TotalEnergies è coinvolta nei massacri di civili in Mozambico?
Un'inchiesta solleva inquietanti interrogativi sul legame tra TotalEnergies e i responsabili di una strage di civili in Mozambico.
Stupri, omicidi, torture: l’inchiesta di Alex Perry per Politico fa un racconto dettagliato di un’operazione assai feroce dell’esercito del Mozambico. Con la possibilità che sia stata eseguita a difesa degli impianti di TotalEnergies nel Paese.
Le vittime sono gli abitanti del villaggio di Cabo Delgado, fuggiti dalle violenze e razzie di un gruppo islamista. Avevano chiesto supporto e protezione all’esercito ma sono andati incontro all’orrore. Le donne hanno subito violenze, gli uomini sono stati richiusi per tre mesi in container, affamati e assetati, costretti a scavarsi la fossa e poi ammazzati.
Il 3 luglio 2021, durante un servizio della TV di Stato in Mozambico, un anonimo soldato ha dichiarato che la sua missione era proteggere «il progetto della Total». Da quanto riporta Le Monde, anche se TotalEnergies ha dichiarato di non aver «mai ricevuto alcuna informazione che indicasse che tali eventi avessero effettivamente avuto luogo», documenti riservati dimostrano il contrario.
«TotalEnergies sapeva fin dall’inizio»
Il costo annunciato era da capogiro: 50 miliardi di dollari. Doveva essere, insieme a un secondo giacimento gestito da ExxonMobil, il più grande investimento privato mai realizzato in Africa. TotalEnergies sapeva, secondo documenti inediti, delle segnalazioni di violazioni di diritti umani da parte dell’esercito del Mozambico. Nei rapporti sociali trimestrali della filiale locale, la Mozambique LNG, si faceva riferimento a «denunce di estorsioni, sparizioni e persino di violenze che hanno portato alla morte di due pescatori».
Il timing della vicenda non lascia spazio a dubbi: «Dal 2 aprile 2021, i residenti locali hanno regolarmente denunciato le violazioni dei diritti umani commesse dalla Joint Task Force (all’epoca al soldo della stessa Total, ndr.): restrizioni alla libertà di movimento, estorsioni, violenze, arresti, sparizioni». Le stesse relazioni sono poi arrivate anche ai finanziatori pubblici del progetto. E nello specifico all’italiana SACE, l’agenzia per il credito all’esportazione.
Siamo nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, dove TotalEnergies ha ingaggiato le milizie a difesa degli impianti del progetto di Afungi. La regione è oggetto di frequenti insurrezioni violente da parte di gruppi islamisti guidati da Bonomade Machude Omar. Nell’estate del 2021, a seguito di un attacco di militanti affiliati all’Isis e dell’uccisione di più 1.000 persone, la costruzione era stata interrotta. Un gruppo tra le 180 e 250 persone si è appellato ai militari chiedendo protezione. I soldati, accusandoli di essere ribelli, li hanno torturati e hanno imprigionato parte di loro.
Come sottolineato da Politico, la strategia di investimenti ad alto rischio in zone instabili di Patrick Pouyanné potrebbe rivoltarsi contro lo stesso Ceo di TotalEnergies. Tutto sta, specifica Perry, nel verificare il livello di consapevolezza e coinvolgimento del gigante nelle violenze operate dalle milizie ingaggiate. I sequestri avvenivano nei container posti all’ingresso dell’impianto. I soldati dichiaravano di operare per proteggere il progetto.
Il contesto del massacro in Mozambico
Nel 2010 nel nord del Mozambico, a 40 km dalla costa, sono stati scoperti alcuni dei giacimenti di gas naturale più grandi della Terra. Nel giro di pochi anni lo stato ha concesso a un consorzio di compagnie del gas guidate dalla texana Anadarko di riqualificare un’area più vasta di Manhattan. L’arrivo dell’enorme impianto di liquefazione e di tutte le infrastrutture a esso associate (porto, aeroporto, bungalow per 15mila lavoratori) ha comportato la cancellazione di interi villaggi e il trasferimento coatto di circa 2.500 residenti. Nel 2017 è cominciata l’insurrezione islamista, guidata da Bonomade Machude Omar. I ribelli accusavano il governo di corruzione e di aver a lungo trascurato l’area prima della scoperta dei giacimenti.
Nel 2019 Anadarko vende a Occidental Petroleum. TotalEnergies rileva gli asset africani diventando il principale operatore in Mozambico. Nel sito degli impianti arrivano le torri di guardia e una doppia recinzione di sicurezza alta 12 metri. Nasce una vera e propria fortezza segreta che tutti chiamano Totalandia. A sua difesa, arrivano le pattuglie: la Join Task Force istituita da TotalEnergies garantisce, a rotazione, la presenza di circa 700 soldati, poliziotti, paramilitari. Tutti pagati, armati ed equipaggiati dal colosso energetico.
Il gruppo di Omar nel frattempo massacra migliaia di persone. Nel mirino dei fondamentalisti anche l’industria del gas: di tutte le ricchezze ricavate dagli investitori stranieri, solo lo 0,4% era stato promesso alla provincia.
L’attacco a Palma: il massacro di civili da parte dell’esercito
A marzo 2021 i dissidenti lanciano un attacco su larga scala a Palma. I circa 60mila abitanti dell’area fuggono, il personale dell’impianto viene evacuato. Nella struttura restano solo gli uomini della Joint Task Force. Le forze di sicurezza riescono a riprendere la città solo tra giugno e luglio. Trovano le strade piene di cadaveri.
È in questi giorni drammatici che è avvenuto il massacro dei civili. Centinaia di persone, avvertite dall’esercito di un imminente attacco ai ribelli, si sono mosse a piedi verso l’area di Patacua, al nord. Sono arrivati il 1° luglio, chiedendo protezione alle pattuglie di soldati. I sopravvissuti raccontano che, nonostante avessero registrato nomi, età, indirizzi e professioni di tutte le persone giunte, era chiaro che le forze armate sospettavano di un loro coinvolgimento nelle violenze.
Il commando ha abusato delle donne e picchiato gli uomini. Poi ha caricato questi ultimi sui blindati dell’esercito per portarli in un’area sotto la protezione della Joint Task Force e, quindi, di TotalEnergies. Già qui alcuni di loro sono stati picchiati a morte. Anche se due giorni dopo le donne erano state rilasciate, il sequestro e la detenzione nei container sono durati tre mesi. Ogni tanto, raccontano i sopravvissuti, un gruppo di prigionieri, individuato a caso, subiva un’esecuzione.
A settembre 2021 l’esercito ruandese, nell’ambito di un accordo tra Mozambico, Ruanda e Francia per combattere al-Shabab, ha scoperto i sequestrati e li ha rilasciati. Erano rimasti in 26.
TotalEnergies non poteva non sapere della condotta dell’esercito in Mozambico
L’inchiesta di Perry sembra la sceneggiatura di un kolossal cinematografico. Ma è la cronaca fedele di una gravissima violazione dei diritti umani che vede coinvolta una delle più grandi imprese energetiche a livello globale. Una di quelle aziende che hanno un nome che fa parte della nostra quotidianità, che mai assoceremmo alle immagini raccontate dal reporter di Politico.
Anche per questo, è fondamentale accertare le responsabilità di TotalEnergies e il suo livello di conoscenza di quanto avveniva in Mozambico. Di quanto uomini che dichiaravano di operare a protezione dei suoi interessi hanno compiuto per tre mesi. Del resto la storia recente delle forze armate in Mozambico è piena di violazioni di diritti umani, esecuzioni sommarie, violenze, corruzione. Lo riportano diverse Ong per i diritti umani, molti diplomatici occidentali e addirittura la Cia.
E l’accordo tra la Joint Task Force e TotalEnergies prevedeva il pagamento di una serie di bonus per i soldati, a patto che rispettassero i diritti umani. Come riferisce Le Monde, «in un documento si afferma che il pagamento di questi bonus sarebbe stato sospeso nei mesi di agosto e settembre 2021».
Il rapporto Rufin e Glowacki
Non c’è dubbio sul fatto che i rapporti cui fa riferimento Le Monde siano arrivati sulle scrivanie di molte persone che lavorano per TotalEnergies. La multinazionale non ha rilasciato dichiarazioni in merito ma ha ammesso ai reporter della testata francese che le comunità locali avevano denunciato «abusi da parte delle forze di sicurezza». Uno dei documenti è siglato con le iniziali R.M. che, secondo il giornale, potrebbero essere quelle del direttore generale del progetto Maxime Rabilloud.
A fine 2022 il Ceo Pouyanné ha chiesto a Jean-Christophe Rufin, ex vicepresidente di Medici Senza Frontiere ed ex diplomatico francese, e alla consulente Ingrid Glowacki, di valutare il rispetto dei diritti umani nel progetto. I due consulenti hanno prodotto un documento che parla di un contesto di ribellione «radicata in forti disuguaglianze», «mancanza di fiducia nello Stato», «molti abusi commessi dalle forze armate e dalla polizia». Nelle conclusioni Rufin e Glowacki scrivono che i legami di TotalEnergies con l’esercito in Mozambico determinavano una responsabilità precisa.
«In caso di violazioni dei diritti umani – scrivono – questo legame coinvolge direttamente la responsabilità del consorzio», il cui rapporto con l’esercito «avrebbe l’effetto di rendere il progetto parte in causa nel conflitto». «Qualsiasi legame diretto tra il consorzio e l’esercito mozambicano, concludono, dovrebbe essere interrotto». In risposta, TotalEnergies ha sospeso i pagamenti individuali ai membri della Task Force per delegarli al governo nazionale.
Ora è in corso un’indagine indipendente
Interrogata da Le Monde, TotalEnergies ha illustrato le misure prese per tutelarsi dal rischio di violazioni. Bonus legati al rispetto dei diritti umani per soldati notoriamente avvezzi a violazioni sistematiche, cui si aggiungono «formazione in materia di sicurezza e diritti umani» e «un sistema di reclami e indagini». Un sistema che non ha bloccato la collaborazione con il personale militare per più di due anni dopo le prime segnalazioni. Fino all’ottobre 2023, quando viene ufficialmente rescisso l’accordo. Un mese dopo l’uscita del rapporto prodotto da Rufin e Glowacki.
Legislatori europei, organizzazioni per i diritti umani e avvocati stanno chiedendo un’indagine indipendente. Friends of the Earth UK ha avvertito il proprio governo che, se dovesse proseguire con il prestito annunciato per il progetto, sarà sottoposto a un’azione legale da parte dell’Ong. Nel frattempo nel 2027 entrerà in vigore la Corporate Sustainability Due Diligence Directive, e le imprese europee saranno tenute a monitorare gli impatti su ambiente e diritti umani delle proprie produzioni. Il monitoraggio si estenderà a tutti gli attori delle catene di approvvigionamento.
Così, ha sottolineato Josep Borrell, fino a poche settimane fa alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea, se TotalEnergies sceglierà di riprendere le proprie attività in Mozambico, dovrà rispettare quanto richiesto dalla nuova norma.