Ucraina, la guerra e i 15 reattori nucleari in zone di conflitto
In Ucraina sono presenti 15 reattori nucleari, distribuiti in 4 siti. La centrale di Chernobyl è caduta nelle mani dell'esercito russo
Aggiornamento 4 marzo – L’esercito russo ha attaccato nella notte tra giovedì 3 marzo e venerdì 4 marzo la centrale nucleare di Zaporizhzhia. La sola ragione per la quale non si è verificata una catastrofe è legata al fatto che i colpi dei carri armati hanno centrato un edificio adibito alla formazione del personale e un laboratorio. Un incendio è divampato ed è stato domato dai pompieri alle prime ore del mattino. I livelli di radioattività sono rimasti nella norma. L’IAEA – il massimo organismo di controllo nucleare a livello mondiale – ha lanciato un nuovo appello ad evitare i combattimenti attorno ai siti atomici dell’Ucraina, confermando una volta ancora il fatto che i reattori, se colpiti, possono provocare una catastrofe. L’esercito russo ha affermato di aver preso il controllo della centrale.
Aggiornamento 25 febbraio ore 14 – In un comunicato, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) ha espresso la propria “profonda preoccupazione” per la situazione attuale del sito nucleare di Chernobyl. L’organismo di controllo ha inoltre lanciato un appello alle parti affinché adottino “la massima prudenza per evitare ogni azione che possa porre i siti nucleari del Paese in pericolo”.
Aggiornamento ore 20 – Le forze militari russe hanno preso il controllo della centrale nucleare di Chernobyl. A dichiararlo è stato un consigliere della presidenza ucraina, Mykhailo Podolyak, secondo il quale “è impossibile affermare che la centrale sia in questo momento sicura, dopo questo attacco totalmente inutile. Si tratta di una delle più serie minacce per l’Europa oggi”.
Aggiornamento ore 17:40 – Fonti governative ucraine hanno smentito il danneggiamento di un sito di stoccaggio di scorie nucleari a Chernobyl. I combattimenti attorno alla centrale sono tuttavia ancora in corso.
Aggiornamento 24 febbraio ore 16.32 – I soldati dell’Ucraina «stanno sacrificando le loro vite per evitare una seconda Chernobyl». A dichiararlo è stato il presidente della nazione europea Zelensky. Combattimenti sono infatti in corso nei pressi di un deposito di scorie nucleari della centrale nella quale, nel 1986, esplose un reattore. Si sono accavallate voci secondo le quali un sito di stoccaggio sarebbe stato colpito, ma per ora non sono state confermate.
Zaporizhzhia è una città industriale dell’Ucraina meridionale, capitale amministrativa dell’omonimo Oblast (provincia). Bagnata dal fiume Dnepr, si trova a 71 chilometri da Dnipro e a 445 da Kiev. Qui è situata una delle cinque centrali nucleari presenti nella nazione europea, sul territorio della città di Enerhodar. L’impianto ospita sei reattori WWER da 1000 MW ciascuno. I primi 5 entrarono in funzione negli anni Ottanta, il sesto nel 1995. Con un totale di 6000 MW, si tratta della centrale nucleare più potente d’Europa.
In Ucraina 15 reattori nucleari ripartiti su quattro siti
La presenza del sito, così come di altri impianti ucraini, preoccupa numerosi osservatori. In caso di guerra tra Mosca e Kiev, i reattori si trasformeranno non solo in possibili obiettivi strategici, ma anche in potenziali minacce per le popolazioni dell’intero Vecchio Continente. Complessivamente, infatti, sono 15 i reattori nucleari presenti in Ucraina, ripartiti su quattro siti. Da loro dipende il 50% dell’approvvigionamento energetico nazionale.
È facile immaginare cosa potrebbe accadere qualora un missile venisse lanciato per errore o intenzionalmente contro una di tali centrali. O se un velivolo militare carico di ordigni dovesse malauguratamente precipitare proprio sopra ad un reattore. «Se fossero colpiti, potrebbero trasformarsi in autentiche bombe radioattive. E la stessa Russia ne sarebbe vittima. Tenuto conto della vulnerabilità delle centrali nucleari ucraine e della devastazione umana e ambientale che si produrrebbe in caso di incidente, il presidente russo Vladimir Putin dovrebbe chiedersi se vale davvero la pena di scatenare un conflitto», ha sottolineato un’analisi di Project Syndacate.
Cosa potrebbe accadere in caso di attacco
Spesso nel caso di conflitti le centrali elettriche vengono prese di mira sistematicamente, poiché in mancanza di energia è difficile continuare a combattere. È facilmente immaginabile, perciò, che l’Ucraina voglia difendere con le unghie e con i denti impianti come quello di Zaporizhzhia. Un conflitto nei paraggi potrebbe però moltiplicare i rischi. Anche soltanto un colpo di artiglieria che colpisse un circuito di raffreddamento di un reattore potrebbe tradursi in una catastrofe. Così come un cyberattacco mirato ai sistemi di alimentazione elettrica di soccorso. Inoltre, si potrebbe temere la fuga da parte di chi opera nei reattori, soprattutto se la guerra fosse vicina.
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Cosa comporterebbe la fusione del nocciolo di un reattore in Ucraina lo sappiamo già. La tragedia di Chernobyl del 1986 è un ricordo ancora vivo per ciascuno di noi. Come ricorda un’analisi di Lifegate, vennero impiegati 800mila “liquidatori”, addetti al controllo degli effetti dell’esplosione. Di questi, 10mila sono morti e 400mila sono affetti da patologie tumorali. Le persone colpite (direttamente ed indirettamente) dall’incidente sono state 3,2 milioni, di cui un terzo bambini.
Ma all’epoca non c’erano battaglie in corso. Cosa accadrebbe alla popolazione locale, come potrebbe essere gestito il panico, in che modo si potrebbero evacuare i civili è qualcosa di mai sperimentato prima. Mai, perché i “precedenti” sono pochi e non paragonabili. Israele ha bombardato delle installazioni sospettate di lavorare alla produzione di armi nucleari in Siria e Iraq. Quest’ultimo ha centrato la centrale Bushehr, in Iran, negli anni Ottanta. Ma si trattava sempre di cantieri, di siti in costruzione. Mai di reattori avviati e a pieno regime.
Pochi e difficilmente paragonabili i precedenti
L’Azerbaigian ha minacciato di distruggere nel 2020 la centrale armena di Metsamor, ma si è guardata bene dal farlo. E fortunatamente i missili Scud di Saddam Hussein mancarono l’impianto di Dimona, in Israele, durante la guerra del Golfo.
Ma «un attacco ad un reattore nucleare sarebbe eccessivo per Putin? Nel corso delle guerre in Afghanistan, Cecenia e Siria – ricorda Project Syndacate – le forze russe hanno mostrato di saper agire senza farsi troppi problemi legati alle norme convenzionali. Inoltre, le guerre comportano delle situazioni aleatorie in generale. I combattenti possono commettere errori. I soldati sul campo possono ignorare gli ordini».
Il giornale porta a questo proposito un esempio. Il 26 marzo 2017 le Forze democratiche siriane, appoggiate dall’aviazione della coalizione internazionale diretta dagli Stati Uniti, attaccarono la diga di Tabqa, controllata dall’Isis. Alta 60 metri e con un lago artificiale lungo 80 chilometri, se avesse ceduto avrebbe inghiottito centinaia di migliaia di civili a valle. Per questo esisteva un ordine perentorio di non bombardarla. Cosa che invece avvenne. Per miracolo, però, la bomba penetrante “bunker buster” non esplose.
L’Ucraina probabilmente chiuderebbe le centrali solo all’ultimo secondo
«In caso di conflitto, la centrale nucleare di Zaporizhzhia si troverebbe a soli 190 chilometri dal fronte nella regione del Donbass – sottolinea il magazine economico americano Forbes -. Ed in particolare sulla sponda est del fiume Dnepr, particolarmente difficile da difendere». Il sito è talmente strategico che «le autorità saranno riluttanti a bloccare i reattori, se non all’ultimissimo secondo. L’Ucraina ha un disperato bisogno di energia».
Così, «sebbene improbabile, un bombardamento diretto potrebbe provocare seri danni alle strutture del reattore – aggiunge Forbes -. E benché le strutture di un reattore siano solide, un attacco alla centrale potrebbe uccidere il personale, distruggere i posti di controllo, gli strumenti di monitoraggio o le infrastrutture legate al raffreddamento. Senza dimenticare le barre di combustibile esausto che si trovano in vulnerabili piscine di raffreddamento. Mentre quello più vecchio che è stoccato a secco in 167 siti». Le centrali nucleari, insomma, non possono dirsi sicure al 100% neppure in tempi di pace. Figuriamoci in mezzo ad una guerra.