Una banca dati per la legalità, contro le infiltrazioni mafiose negli appalti
Per individuare chi abbia commesso reati contro PA o ambiente. E togliere dalle mani delle ecomafie la filiera dei rifiuti e le bonifiche ambientali
Una banca dati per il rispetto della legalità, che permetta di effettuare bonifiche ambientali, presto e bene, impedendo le infiltrazioni mafiose e criminali negli appalti pubblici. Un modello messo in atto dai Carabinieri Forestali e dalla struttura del Commissario Straordinario per le bonifiche delle discariche abusive che è già realtà. E mette a segno un altro punto a favore dello Stato, nella lotta contro le ecomafie.
La filiera della gestione dei rifiuti, delle discariche e dei siti contaminati è, infatti, in Italia a tutt’oggi una delle più «inquinate» dalla criminalità organizzata. Come confermano, sia l’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia (DNA), che il recente rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia.
Banca Dati Legalità: il Commissario Straordinario per la bonifica della discariche abusive Gen. Giuseppe VadalàPer individuare le aziende in odore di ecomafia
«Per fare presto e bene» la task force creata tra Ministero dell’Ambiente e l’Arma dei Carabinieri Forestali in 34 mesi ha bonificato la metà delle discariche abusive, avvalendosi di una serie di protocolli, con gli enti di controllo e le forze investigative. Con l’analisi delle diverse banche dati istituzionali e private, e il loro riversamento in un unico database, gli esperti sono riusciti a individuare l’alto tasso di permeabilità degli appalti pubblici alla malavita organizzata. Facendo emergere, così, anche se in un campione limitato, l’altra faccia del crimine d’impresa. Costituito da coloro che – tra professionisti, tecnici e società – si sono macchiati di reati e delitti contro la Pubblica Amministrazione e l’ambiente.
L’area grigia che vince gli appalti pubblici
«Almeno 70 soggetti a vario titolo impegnati come progettisti, direttori dei lavori, aziende, avevano già commesso ben 128 reati contro la Pubblica amministrazione e 32 contro l’ambiente. Nella fattispecie per inquinamento ambientale, omessa bonifica e traffico illecito di rifiuti ambientali», ribadisce il generale Vadalà. «Su 39 siti da bonificare investigati, abbiamo riscontrato diverse irregolarità. Tanto che abbiamo inviato 23 rapporti alle Procure». Inoltre, sottolinea il commissario, «grazie al protocollo avviato con la Direzione Nazionale Antimafia, su 21 casi analizzati, la stessa DNA ha emesso 9 atti d’impulso, per affidare gli approfondimenti di indagine alle Direzioni Distrettuali Antimafia competenti».
Più si bonifica, meno si pagano sanzioni alla UE
Dati che confermano l’esistenza della cosiddetta zona grigia,appurata anche nelle ultime eclatanti indagini delle DDA . Anche se l’affinamento del metodo investigativo, forse per la prima volta nel nostro Paese, è riuscito a creare un meccanismo di controllo tale da poter prevenire altri illeciti. Riuscendo, al contempo, a realizzare il ripristino di 41 siti e discariche illeciti contro gli 81 per cui l’Italia sta ancora pagando sanzioni all’Europa. «Cosi facendo la sanzione è scesa da 42,8 milioni di euro a 9,6 ogni sei mesi, siamo a metà dell’opera – spiega il commissario Vadalà – Contiamo di completare i lavori e restituire i siti bonificati e messi in sicurezza ai cittadini, entro il 2022».
Creare barriere negli appalti per impedire infiltrazioni mafiose
Ma non basta. «L’attenzione deve essere altissima. Bisogna impedire che le imprese che hanno concorso a creare l’inquinamento possano poi partecipare alle gare per la bonifica». Parole di Federico Cafiero De Raho, Procuratore Nazionale Antimafia, proprio alla presentazione dei risultati della banca dati per la legalità. «Non tutte le imprese sono colluse, ma di certo nell’ambito ambientale la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra si muovono con grande spregiudicatezza». Per rafforzare le azioni di contrasto, sottolinea Cafiero De Raho, «occorre colmare, ancora, alcuni vuoti legislativi».
«Bisogna trasformare in delitti almeno due reati dell’attuale testo unico ambientale, che sono spia dell’azione mafiosa. L’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista dall’articolo 256. E il traffico illecito di rifiuti previsto dall’articolo 259».
Così come, sottolinea il Procuratore Nazionale: «Bisogna impedire che possano partecipare alle gare di appalto le imprese nelle quali ci sono state condanne per reati ambientali e contro la pubblica amministrazione. Si devono creare delle barriere. È un problema che affligge tutte le gare pubbliche e mette in difficoltà le stazioni appaltanti ».
2.044 aziende destinatarie di interdettive antimafia in 4 anni
Come rivelato da Autorità Anticorruzione, tra il 2014 e il 2018, sono state 2.044 le aziende destinatarie di interdittive antimafia. Alcune di esse, però, sono riuscite ugualmente a partecipare a gare d’appalto pubbliche. Tanto che anche l’Autorità Anticorruzione, che ha anch’essa sottoscritto un protocollo con la struttura commissariale del Generale Vadalà, è scesa in campo in modo preventivo. Come ha sottolineato Filippo Romano, a capo della divisione preposta «le stazioni appaltanti possono chiedere l’intervento preventivo dell’Autorità attraverso l’attività di «vigilanza collaborativa». In questo modo atti di gara, clausole e condizioni possono essere predisposti in modo da prevenire i tentativi di infiltrazione criminale. E permettere così il monitoraggio dell’intera procedura di gara, anche a presidio della tutela dei fondi pubblici.
Vuoti legislativi: varchi per le ecomafie
Ma sulle cause che permettono ancora, nel 2020, ad aziende e società, in odore di mafia o oggetto di interdittiva, di partecipare e vincere bandi di gara della Pubblica Amministrazione è intervenuta la senatrice VIlma Moronese (M5S), attuale presidente della Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali al Senato. «Bisogna modificare e ampliare l’articolo della legge 190 del 2012 che istituisce l’elenco delle attività d’impresa che possono a rischio mafioso – ha dichiarato a Valori – È assurdo che in questo elenco non risultino ad oggi quelle categorie che operano nel campo della bonifica dei siti contaminati, nella gestione e nel trattamento di rifiuti e discariche». Secondo la senatrice Moronese l’emendamento dovrebbe essere inserito nel cosiddetto «collegato ambientale».
Sen. Vilma Moronese (M5S), presidente della Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali.
Sergio Costa: la norma sulle modifiche non funziona, sarà modificata
Osservazioni che il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, come ha preannunciato a Valori, accoglierà. «È importante modificare la norma sulle bonifiche per renderla vigorosa, concreta e veloce – ribadisce il ministro Costa – Ringrazio il Generale Vadalà e tutta la task force per l’opera preziosa che deve diventare l’ordinarietà».
«Ma se siamo stati siamo costretti a nominare dei commissari, vuol dire che la norma in vigore non funziona», continua il ministro, annunciando che «la modifica avverrà attraverso il collegato ambientale» che dovrebbe approdare in consiglio dei ministri a marzo. Per gestire questo passaggio è stata istituita, all’interno del dicastero, una nuova direzione destinata alle bonifiche ambientali. Assicura il ministro Costa: «In questo modo il ministero dell’Ambiente sarà già pronto ad accogliere le novità legislative».