus Food Management against Food Waste) mostra tutte le lacune e le imperfezioni del nostro sistema del cibo. Una filiera perfettibile (per usare un gentile eufemismo) ad ogni livello. A cominciare dall’azione dei cosiddetti “attori economici“, cioè le imprese nei diversi campi della produzione, trasformazione, distribuzione e ristorazione, responsabili per un 57% delle eccedenze alimentari. Una colpa che si traduce in parte di quell’enorme perdita economica generale, a cui contribuiscono, per il restante 43% di eccedenze, i consumatori. Senza contare gli impatti ambientali in termini di rifiuti prodotti inutilmente.

Entità dello spreco alimentare in Italia
Entità dello spreco alimentare nella filiera agroalimentare in Italia. FONTE: Politecnico di Milano

Ma, per fortuna, il panorama dei programmi di condivisione (food sharing) e recupero del cibo si va arricchendo. Innanzitutto a livello internazionale: la piattaforma foodsharing.de, nata in Germania nel 2012, ha salvato ad esempio dalla spazzatura 10mila tonnellate di eccedenze alimentari, collaborando con più di 3600 aziende.

L’esperienza di Bring the food in Veneto e Alto Adige

Qualcosa di analogo si trova anche in Italia. Bring the food è un’applicazione web che negli ultimi tre anni ha permesso il recupero e la redistribuzione a quasi 20mila persone di circa 1160 tonnellate di eccedenze di produzione e di cibo buono, non consumato e donato da mense e ristorazione varia. Eccedenze e donazioni la cui gestione è differente, perché le prime consistono soprattutto in grandi partite di prodotti freschi (arance, zucchine, verdure), che possono però essere piazzate con tempi relativamente lunghi; le donazioni sono invece piccole quantità di cibo, spesso già preparato, raccolte da molti soggetti, anche da privati, e da smaltire in fretta.

Primi partner del progetto sono le Acli del Veneto e la Fondazione Banco Alimentare del Trentino Alto Adige.I riceventi sono tipicamente enti caritatevoli, e a monte ci sono dei donatori, anche importanti. La piattaforma funge da coordinatore delle utenze e invia una segnalazione ogni volta ci sia una nuova disponibilità di cibo. Gli enti riceventi prenotano i lotti e, appena raggiunto un numero sufficiente di prenotazioni, viene fatta arrivare la merce, col vantaggio che l’applicazione offre immediatamente una lista di scarico, documenti fiscali e di trasporto, la reportistica mensile per gli scarichi Iva. A riprova dell’efficacia di Bring the food, le Acli, da quando la usano, sono riuscite ad abbattere da tre giorni a poche ore il tempo utile per piazzare certi lotti

Cresce il recupero delle eccedenze in Italia

Un segno che anche in Italia,sensibilità sempre più diffusa, unite a leggi intelligenti (la legge Gadda approvata nel settembre 2016 è stata un punto di svolta) e ad idee innovative stanno contrastando gli sprechi: i dati del Politecnico di Milano indicano che l’intensità con cui le eccedenze sono recuperate e redistribuite sta crescendo (dal 7,5% di 4 anni fa al 9%). «L’efficacia del recupero – si legge nel rapporto – risulta maggiore dove si mettono in atto processi di gestione strutturati. Le aziende di trasformazioni migliori recuperano fino all’80% delle eccedenze. Nella grande distribuzione, i negozi ‘primi della classe’ raggiungono il 30%».

Processo costoso ma vantaggioso

E recuperare, nonostante sia un processo costoso (da 0,2 a 2 euro al chilo, a seconda dello stadio della filiera), è economicamente vantaggioso: considerando il valore del cibo recuperato (in media 6,5 euro al chilo per i pasti recuperati nella ristorazione e 2,5 euro/kg per i prodotti alimentari conferiti dalle aziende di trasformazione), il costo delle attività di recupero e donazione corrisponde al 10-30%. Investendo un euro, si ottengono tra i 3 e i 10 euro di cibo per gli indigenti. Un effetto moltiplicatore di tutto rispetto.

I costi e i benefici degli interventi antispreco
I costi e i benefici degli interventi antispreco in Italia. FONTE: Politecnico di Milano, Surplus Food Management against Food Waste.