Da SVB a Credit Suisse. Perché è una crisi di fiducia

I casi di SVB e Credit Suisse hanno alcuni denominatori comuni: per le banche la fiducia e la reputazione sono fondamentali

Il crollo del colosso elvetico Credit Suisse sta facendo tremare i mercati © Michael Derrer Fuchs/iStockPhotos

Cosa sta succedendo a Credit Suisse? Crollo delle azioni, necessità di intervento della banca centrale svizzera e titoli allarmati dei principali quotidiani. «Per quanto il mondo della finanza ci abbia abituato a crisi, scandali e problemi vari, è difficile trovare una serie simile a quella che ha recentemente riguardato Credit Suisse».

Un anno fa l’inchiesta su dittatori e riciclaggio che coinvolgeva Credit Suisse

No, questa non è una citazione da un’analisi comparsa ieri. È l’incipit di un articolo che avevamo pubblicato esattamente due anni fa, ad aprile del 2021, nel quale si riassumevano alcune vicende particolarmente “sfortunate” che avevano coinvolto il gruppo. Nel 2022 Valori.it dedicava un altro articolo alla stessa banca, intitolato «Dittatori, riciclaggio, trafficanti. Credit Suisse nel mirino di un’inchiesta internazionale».

È questa l’immagine che l’istituto ha dato di sé negli ultimi anni. Come scrivevamo già nel 2021, «per quanto le perdite e i mancati dividendi pesino, e molto, i problemi maggiori non sono economico-finanziari. Gli impatti più rilevanti sono di natura reputazionale. […] L’immagine che viene fuori è pessima. E l’immagine pesa, e moltissimo, in questo mondo».

Proprio la fiducia e la reputazione sono gli elementi che accomunano le due vicende più discusse degli ultimi giorni: quella della SVB e a cascata questa di Credit Suisse. Non a caso immediatamente dopo il crack della Silicon Valley Bank le autorità, non solo negli Stati Uniti, si sono affrettate a dichiarare che la situazione è completamente diversa dal 2008, quando la bolla dei subprime innescò una crisi globale del sistema finanziario. Questa volta, secondo le autorità, non ci saranno ripercussioni su larga scala, e saranno messe in campo tutte le misure necessarie per scongiurare un contagio.

I fallimenti e il rischio di effetto-domino

Già, perché quando si verifica un fallimento, proprio il contagio ad altre banche è l’elemento che desta maggiori preoccupazioni. Il sistema bancario è estremamente interconnesso, con continui scambi di titoli e di liquidità tra diversi istituti. Il mercato interbancario è la linfa che scorre 24 ore su 24, un sistema di prestiti garantiti da titoli e in ultima analisi dalla fiducia reciproca tra gli istituti.

Fiducia è il termine centrale, quindi, sia per fare girare questo mercato interbancario, sia in maniera ancora più evidente nei rapporti di qualsiasi banca con i propri clienti. Una delle funzioni principali di una banca è la gestione di tempi e rischi. Quando concede un mutuo, la banca per rientrare dei soldi deve poi aspettare mese dopo mese il rimborso delle rate. Al contrario, solitamente gran parte delle risorse a disposizione sono quelle dei clienti che aprono un conto corrente. Risorse che devono essere restituite “a vista” come si dice, ovvero essere subito disponibili per chi le chiede indietro.

Il mercato interbancario lega tra loro le banche e le aiuta in caso di squilibri finanziari

I soldi in entrata devono quindi essere immediatamente restituiti a chi li vuole, quelli usciti sotto forma di prestiti sono bloccati anche per decenni, come nel caso dei mutui. Questo squilibrio è uno dei rischi maggiori per il sistema bancario e su cui più si concentrano le autorità di vigilanza. In condizioni normali, non ci sono problemi. In un dato giorno un certo numero di clienti ritirerà dei soldi, altri li depositeranno, e il bilancio sarà pressoché nullo. Se c’è uno squilibrio momentaneo, la banca può appunto rivolgersi al mercato interbancario, chiedendo liquidità a breve ad altri istituti.

Cosa succede però se si sparge la voce che una data banca è in difficoltà e potrebbe fallire a breve? Naturalmente, molti clienti si affretteranno a ritirare i propri soldi. Nello stesso momento la banca si trova in difficoltà sull’interbancario, perché le altre non si fidano più e non prestano, o lo fanno a tassi molto elevati. Questo doppio effetto può generare una crisi di liquidità, costringendo la banca a fare cassa per riequilibrare la situazione. Se si viene però a sapere che la banca è costretta a vendere – o svendere – titoli per fare cassa, le voci sulle sue difficoltà si rafforzeranno, spingendo altri clienti a ritirare i propri soldi, in una spirale che si auto-alimenta.

Una crisi di liquidità seguita da mancanza di fiducia: proprio ciò che è accaduto alla SVB

Questo è esattamente il meccanismo che ha portato al crack della Silicon Valley Bank. Crisi di liquidità che la banca ha provato a fronteggiare vendendo titoli che aveva nel portafogli, ma che con l’aumento dei tassi delle banche centrali avevano perduto parte del loro valore. La banca ha poi pensato di vendere delle sue azioni per racimolare liquidità, ma questa notizia non ha fatto che scatenare il panico tra i clienti, con una corsa a ritirare i propri soldi.

Credit Suisse
La sede di Credit Suisse a Zurigo, in Svizzera © thamerpic/iStockPhoto

È il cosiddetto bank run, o corsa agli sportelli. È proprio per provare a scongiurarlo che nella maggior parte dei Paesi sono previsti meccanismi di assicurazione pubblica su tutti i conti correnti (in Italia fino a poco più di 100mila euro, negli Stati Uniti fino a 250mila dollari). Un modo per dire ai clienti di non correre a ritirare i propri soldi anche se la loro banca è in difficoltà, tanto garantisce lo Stato. Una garanzia che serve però a poco, quando parte la valanga.

Nel caso di SVB sono stati alcuni grandi clienti a ritirare i soldi e dare il via alla crisi. In quello di Credit Suisse l’elemento scatenante è stata una dichiarazione del presidente della Saudi National Bank, primo azionista della banca svizzera, in merito al fatto che non avrebbero iniettato nuova liquidità in caso di ricapitalizzazione dell’istituto.

L’importanza dei valori immateriali per le banche

Quale sia stata la scintilla ha però relativamente poca importanza. L’elemento fondamentale che tiene insieme le due vicende è la conferma che per quanto siano importanti i fondamentali economico-finanziari, per le banche sono ancora più importanti alcuni valori immateriali: la reputazione e la fiducia che trasmettono alla clientela e ai mercati. Valori che, almeno dalla bolla dei subprime a oggi, sono ai minimi storici.

Silicon Valley Bank e Credit Suisse sono unicamente i due esempi più recenti e più evidenti di come la fiducia si sia spezzata; e di come l’insieme del sistema bancario e finanziario debba cambiare radicalmente rotta. Per quanto si possa intervenire con misure finanziarie o di salvataggio per mettere le toppe quando esplode l’ennesima crisi, per ricostruire tale fiducia gli interventi delle autorità e delle banche centrali possono fare ben poco.