Lo Stato italiano deve riconquistare la fiducia dei cittadini
Corruzione, illegalità, mafie, economia e finanza. Ogni martedì il commento di Rosy Battaglia
«Le mafie trovano spazio dove lo Stato non c’è», ci ha ribadito un nostro lettore. Ed è così. C’è un Stato presente e uno Stato assente. Anche per questo, ora più che mai, istituzioni locali, regionali e centrali devono riconquistare la fiducia dei cittadini. Devono ascoltare, devono dimostrare di esserci in modo tangibile e concreto. Specie in tempi di pandemia. In cui, come è più che evidente, il prezzo sociale ed economico è altissimo.
Eppure, sempre per non negare la realtà, le notizie di cronaca ci ricordano come spesso, ancora troppo spesso, parti dello Stato, della Pubblica Amministrazione, siano colluse. Ultimo terremoto in Toscana, con l’importante operazione contro la ‘ndrangheta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze e condotta dai carabinieri forestali, dal Noe e dal Ros, sui reati ambientali e sugli sversamenti degli scarti del comparto conciario di Santa Croce sull’Arno (Pi). Inchiesta che vede iscritti nel registro degli indagati il capo di gabinetto della Regione Toscana e l’ex presidente della Provincia di Pisa.
Ci sembra però importante ricordare chi, anche nella pubblica amministrazione, non nega le proprie responsabilità. Anzi, denuncia in modo attivo e vigila sulle infiltrazioni. Come Avviso Pubblico, la rete degli amministratori regionali e dei sindaci contro le mafie. L’associazione, insieme a Libera Toscana, ricorda come l’antimafia civica e civile segnalino da tempo la presenza invasiva e massiva di gruppi mafiosi nella regione. Auspicando «che le pubbliche amministrazioni siano sempre più attente a identificare le trame criminali, tutelando così, non solo la propria onorabilità e professionalità, ma la democrazia stessa».
Come ha ricordato la coordinatrice della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura milanese, Alessandra Dolce, davanti alla Commissione Antimafia del Comune di Milano presieduta da David Gentili, gli strumenti ci sono. Ma vanno applicati con decisione. Un esempio sono le interdittive antimafia. Sono un «primo baluardo di legalità – ha sottolineato il procuratore Dolce – lo dice il Consiglio di Stato. Un’azione incisiva delle prefetture toglierebbe in parte il mio lavoro». Un “filtro” ora più che mai necessario per individuare le aziende controllate dalla malavita che creano anche distorsioni sul mercato, mettendo in difficoltà quelle oneste. E che dimostra come digitalizzazione e messa in rete delle banche dati siano potenti strumenti investigativi che vanno assolutamente potenziati.
E quindi non possiamo che dare ragione ai nostri lettori. Lo Stato deve esserci, sul serio. Dalla parte degli onesti. Ma sta anche a noi, cittadini, rammentarlo.