Tap e non solo. Se la Puglia diventa hub della crisi climatica

In Puglia numerose organizzazioni si battono contro l'estensione dei gasdotti, considerata inutile per la sicurezza e dannosa per il clima

Linda Maggiori
Una manifestazione contro il Tap @ Angelo Gagliani
Linda Maggiori
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Il Salento si appresta a ospitare i grandi della Terra per il G7 che si terrà dal 13 al 15 giugno a Fasano, in provincia di Brindisi. E intanto nuovi progetti di gasdotti allungano i tentacoli su un territorio già ferito dal metanodotto Tap (Trans Adriatic Pipeline).

Di proprietà al 20% di Snam, il Tap porta in Europa il gas estratto in Azerbaigian dai giacimenti sotto il fondo del mar Caspio, attraverso il cosiddetto “corridoio meridionale del gas”, in teoria alternativo a quello russo. Il legame con il regime azero di Ilham Aliyev è tale che la prossima Cop 29, nel novembre 2024, si terrà proprio in terra azera. Ovvero in uno Stato che non è certamente campione nel rispetto dei diritti umani e nella lotta ai cambiamenti climatici.

Il nuovo progetto di metanodotto di Snam in Salento

Oltre a Snam, gli azionisti del Tap sono British Petroleum (20%) l’azera SOCAR (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagás (16%), la svizzera Axpo (5%). Il processo per presunti reati ambientali ai dirigenti del Tap e delle aziende collegate, dopo vari ritardi è ripartito nel giugno 2023. I fatti contestati fanno riferimento alla distruzione dei coralligeni nei fondali di San Foca, all’espianto di ulivi secolari nel Salento senza le necessarie autorizzazioni o con autorizzazioni illegittime, allo scarico di acque reflue industriali, alla mancata impermeabilizzazione del cantiere, alla contaminazione delle falde.

Snam ha ora in progetto un altro metanodotto, sempre nel Salento. Dovrebbe estendersi da Matagiola (Br) fino a Manampola (Ta), per una lunghezza di 53 chilometri. Obiettivo: portare il gas dal Tap alla Linea adriatica. Cioè un mega-gasdotto che percorre lungo tutta la dorsale appenninica, dalla Puglia all’Emilia Romagna, costruito per metà. Attualmente il progetto è in fase di Valutazione di impatto ambientale e se dovesse andare a buon fine sarebbe finanziato dai fondi collegati al Pnrr. Il punto di partenza è appunto Matagiola, dove esiste una centrale a gas e dove arriva il gasdotto Tap. Mentre quello di arrivo è Manampola, nel comune di Martina Franca (Ta), in pieno Parco agricolo multifunzionale di valorizzazione della Valle dei Trulli.

Le osservazioni della associazioni ambientaliste

Le osservazioni al progetto sono state proposte dal Movimento No Tap/Snam di Brindisi, congiuntamente alla campagna nazionale Per il Clima Fuori dal Fossile, dalla Rete Nazionale no Rigass, Forum Ambientalista, Rete Giustizia Climatica e Cobas Brindisi. Angelo Gagliani, attivista No Tap, spiega l’intricata situazione: «Esistono già altri due metanodotti Snam sulla stessa tratta. Il primo va da Brindisi a Palagiano (Ta) e ha un diametro di 18 pollici. Finora, a detta di Snam, è servito per trasportare il gas dal Tap alla Linea adriatica. Il secondo metanodotto ripercorre quasi la stessa tratta, ma il gas va in direzione contraria. È largo 42 pollici e serve a portare il gas dalla Sicilia verso la centrale a turbogas di EniPower. La quale alimenta il petrolchimico, ora in profonda crisi industriale».

Il nuovo gasdotto da 56 pollici tra Matagiola (Br) e Manampola (Ta) servirà a sostituire il già esistente metanodotto da 18 pollici che invece sarà convertito in idrogenodotto. Sarà largo 56 pollici per evitare l’attuale “strozzatura a collo di bottiglia”, causata dal 18 pollici, tra il Tap e la Linea adriatica. Nuovi metanodotti si intrecciano quindi a nuovi idrogenodotti in un reticolo in continua crescita.

Recentemente il progetto Puglia Hydrogen Valley è stato inserito dalla Commissione europea tra i progetti IPCEI (Important Projects of Common European Interest) nell’ambito della wave Hy2Infra e godrà di finanziamenti europei. Prevede la realizzazione di due impianti per produzione di idrogeno “verde” con elettrolisi a Brindisi e Taranto, coinvolgendo Edison Next, Saipem. Mentre Snam si occuperà della riconversione di condotte esistenti (85 km) e dell’installazione di nuove tubazioni, per una lunghezza totale di circa 110 km.

«Queste nuove infrastrutture non servono alla sicurezza energetica del Paese»

Per gli ambientalisti, però anche la filiera dell’idrogeno, anche quella verde, presenta problematiche. Soprattutto quando coinvolge le multinazionali del fossile, quando usa ingenti quantità di acqua in territori soggetti a siccità e quando spinge a costruire nuove tubature.

«Si continua ad ampliare una rete già sovradimensionata, tra idrogenodotti e metanodotti. Devastando i territori e rischiando di scaricare i costi sui consumatori, già alle prese con le bollette alte», puntualizza Angelo Gagliani. «I consumi di gas stanno scendendo. Sono passati dai 75 miliardi di metri cubi nel 2021 ai 60 miliardi dello scorso anno. E il trend è in continuo calo. L’infrastruttura esistente basta e avanza. Questi nuovi impianti non servono per la sicurezza energetica, ma per fare dell’Italia un hub del gas europeo a discapito del territorio e dei suoi abitanti».

«Si tratta di progetti anacronistici»

Ogni nuovo gasdotto, oltre alle perdite accidentali di metano, potente gas climalterante, porta con sé una scia di devastazioni. «Il tracciato del nuovo gasdotto Matagiola-Manampola interferisce con almeno seimila ulivi secondo i nostri calcoli – continua Gagliani –. Ulivi che si trovano in zona infetta per Xylella, che saranno quindi eradicati e non trapiantati altrove. Perdendo una parte del nostro patrimonio storico, sociale e ambientale. E in parte si trovano nel Parco agricolo multifunzionale di valorizzazione della Valle dei Trulli».

Secondo le associazioni, questi nuovi gasdotti sono completamente anacronistici e in violazione del principio “do no significant harm” necessario per i finanziamenti del Pnrr. L’opera, inoltre, appare in contrasto con gli obiettivi climatici dichiarati dall’Italia e quelli europei. E, sempre secondo le associazioni che hanno redatto le osservazioni, non prevede adeguate opere di compensazione per il territorio. Il movimento No Tap partecipa anche al “Tavolo di coordinamento No G7” che si è creato in vista del vertice di giugno e sta chiamando a raccolta le associazioni ambientaliste e pacifiste da tutta Italia, per organizzare un contro-vertice e manifestazioni di protesta conto un summit «che porta con sé solo guerre, miseria per l’intero Pianeta, feroci cambiamenti climatici e distruzione dei territori».


Sabato 9 marzo ci sarà un’assemblea (online) del coordinamento NoG7. Qui il programma in via di definizione.