Sustainability-linked bond: scattano le penalità per chi non raggiunge gli obiettivi di sostenibilità

Nel 2025 oltre 240 sustainability-linked bond arrivano alla verifica: verso l’aumento delle cedole per chi non centra i target Esg

Tra gli obiettivi previsti dai sustainability-linked bond può esserci l'approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili © Teamjackson/iStockPhoto

Come spronare le aziende a rendere più sostenibili le proprie attività? Facendo in modo che a loro convenga in termini economici. È questo il principio alla base dei sustainability-linked bond, obbligazioni in cui l’importo delle cedole è connesso al raggiungimento (o meno) di alcuni obiettivi ambientali, sociali e di governance (Esg) prestabiliti. Quest’anno, riferisce un approfondimento di Bloomberg, scadono i termini per la verifica dei target di oltre 240 di queste obbligazioni nel mondo. C’è la concreta possibilità che molti di essi non vengano centrati.

Come funzionano i sustainability-linked bond

I sustainability-linked bond fanno parte della più ampia famiglia degli strumenti di debito per la finanza sostenibile, ma con alcune particolarità. I più noti green bond, per esempio, funzionano come tutte le altre obbligazioni, vincolando però l’emittente a investire i capitali raccolti in progetti ambientali. Il meccanismo è identico per i social bond ma i progetti sono di tipo sociale: edilizia convenzionata, accesso all’istruzione, sanità e così via. Si parla di sustainability bond quando le iniziative finanziate combinano la finalità sociale a quella ambientale.

Nel caso dei sustainability-linked bond, invece, l’azienda può investire la liquidità raccolta come meglio crede. Al momento dell’emissione, in compenso, si impegna a raggiungere determinati obiettivi: per esempio la capacità installata da fonti rinnovabili, la riduzione delle emissioni di CO2, la quota di materie prime riciclate nei propri prodotti, la presenza di donne nei ruoli dirigenziali. Se non riesce a rispettarli, scatta una penalità – solitamente un aumento della cedola (in gergo, coupon step-up).

Le aziende che non hanno centrato i loro obiettivi di sostenibilità

È proprio quello che potrebbe succedere quest’anno a decine di aziende, stando all’analisi di Bloomberg. Se l’anno scorso erano arrivati a scadenza gli obiettivi di appena 24 sustainability-linked bond, quest’anno sono dieci volte di più. Ci vorrà ancora qualche mese per disporre dei dati completi che faranno scattare o meno le penalità, ma iniziano già a emergere le prime informazioni.

Alla fine del 2023, per esempio, soltanto l’11% delle auto e dei furgoni della società francese di autonoleggio Europcar comportava emissioni inferiori ai 50 grammi di CO2 per chilometro. Molto meno rispetto all’obiettivo del 20% a cui era legato il suo bond da 500 milioni di euro. La cedola, dunque, aumenterà di un quarto di punto percentuale. Intanto il gruppo industriale francese Legrand, specializzato nella componentistica elettrica finora, non è riuscito a selezionare fornitori con piani sufficientemente ambiziosi di riduzione delle emissioni.

Bloomberg cita anche un’azienda italiana, la multiutility A2A. Che nel 2022 aveva emesso un sustainability-linked bond impegnandosi a installare 3 GW di capacità da fonti rinnovabili. Stando all’ultima relazione sulla gestione, però, si è fermata a 2,6 GW. Spiegando che la crisi energetica scoppiata nel 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina, ha rallentato il piano di investimenti previsto. La cedola dell’obbligazione con scadenza al 2028, dunque, aumenterà di 25 punti base (cioè dello 0,25%).

La crisi di credibilità dei sustainability-linked bond

Anche se a prima vista può sembrare controintuitivo, gli esperti interpellati da Bloomberg spiegano che questo è un segnale positivo per la credibilità dei sustainability-linked bond. Perché fissare dei traguardi ha senso se questi richiedono uno sforzo reale: in caso contrario, si rischia di scivolare nel greenwashing. Stando a un rapporto della Climate Bonds Initiative, più dell’80% dei sustainability-linked bond in circolazione non è in linea con il contenimento del riscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. In altre parole, l’obiettivo c’è ma non corrisponde nemmeno al target meno ambizioso dell’Accordo di Parigi.

Come abbiamo raccontato su Valori, da qualche tempo su questi strumenti finanziari aleggia una certa diffidenza. C’è chi punta il dito sugli indicatori usati per misurare i progressi, ritenendoli fumosi e ambigui. E c’è chi, dati alla mano, dice che in alcuni casi all’azienda conviene implementare la penalità prevista, perché è meno onerosa rispetto a mettersi all’opera per centrare gli obiettivi. Anche per via di questo scetticismo, unito al calo di popolarità della finanza sostenibile soprattutto Oltreoceano, le nuove emissioni sono passate dagli oltre 100 miliardi di dollari del 2021 ai 38 miliardi del 2024.

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