La crisi energetica può aiutare Europa, Cina e India a ridurre le emissioni
Secondo uno studio, i vantaggi della transizione, ma anche la crisi energetica, possono aiutare le tre potenze a ridurre le loro emissioni
Le opportunità economiche derivanti dalla transizione ecologica e la corsa all’abbandono del gas russo per aumentare la sicurezza energetica e ridurre i costi possono aiutare tre dei quattro maggiori responsabili mondiali della dispersione di CO2 nell’atmosfera – Cina, Unione europea e India (il quarto sono gli Stati Uniti) – in traiettoria per ridurre le proprie emissioni. Anche oltre le stime fissate nei loro obiettivi ufficiali. A spiegarlo è un nuovo studio della Energy & Climate Intelligence Unit (Eciu) di Londra.
In Cina più rinnovabili e auto elettriche
Lo studio, presentato durante i lavori della Cop27 in Egitto, rivela che la Cina, alla fine di quest’anno, avrà installato 165 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile, il 25% in più dell’anno scorso. Inoltre, le vendite di auto elettriche nella nazione asiatica raddoppieranno rispetto al 2021, arrivando a 6 milioni di nuovi veicoli.
In totale, il governo cinese ha installato oltre 260 Gigawatt (dati Global Energy Monitor) di capacità di generazione da energia eolica, più del doppio degli Stati Uniti d’America e più di un quarto del totale mondiale. Nel 2021, ha installato inoltre 26 Gigawatt di capacità eolica offshore: più di quanto sia stato installato a livello globale negli ultimi cinque anni.
Un segnale incoraggiante, contando che la Cina da sola genera tra un terzo e un quarto delle emissioni globali. E gli Stati Uniti, nel 2022, saranno secondi solo a Pechino per installazione di nuovi pannelli fotovoltaici: le stime prevedono che nel 2030 le rinnovabili genereranno l’85% dell’elettricità nel Paese e le auto elettriche saranno la metà delle nuove auto vendute.
La sorpresa arriva dall’India
Ma le sorprese, leggendo il report, vengono dall’India: in questo decennio, il terzo produttore di emissioni svilupperà in modo consistente il settore delle rinnovabili, in particolare il solare, mentre si assisterà al declino del carbone, non tanto per questioni politiche ma perché non converrà più economicamente. Secondo Eciu, la diffusione di auto elettriche contribuirà a permettere all’India di raggiungere il suo obiettivo di zero emissioni nette al 2070.
E mentre assistiamo all’annuncio dell’Unione europea che sta per aumentare il suo impegno di taglio delle emissioni al 2030 dal 55% al 57%, sempre l’India ha tentato (invano) di far inserire nella dichiarazione finale di Sharm el-Sheik la richiesta di un phase-down (uscita progressiva) da tutte le fonti fossili. Non solo dal carbone, dunque, ma anche da petrolio e gas.
Cop27
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C’è da essere ottimisti. O no?
La buona notizia c’è ma attenzione ai toni trionfalistici. L’Ndc (Nationally determined contribution) della Cina prevede una graduale decarbonizzazione della sua economia, per almeno il 65%, entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Con raggiungimento della cosiddetta net zero ( l’azzeramento delle emissioni nette di CO2) entro e non oltre il 2060. Ma nonostante gli sforzi annunciati, secondo l’analisi di Climate Action Tracker, questi obiettivi non risultano essere in linea con quello di frenare il riscaldamento globale alla soglia degli 1,5 gradi centigradi. Anzi, a questo ritmo l’aumento della temperatura globale potrebbe comunque raggiungere i 3-4 gradi.
La stessa cosa vale per l’India: nonostante il calo delle emissioni, le centrali a carbone sono ancora in funzione e il governo ne sta costruendo di nuove. Anche gli Stati Uniti hanno fatto progressi, ma sono sotto la sufficienza: sotto la presidenza di Joe Biden gli Usa sono rientrati nell’Accordo di Parigi. E hanno rilanciato una NDC più ambiziosa di prima. Con una riduzione prevista delle emissioni del 50-52% entro il 2030. Un notevole salto in avanti, ma che di fatto non è comunque in linea con l’obiettivo climatico globale. Per raggiungerlo, gli Stati Uniti devono puntare a un taglio del 57-63% delle emissioni, al fine di restare negli 1,5 gradi.
E l’Unione Europea? Il nostro continente potrebbe prendere la direzione giusta, anche considerando la crisi energetica in corso. È di pochi giorni fa la notizia che la Commissione europea intende dichiarare qualsiasi progetto di energia rinnovabile “di interesse pubblico”. E snellire così le autorizzazioni che stanno rallentando la transizione energetica. Eppure, ancora troppi Stati membri – tra cui l’Italia – stanno puntando su nuovi progetti di estrazione e produzione di gas.