Più che un giornale di strada: zebra., una storia a tutto tondo

Si chiama zebra., è scritto in italiano e tedesco ed è un giornale di strada e un progetto di accompagnamento per persone in difficoltà

© Anna Mayr

La Rete Internazionale dei giornali di strada censisce 92 realtà, distribuite in 35 Paesi e scritte in 25 lingue. In tutto, le riviste appartenenti al network arrivano a più di tre milioni di persone in tutto il mondo e, dalla pubblicazione del primo street paper nel 1989, hanno sostenuto più di 390 mila persone in povertà, senza dimora o appartenenti a diverse categorie sociali fragili. Stando agli ultimi dati, in questo momento nel mondo ci sono quasi seimila venditori. 

In Italia il primo giornale di strada è stato Piazza Grande, nato a Bologna nel 1993. Sono arrivati poi Scarp de’ tenis a Milano, l’Osservatore di Strada a Roma, Facci un Salto, a Napoli e Palermo, Foglio di Via a Foggia e zebra., nato nel 2014 a Bressanone, cui è dedicata la Storia dal futuro di oggi.

Un giornale di strada, un progetto di accompagnamento a tutto tondo

«Siamo una rivista bilingue: italiano e tedesco», mi spiega Alessio Giordano, che gestisce la redazione insieme a Valentina Gianera. Questo non vuol dire che gli articoli siano tradotti in entrambe le lingue, come specifica: «I nostri contributi sono nell’una o nell’altra lingua, per scelta. Come organizzazione crediamo che la comprensione della seconda lingua, in un territorio come il nostro, sia fondamentale. È uno degli obiettivi ideali ai quali ambiamo». 

La rivista, racconta Alessio, è nata guardando al mondo tedesco e austriaco, dove i giornali di strada erano una tradizione radicata ben prima dell’arrivo di Piazza Grande. Anche se la tendenza degli ultimi anni è di guardare anche «verso sud», all’interno di un processo di allargamento delle prospettive che il gruppo sta compiendo.

zebra Anna Mayr
© Anna Mayr

«Io sono arrivato nel 2017, ma in questi anni ho visto quanto il progetto sia cresciuto e maturato. Diciamo che appena nati, nel 2014, eravamo un giornale di strada che coinvolgeva persone in difficoltà economica consentendo loro di guadagnare qualche soldo. Col passare del tempo ci siamo evoluti in un progetto di accompagnamento a tutto tondo nel percorso di vita con la ricerca di casa, lavoro, supporto burocratico eccetera».

Sono 52 le persone supportate oggi da zebra.

zebra. al momento supporta 52 persone con diversi gradi di impegno. C’è chi si dedica alla vendita del giornale tutti i giorni, chi lo fa part time o in maniera occasionale per integrare le proprie entrate. Il costo di ogni copia è di 1,50 € per gli utenti, che poi la rivendono a 3 €. «In questo modo – spiega Alessio – il guadagno medio oscilla tra i 300 e i 400 euro al mese. È un supporto per coprire le spese primarie, che accompagniamo poi all’azione sociale fatta dalle nostre assistenti sociali».

Le persone supportate sono di estrazione e storia personale diverse. «Siamo partiti dal modello classico del giornale di strada, coinvolgendo persone senza dimora, ma da alcuni anni il team di venditori è composto da persone richiedenti asilo o già titolari di una protezione».

Il territorio è cambiato, mi spiega Alessio, e con esso il target. «Se prima i problemi principali che affrontavamo erano legati alla tutela della salute, alle dipendenze di vario genere, adesso la questione fondamentale è la ricerca di un lavoro e, soprattutto, di un alloggio». La situazione territoriale, mi racconta, è drammatica: «So che è un problema diffuso in tutta Italia, ma qui davvero i prezzi sono esorbitanti e c’è molto razzismo. Il grosso del team è composto da uomini nigeriani e per loro trovare un appartamento o una stanza in affitto con regolare contratto è sempre più complicato».

Il giornalismo che racconta e costruisce soluzioni

La rivista ha una tiratura post Covid di 10mila numeri mensili, venduti a un pubblico particolarmente fidelizzato. «Il legame è forte anche per il lavoro di costruzione di un’identità che abbiamo fatto. Lavoriamo secondo il principio del giornalismo costruttivo: non raccontiamo solo i problemi, ma cerchiamo anche di fornire soluzioni, magari da altri contesti nazionali o internazionali». 

Negli anni, spiega, hanno cercato di porre sotto i riflettori i problemi che gli stessi venditori incontrano ogni giorno nelle proprie vite. «Alla base del nostro lavoro c’è il tema dell’incontro tra chi vende il giornale e chi lo acquista. E questo a volte dà anche importanti soddisfazioni». Come quella volta, mi racconta, che un venditore cercava una soluzione abitativa per sé e la propria compagna, prossima al parto. Lei avrebbe potuto essere accolta da una struttura che però avrebbe lasciato fuori lui. «Un cliente ha messo a disposizione un appartamento in affitto, quindi è una storia finita bene». 

Larry Ugiagbe Efosa, venditore di zebra., durante un workshop Alessio Giordano
Larry Ugiagbe Efosa, venditore di zebra., durante un workshop © Alessio Giordano

Nel 2020, racconta, con il lockdown hanno dovuto interrompere le vendite per due mesi. Per sopperire alla mancanza di entrate per i venditori, hanno avviato un crowdfunding. «Avevamo calcolato la media mensile di vendite di tutte le persone coinvolte, e siamo riusciti a garantire a ognuno di loro l’80% della cifra». Quando invece è arrivato il secondo lockdown è stata la vendita presso gli esercizi commerciali a garantire le risorse a chi non poteva più stare in strada. 

«Non parliamo di cronaca, ma di attualità»

In un anno zebra. pubblica 10 numeri: otto sono mensili, mentre sono aggregate le edizioni di dicembre e gennaio e di luglio e agosto. A eccezione di quest’anno. «A ottobre è il nostro compleanno e vogliamo farlo coincidere con la pubblicazione del numero 100, quindi – ride – dovremo far uscire anche agosto!». 

Oltre ai numeri canonici, ci sono alcuni prodotti extra, come per esempio un calendario e un’agenda 16 mesi. Il film “zebra. Die Straßenzeitung für Südtirol” (zebra. Il giornale di strada per l’Alto Adige). Il libro illustrato “Djamila Bouhired. Ein mutiger Kampf gegen den Kolonialismus” (Djamila Bouhired. Una coraggiosa lotta contro il colonialismo), secondo di una collana avviata lo scorso anno con un volume biografico dedicato agli eroi della resistenza contro il colonialismo europeo, in cui si racconta la vita della rivoluzionaria algerina Djamila Bouhired. Ma ci sono anche prodotti di intrattenimento più leggero come il blocco di quiz di enigmistica e zebra. kids. 

«Subito dopo il Covid il settore dei giornali di strada è andato un po’ in crisi, in tutto il mondo. Le persone si sono impoverite, sono meno propense a spendere soldi». Questo, insieme all’età anagrafica abbastanza alta di gran parte del pubblico, ha spinto la redazione a ragionaree su come evolversi per attirare giovani. «Stiamo sperimentando nuovi linguaggi, lavorando su grafiche, illustrazioni. Il pubblico risponde, abbiamo ricevuto riscontri positivi».

«Era zebra., ma non era zebra.»

Una di queste sperimentazioni ha visto una collaborazione con la facoltà di design e arti dell’università di Bolzano: «Gli abbiamo dato carta bianca e hanno costruito da zero un numero di zebra. a modo loro. È stato affascinante perché il prodotto finale non era zerba., ma era comunque zebra. Era la nostra rivista dagli occhi di chi si occupa di arte, con le potenzialità di chi si occupa di questi temi ci vede. Ci ha insegnato molto questa esperienza, anche in termini di apertura. E la risposta, per numero di vendite, è stata davvero buona».

Tra le sperimentazioni fisse c’è il numero di marzo che, ogni anno a eccezione di questo, è realizzato insieme alle scuole del territorio, creando una classe mista per età e provenienza che diviene redazione grazie al supporto del team di zebra.. «Lo scorso anno il tema sono stati i confini». Ogni numero della rivista è dedicato a un tema. «Non trattiamo la cronaca, ma stiamo sulle questioni politiche attuali in senso lato».

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Foto di gruppo a zebra., settembre 2023 © Anna Mayr

Una rete di collaboratori, freelance e giornalisti

Alessio e Valentina coordinano il lavoro di una rete di collaboratori, freelance e giornalisti che ogni mese arricchiscono la rivista: «Abbiamo anche a disposizione un piccolo budget perché per noi è fondamentale riconoscere il loro lavoro. Lavoriamo molto sui diritti, sul lavoro dignitoso, non potrebbe essere altrimenti».

Ho chiesto ad Alessio se ci sono numeri di cui è particolarmente fiero. «Quello di dicembre 2019/gennaio 2020, in cui abbiamo trattato la questione delle persone senza dimora e delle emergenze freddo che ogni anno vengono ciclicamente evocate, denunciando il fatto che si definisce “emergenza” una situazione atavica di fronte alla quale ci si fa trovare impreparati». Per quel numero, racconta Alessio, si sono confrontati con un’organizzazione viennese, Neunerhaus, che si occupa di housing first.

«Sono molto contento di come abbiamo parlato di CPR, che sono una vergogna di questo territorio che si finge non esista. A luglio e agosto 2023 ci siamo occupati di sesso e sex workers, mentre a dicembre e gennaio di quest’anno abbiamo ragionato molto del rapporto tra l’uomo e il lupo, che qui è un tema molto sentito per evidenti ragione geografiche». Secondo loro, prosegue, è una metafora molto forte delle migrazioni e, proprio come quel tema, polarizza fortemente il dibattito sul territorio.

Alessio Giordano Fedele Costadura INSP
Alessio Giordano © Fedele Costadura/INSP

OEW: l’organizzazione che punta a smettere di esistere

zebra. fa parte delle attività di OEW – Organizzazione per Un mondo solidale, l’associazione capo che gestisce la rivista tra altri progetti. Anche questa realtà ha una storia molto lunga sul territorio: il prossimo anno compirà 35 anni. Se in passato il focus principale era la cooperazione internazionale, con gli anni ci si è concentrati molto di più sul lavoro di formazione e divulgazione nelle scuole: «Teniamo laboratori sul consumo consapevole, sulla diversità e sulla convivenza». Diverse le campagne tematiche e le azioni promosse: uno di questi è Fashion for Future, un percorso di diverse settimane sulla moda sostenibile con laboratori di upcycling, visite presso produttori locali virtuosi, attività di formazione specifica sul tema. 

«zebra. ha due pilastri: il nostro lavoro di redazione e il lavoro degli operatori sociali. Non siamo una semplice rivista: dobbiamo sempre avere l’occhio attento a quello che accade nell’altro ambito». Che non sempre fila liscio come vorrebbero. Le difficoltà sono quelle già elencate: delle 52 persone coinvolte, circa 35 hanno problemi abitativi, trovare un lavoro regolare è sempre complicato, e spesso i titolari delle imprese oppongono pretesti burocratici alle assunzioni regolari, costringendo gli operatori a intervenire, leggi alla mano. «Siamo nel 2024 e la gente ancora vive il fenomeno migratorio come un’anomalia. I meccanismi di accoglienza spesso ricordano quelli della prigionia, non si lavora sulle persone e il loro progetto di vita, ma è tutto impostato sull’infantilizzazione, la deresponsabilizzazione: ti dicono a che ora devi alzarti, a che ora andare a letto, dove puoi andare e dove no…». 

Questo dà tanto da pensare, quando si guarda al futuro. Alessio mi ha raccontato così la massima ambizione di questo progetto: «Smettere di esistere. Se arrivassimo a una situazione in cui non ci sono persone marginalizzate che hanno bisogno di noi, ecco: avremmo compiuto la nostra mission».


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