Terzo settore dimenticato dal governo: una pezza nel Milleproroghe?
Terzo settore escluso dalla garanzia statale dei crediti nella Legge di Bilancio: la risposta degli operatori a quello che non sembra un semplice errore
* AGGIORNAMENTO del 6-2-2021
Anche Vincenzo Linarello, presidente di GOEL – Gruppo Cooperativo, modello di lotta e resistenza alla criminalità organizzata tramite la buona impresa e il lavoro legale, ha voluto commentare il “pasticcio” sui crediti agevolati al Terzo settore dell’ormai ex governo Conte bis. «Ci auguriamo sia stato un errore tecnico che si possa risolvere prima possibile» commenta infatti. «Escludere le imprese sociali dalla proroga della garanzia statale significa assestargli un colpo violento, quasi letale, soprattutto nel contesto pandemico».
E prosegue Linarello «Strutturalmente il Terzo Settore è un sistema sottocapitalizzato e sottopatrimonializzato, con grandi difficoltà a fornire le garanzie necessarie per poter accedere al credito: difficoltà ancora più importanti nel Sud del Paese. Crediamo che l’Italia abbia retto in questi mesi di fronte al dramma della pandemia anche grazie al contributo di persone, enti, organizzazioni che hanno dato risposte concrete sui territori: non si può ripartire senza mutualismo e sussidiarietà, senza comunità territoriali, senza economia sociale». Un’accusa diretta all’esclusione operata, che «non sembra finora andare in questa direzione».
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Terzo settore dimenticato dal governo: perseverare è diabolico
* ARTICOLO del 23-1-2021
Terzo settore dimenticato dal governo? Purtroppo sì. A confermarlo è infatti lo stesso sottosegretario al Lavoro, Steni Di Piazza, in un’intervista rilasciata al direttore di Valori.it, Simone Siliani. Il tema è quello dell’allarme – lanciato sempre dalla nostra testata qualche giorno prima – sull’esclusione di imprese sociali, associazioni, fondazioni dall’accesso ai crediti coperti da garanzia statale al 100%. Previsti invece per le imprese imprese for profit nell’ambito della legge di Bilancio 2021.
Non profit
Niente più prestiti agevolati per il terzo settore. Il governo cosa pensa di fare?
Le imprese “tradizionali” avranno accesso a crediti garantiti, quelle sociali no. Perché? Lo abbiamo chiesto al sottosegretario al Lavoro Steni Di Piazza
Una “svista” colpevole che Di Piazza attribuisce ai tecnici del ministero delle Finanze e al clima di pressione che la crisi pandemica ha generato nel Paese. E mentre si attende la classica pezza annunciata nel prossimo decreto milleproroghe, qualche ulteriore segnale di preoccupazione dovrebbe indurre le organizzazioni not for profit a tenere la guardia alta. Innanzitutto la crisi di governo seguita al ritiro dei ministri di Italia Viva. Ssuperata nei numeri dal premier Giuseppe Conte, ma senza garanzie di stabilità e di un futuro tranquillo. In secondo luogo il ritardo che ancora ad ottobre 2020 scontava il Codice del Terzo Settore. Con 24 atti previsti, di cui solo 12 adottati e 4 in elaborazione.
Dimenticati col Terzo settore anche 70 miliardi di euro
Ed ecco perché abbiamo voluto chiedere ai soggetti colpiti da questa “svista” un’opinione. Ai rappresentanti di un patrimonio di imprese che ha sì necessità di sostegno, ma costituisce anche un enorme valore aggiunto per l’Italia. «A livello nazionale – ricordava infatti qualche mese fa Gianluca Salvatori, segretario generale dell’istituto Euricse – il settore dell’economia sociale in senso ampio ha un giro d’affari di circa 71 miliardi di euro, poco meno del 5% del Pil. Presenta un’occupazione pari circa all’8% degli occupati complessivi. E al 17% di quelli del settore privato».
CGM tra critica e autocritica: «La politica non ci vede»
Secondo Francesco Abbà, presidente di CGM Finance, e Flaviano Zandonai (open innovation manager del Gruppo cooperativo CGM), «il terzo settore fatica ancora a farsi apprezzare per quello che è (o dovrebbe essere). Ovvero un complesso di organizzazioni, di ambiti di attività e di funzioni (produttive, erogative, di advocacy) che trova proprio nell’interdipendenza delle parti il suo principale elemento di valore».
Da questa vicenda emerge infatti una capacità di comprensione della complessità del settore poco al passo coi tempi. Perché probabilmente il legislatore ha dato per scontato che organizzazioni di Terzo settore di natura non commerciale non abbiano bisogno di risorse finanziarie per funzionare. E quindi non sia necessaria alcuna garanzia pubblica. Oppure, peggio ancora, che siano così poco affidabili da non meritarsela.
Fatto sta che il problema riguarda forse anche la capacità del settore di rappresentare, in ultima analisi, la sua identità in senso “materiale” (quello che è e che sa fare). La crisi pandemica, quindi, ha messo (ancora meglio) in luce un problema di visibilità, dato che nei vari provvedimenti che riguardavano ristori, dilazioni, benefici si è spesso “dimenticato” il terzo settore, recuperandolo solo in “zona Cesarini”. Come dimostra la garanzia sui crediti ottenuta però a soli due mesi dalla scadenza del primo decreto. Garanzia che poi non è stata rinnovata.
«Se errare è umano, perseverare è diabolico, e la ragione si trova proprio in un deficit di visibilità»
Emmaus: «Abbiamo ideali forti, ma sentiamo la crisi come tutti»
Augurandosi che si sia trattato di un errore, anche Rita De Padova (presidentessa di Fondazione Siniscalco Ceci Emmaus di Foggia) si lamenta. Innanzitutto del fatto che «quando si parla di Terzo settore si pensa ancora ad attività residuale. Che viene appunto dopo il primo (cioè lo Stato, ndr) e il secondo settore (il mercato, ndr). Tante sono invece le organizzazioni del Terzo settore che operano per servizi alle persone, in primis, o in filoni di produzioni spesso alternative ed eco-compatibili, o coprono ambiti considerati marginali dalle imprese for profit».
«Non solo – prosegue la dirigente -. Le nostre organizzazioni registrano importanti numeri di persone occupate e soffrono la crisi economica attuale come tutti. E come gli altri – forse anche più di altri, se si pensa ai ritardi con cui spesso gli enti locali pagano le fatture per i servizi resi – hanno bisogno di questi strumenti di garanzia. Sono imprese forti di ideali, infatti, ma spesso fragili e sottocapitalizzate da un punto di vista finanziario. E ne conosco varie di cooperative su questo territorio che si erano organizzate sperando nel supporto dello Stato per trovare la forza di andare avanti… e ora?».