Trasformare rifiuti in soldi per la città: Milano batte Roma 4 a 1
L'università Bocconi: i sistemi porta a porta fanno calare i costi, aumentano i ricavi e la qualità della differenziata. Milano esempio virtuoso in Italia
Quello tra rifiuti urbani e l’economia circolare è un rapporto che può contribuire in modo determinante allo sviluppo di una economia realmente sostenibile. Ma per raggiungere questo obiettivo non si può prescindere da una gestione efficiente dei rifiuti. È quest’ultima uno dei segnali per capire la tendenza che le economie sviluppate stanno intraprendendo.
La produzione di rifiuti pro capite è tendenzialmente legata al Pil pro capite. Nella UE a 28, il Paese con una minore produzione pro capite risulta essere la Romania con 261 kg procapite e il Paese che ne produce di più la Danimarca con 777 (nella parte alta del ranking anche Cipro e Malta che scontano l’alto numero di turisti che ovviamente incidono sul valore assoluto).
A caccia di modelli virtuosi
Rompere questo accoppiamento dovrebbe essere un obiettivo strategico delle politiche ambientali globali, altrimenti il raggiungimento di una economia circolare rischia di essere più complicato. A prescindere da considerazioni macroeconomiche, comunque fondamentali per pianificare un futuro più sostenibile, la Bocconi School of Management ha realizzato un’indagine per interpretare alcune dinamiche e alcune relazioni tra le variabili critiche che fotografano il ciclo dei rifiuti solidi urbani nelle nostre realtà. Obiettivo: individuare i modelli più virtuosi nella gestione dei rifiuti.
Per capire la realtà italiana si è considerato un campione di 9 città e 4 consorzi, corrispondenti a una popolazione di circa 8,5 milioni di abitanti. La significatività del campione è confermata dalle percentuali che emergono: considera infatti il 14,5 % della popolazione nazionale, il 37% dei comuni sopra i 150.000 abitanti e il 66% di quelli superiori ai 500mila abitanti. Fornisce quindi una rappresentazione molto esaustiva di buona parte del Paese, tenuto conto che alcune città del sud interpellate non sono rientrate nell’analisi.
Il porta a porta ben fatto non fa aumentare i costi…
Dall’analisi emergono alcune considerazioni che vanno a confermare o smentire alcuni assiomi che spesso stanno alla base della discussione sul ciclo dei rifiuti urbani.
All’aumentare dei servizi offerti ai cittadini, in primo luogo all’aumentare di un servizio di raccolta porta a porta (PAP) che rende più agevole la separazione dei rifiuti, non corrisponde un aumento dei costi operativi, anzi l’analisi evidenzia come dove è stato implementato un servizio di porta a porta sul totale delle utenze, i costi si collocano su fasce intermedie.
…e fa calare i rifiuti
Inoltre i risultati del campione analizzato mostrano una correlazione positiva tra una maggiore estensione delle utenze servite dal PAP e migliori risultati in termini di percentuali di raccolta differenziata raggiunti. Dai dati sembra inoltre emergere una netta correlazione tra diffusione della raccolta porta a porta e minor produzione di rifiuti.
Laddove il PAP sia stato introdotto più recentemente, i dati sulla produzione di RSU risultano ancora superiori alla media nazionale mentre le città in cui il PAP è attivo da più anni sono stati raggiunti livelli maggiori di efficienza del sistema.
All’aumentare delle utenze servite da porta a porta, inoltre, risulta migliore la qualità del materiale raccolto (soprattutto per quanto riguarda le frazioni della carta e dell’organico) e maggiore la quantità di rifiuto organico per abitante raccolta.
La chiave è nell’umido
In chiave di economia circolare la raccolta dell’umido è ormai uno dei fattori chiave per un sistema di gestione dei rifiuti virtuoso. L’analisi ci consente di affermare che, laddove sono maggiori le quantità di frazione organica (FORSU) intercettata, i costi operativi di gestione risultano inferiori, soprattutto considerando il campione sopra i 300mila abitanti.
Tra queste, a Milano va il primato per la quantità di frazione organica intercettata per abitante, oltre i 100 kg ab annuo, a fronte di un sistema di porta a porta che copre il 100% delle utenze e i livelli di RD più alti tra le città sopra i 300mila abitanti, e con i costi operativi annui più bassi all’interno dello stesso bacino dimensionale, ad esclusione di Genova che rappresenta un’anomalia in termini di più bassi livelli di performance raggiunti per quanto riguarda la RD, pari al 35 % a fronte di una media italiana pari al 52%.
Le casse meneghine sorridono. Quelle capitoline no
Sempre di Milano il primato relativo ai maggiori ricavi per abitante anno da vendita dei materiali a CONAI e su libero mercato pari a circa 15€ annue per abitante, (indice di una maggiore qualità del materiale raccolto e di una maggiore efficienza del modello gestionale adottato per la valorizzazione dei materiali da raccolta differenziata) e ai minori costi di conferimento euro tonnellata della frazione organica. Per fare un confronto: Roma, a causa delle peggiori performance, dal CONAI riceve appena 4€ per abitante. Quasi 4 volte meno.
Un primato che parte da lontano
Dai numeri della ricerca e dalla mappatura delle varie città del campione considerato, emerge la leadership di Milano. In città il porta a porta è stato avviato negli anni 90, durante l’emergenza rifiuti dell’epoca, con grande lungimiranza. I suoi costi di gestione, le sue performance e la qualità della raccolta effettuata la posizionano come modello di riferimento, non solo in chiave nazionale.
Riuscire a promuovere e replicare il modello Milano dovrebbe essere l’obiettivo di una efficiente gestione del ciclo dei rifiuti, in chiave di ottimizzazione delle risorse pubbliche, di risultati ambientali, di soddisfazione per i cittadini e non ultima, di possibilità di creare opportunità per “esportare” a livello internazionale tale modello. Il mondo ha infatti una urgente necessità di implementare un miglior rapporto con la montagna di rifiuti che ogni giorno produce.
* L’autore è docente di Public Policies and Management presso la SDA School of Management dell’Università Bocconi e presidente del Green Management Institute