Cibo introvabile e poca valuta estera: la crisi dello Sri Lanka
A corto di valute straniere per importare i beni fondamentali, il governo ha posto sotto controllo la distribuzione del cibo
Lo Sri Lanka ha proclamato uno stato di crisi per l’insorgere di un’emergenza alimentare. L’annuncio del governo è arrivato il 31 agosto, mentre fuori dai supermercati si formavano lunghe code. Il Paese, dipendente dalle importazioni di prodotti alimentari, sta infatti esaurendo le proprie riserve valutarie. Mancano dunque i dollari per comprare cibo all’estero. Per questo il presidente Gotabaya Rajapaksa ha posto sotto controllo la distribuzione degli alimenti, per evitare che i prezzi di beni fondamentali come patate e cipolle aumentino in misura spropositata o che qualcuno ne faccia incetta a fini speculativi.
Il governo dello Sri Lanka nega la mancanza di cibo
La gente in fila per strada cerca zucchero e riso, ma il governo nega che sull’isola manchi cibo. Rajapaksa e i suoi ministri sostengono di avere ingaggiato una guerra contro i cosiddetti hoarders, commercianti “velenosi” tacciati di accumulare riserve alimentari mentre i prezzi salgono. A capo delle operazioni di espropriazione e ridistribuzione è stato posto un ex generale dell’esercito, ma l’opposizione protesta.
Il governo, già criticato per essere una vera e propria family firm, con ben quattro fratelli Rajapaksa ad altrettanti dicasteri, è ora attaccato per l’adozione delle misure emergenziali. Gli oppositori del presidente gridano all’incompetenza e denunciano uno scivolamento verso l’autocrazia da parte della fazione nazionalista singalese, al potere da quando, nel 2009, ha vinto una guerra civile decennale contro le Tigri Tamil separatiste.
Depositi di valuta estera in discesa e prezzi in salita
Che il cibo ci sia o meno, ciò che è chiaro è che le riserve valutarie dello Sri Lanka sono quasi a secco. Dei 7,5 miliardi di dollari a disposizione del Paese nel novembre del 2019, a fine luglio di quest’anno ne rimanevano soltanto 2,8. Nel frattempo, come riferito da Le Monde, la rupia ha perso più del 20% del proprio valore rispetto al dollaro. Con il valore del denaro in picchiata, importare costa di più, i beni sul mercato diminuiscono e i prezzi vanno alle stelle.
Se a questa torta salata aggiungiamo la ciliegina del Covid, la crisi è servita. Il settore del turismo, che normalmente rappresenta oltre il 10% del prodotto interno lordo del Paese ed è un’importante fonte di valuta estera, ha sofferto particolarmente la pandemia. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, l’isola ha ospitato meno di 20mila turisti nel 2021.
A corto di valute estere, il governo ha adottato misure estreme. Nel marzo 2020, Rajapaksa ha vietato l’importazione di veicoli, olio e curcuma, un ingrediente chiave nella cucina locale. I detrattori del presidente sostengono che anche le nuove politiche agricole derivino dalla mancanza di fondi internazionali. Nell’aprile 2021, è stato introdotto dal governo un nuovo piano per rendere l’agricoltura del Paese biologica al 100%.
Aiuti da Fondo monetario internazionale, Bangladesh e Cina
Il primo passo per implementarlo è stato vietare l’importazione di pesticidi e fertilizzanti chimici. Questa strategia fa bene alle casse del Paese, all’ambiente e alla salute dei cittadini. Ma non si può dire la stessa cosa dell’agricoltura dello Sri Lanka, se ai contadini non verranno fornite alternative. Secondo i coltivatori locali, che stanno finendo le scorte di fertilizzanti, i raccolti potrebbero subire gravi danni. La nuova linea rischierebbe così di mettere in ginocchio l’industria del tè, prodotto la cui esportazione procura all’isola più di un miliardo di dollari all’anno.
Una mano è arrivata a fine agosto dal Fondo monetario internazionale, con 787 milioni di dollari in diritti speciali di prelievo, strumenti finanziari gestiti dallo stesso FMI che possono essere scambiati con valute estere. Per rinvigorire le casse del Paese, il vicino Bangladesh, inoltre, si è impegnato con un prestito di 150 milioni di dollari. La situazione resta grave, nonostante le maggiori liquidità in cassa e oltre il 40% della popolazione vaccinata (a oggi sono state somministrate 22 milioni di dosi di vaccino Sinopharm, di cui sette milioni donate al Paese).
Per gli oppositori del governo dello Sri Lanka, come l’ex vice governatore della banca centrale W.A. Wijewardena, la solidarietà internazionale non basta. Lo Sri Lanka, sostengono, ha bisogno di riforme con un occhio al lungo termine per risolvere questa crisi.