Cop27. Emissioni, loss and damage, finanza: tutte le decisioni e le reazioni

La Cop27 è terminata. Un primo passo sulla giustizia climatica, ma zero avanzamenti sulla questione centrale delle emissioni di CO2

La Cop27 di Sharm el-Sheikh © UNClimateChange/Flickr

Introdotto il principio di un nuovo fondo per rispondere alle perdite e danni (loss and damage) patiti dai paesi più poveri e vulnerabili della Terra di fronte ai cambiamenti climatici. Ma zero avanzamenti dal punto di vista della mitigazione degli stessi. Ovvero dell’abbassamento delle emissioni di gas ad effetto serra. La ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop27 di Sharm el-Sheikh si è conclusa all’alba di domenica 20 novembre. Dopo un giorno e mezzo di negoziati “extra”, risultati necessari per via dell’impossibilità di trovare un accordo nelle due settimane di trattative cominciate lo scorso 6 novembre.

«Senza sforzi per gli 1,5 gradi, non avremo mai i soldi necessari per rispondere alla crisi climatica»

«Se non limiteremo la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi, non avremo mai abbastanza denaro a disposizione per rispondere alle perdite e ai danni causati dai cambiamenti climatici». Il riassunto di ciò che è accaduto alla Cop27 è tutto qui. L’osservazione era arrivata nel pomeriggio di sabato da Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione europea. Che aveva perfino minacciato di far saltare il banco: «Meglio un non accordo che un cattivo accordo».

Giusto, dunque, creare finalmente – dopo anni di richieste e di fronte agli impatti devastanti del clima – un fondo per sostenere le nazioni più esposte e meno responsabili dei cambiamenti climatici. Ma la mancanza di ambizione sul calo delle emissioni globali non farà altro che aggravare drammaticamente la crisi. Fino a quando, appunto, il fondo risulterà di fatto inutile.

Guterres: «Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni e la Cop27 non ha dato risposte»

Non a caso, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha sottolineato: «Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni e farlo ora. Ed è una questione alla quale la Cop27 non ha dato risposte». «Il mondo non ci ringrazierà quando, domani, da noi sentirà arrivare solo scuse – ha aggiunto Timmermans -. Ciò che abbiamo fatto è un passo avanti troppo limitato per gli abitanti della Terra. Non abbiamo visto sforzi supplementari da parte dei principali responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra».

Ciò nonostante, l’accettazione da parte della comunità internazionale del principio secondo il quale occorre mettere mano al portafoglio per riparare i danni generati dal riscaldamento globale rappresenta certamente un passo avanti. E il principale obiettivo raggiunto dalla Cop27. Che si teneva in Africa e dunque, inevitabilmente, aveva concesso un occhio di riguardo alla questione.

Sul loss and damage un avanzamento storico ma carico di interrogativi

«Si tratta di un passo importante sul fronte della giustizia climatica – ha precisato Guterres -. Accolgo con favore la decisione di creare un fondo e di renderlo operativo in un futuro prossimo. È chiaro che questo non basta, ma è un segnale politico necessario per ricostruire una fiducia (tra Nord e Sud del mondo, ndr) che era stata minata».

I negoziati alla Cop27 in Egitto rischiano di concludersi con un cocente fallimento
I negoziati sul clima alla Cop27 in Egitto ha portato ad un fallimento sulla questione della mitigazione © UNClimateChange/Flickr

Ciò detto, gli interrogativi sona ancora molti. Il testo indica infatti, in modo per ora generico, di aver «deciso di creare un fondo di intervento in caso di perdite e danni». Affiancato da un «comitato di transizione» che sarà incaricato di stabilire le regole di funzionamento del nuovo strumento. Non è noto, infatti, ad oggi, in che modo questo fondo verrà finanziato, da chi, e soprattutto quali saranno i Paesi beneficiari. Con la Cina che, nonostante il gigantesco quantitativo di emissioni di gas ad effetto serra che disperde ogni anno in atmosfera e nonostante sia ormai una potenza industriale globale, si ostina a voler rimanere classificata come nazione in via di sviluppo. Proprio per poter accedere ai fondi.

Perché quella del fondo per le perdite e danni è una partita tutta da giocare

La partita, insomma, è tutta da giocare. Il comitato dovrebbe fornire le prime raccomandazioni alla prossima conferenza, la Cop28 che si terrà a Dubai nel 2023. Non è eccesso di pessimismo immaginare già uno scontro mondiale sulla questione.

D’altra parte il principio secondo il quale i Paesi ricchi debbano fornire assistenza a quelli più poveri era già stato stabilito nel lontano 2009 alla Cop15 di Copenhagen. All’epoca, fu detto che le nazioni più abbienti avrebbero dovuto stanziare 100 miliardi di dollari all’anno per consentire a quelle più svantaggiate di adattarsi, ma quella promessa, 13 anni dopo, non è mai stata mantenuta per intero.

Tutte le decisioni prese alla Cop27 di Sharm el-Sheikh

La Cop27, però, non è stata solo l’avanzamento sul principio di un fondo per il loss and damage e lo stallo sulla mitigazione. Altre questioni sono state affrontate, altre promesse avanzate, altri cambiamenti ipotizzati dalle quasi 200 nazioni che hanno partecipato alla conferenza in Egitto.

1 – L’Unione Europea ha annunciato maggiore ambizione climatica

Nel corso della Cop27 Timmermans annunciato che l’Unione Europea è pronta studiare una riduzione delle proprie emissioni di gas ad effetto serra pari al 57%, di cui al 2030, rispetto ai livelli del 1990. Un dato in aumento rispetto all’attuale obiettivo, fissato al 55%.

L’annuncio, tuttavia, è stato criticato dalle organizzazioni non governative: «Un aumento di due punti percentuali è ben lontano dal 65% di cui avremmo bisogno. Ovvero ciò che allineerebbe l’Unione Europea all’obiettivo degli 1,5 gradi», ha dichiarato Chiara Martinelli, direttrice del Climate Action Network in Europa.

2 – L’Iniziativa di Bridgetowm che punta a riformare il sistema finanziario mondiale

La proposta è stata avanzata dalle Barbados. La prima ministra dello Stato insulare, Mia Mottley, ha chiesto di rivedere gli statuti del Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Banca mondiale. L’iniziativa, battezzata “Bridgetown” dal nome della capitale della nazione dell’America centrale, punta a rendere più semplice il finanziamento da parte dei due organismi internazionali delle infrastrutture necessarie per adattarsi ai cambiamenti climatici.

A sostenere Mottley è la stessa direttrice del Fmi, Kristalina Georgieva, e la speranza è che il seme gettato alla Cop27 possa portare ad una proposta concreta nella prossima primavera. Si tratterebbe di un cambiamento epocale, e per questo c’è da attendersi negoziati complessi anche su questo fronte.

Più in generale, di finanza si è parlato soprattutto in una giornata dedicata, il 9 novembre. Adriana Kocornik-Mina, della Global Alliance for Banking on Values (GABV) era a Sharm el-Sheikh: «Quel giorno si sono svolti centinaia di eventi, coprendo tutto: dai rapporti sui progressi ottenuti, alle soluzioni che necessitano di finanziamenti. Dalle piattaforme per le partnership agli strumenti necessari. Tra cui tassonomie, benchmark e quelli utili per garantire che la transizione sia giusta».

«Alcuni grandi investitori – prosegue Kocornik-Mina -, proprietari di asset valutati dalla World Benchmarking Alliance si sono detti meravigliati per le scarse performance ottenute. Ed è stato sorprendente sentirli legittimare efficacemente l’esercizio di benchmarking».

Tuttavia, qualcosa si è mosso alla Cop27: «Il ruolo della cultura e la necessità di perseguire un’azione per il clima integrata, globale e olistica come nuovo business as usual è emersa, in un modo o nell’altro, in oltre la metà dei panel a cui ho partecipato. Ed è stata condivisa da attori che vanno da consulenti, a grandi aziende e a attori della finanza. È stato incoraggiante».

3 – Uno scudo finanziario contro i rischi climatici

Il 14 novembre il gruppo dei Paesi più vulnerabili (V20) e il G7 hanno annunciato il lancio di uno Scudo globale (Global Shield) contro i rischi climatici. Anche in questo caso l’obiettivo è aiutare le popolazioni più vulnerabili a finanziare la risposta agli impatti dei cambiamenti climatici.

Finora, però, la dotazione risulta assolutamente insufficiente: sono stati promessi solo 210 milioni di euro. I primi beneficiari dovrebbero essere Bangladesh, Costa Rica, Figi, Ghana, Pakistan, Filippine e Senegal.

4 – Un partenariato per una transizione energetica giusta

Lanciato già nel corso della Cop26 di Glasgow, il Partenariato per una transizione energetica giusta (JETP) ha visto l’adesione di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea, che si erano impegnati a versare 8,5 miliardi di dollari per sostenere la decarbonizzazione delle economie meno avanzate.

Nel corso del G20 che si è tenuto a Bali, negli stessi giorni della Cop27, è stato siglato un nuovo accordo tra l’Indonesia, da una parte, è un gruppo di nazioni ricche dall’altra. In cambio dei finanziamenti, la nazione asiatica si è impegnata a chiudere le proprie centrali a carbone e raggiungere un picco di emissioni non oltre il 2030.

5 – Lanciati i Piani di prosperità climatica

Alla Cop27 di Sharm el-Sheikh sono stati anche lanciati, da parte dei Paesi del Sud del mondo, dei nuovi Piani di prosperità climatica. Il loro obiettivo è di finanziare progetti che siano in grado di aggredire la crisi ma, al contempo, stimolare la crescita economica e creare posti di lavoro.

Il primo Paese a lanciare un piano di prosperità climatica era stato, nel 2021, il Bangladesh. In Egitto, si sono aggiunti il Ghana, le Maldive e lo Sri Lanka.

6 – Riaffermato l’obiettivo degli 1,5 gradi, ma stabilito un pericoloso precedente

Benché si fosse vociferato di un possibile, clamoroso, abbandono dell’obiettivo, il principio secondo il quale il mondo deve puntare ad una limitazione dell’aumento della temperatura media globale ad 1,5 gradi centigradi è stato riaffermato.

Il testo finale della Cop27 di Sharm el-Sheikh, tuttavia, si limita a riproporre la formulazione contenuta nell’Accordo di Parigi: «Occorre limitare l’aumento nettamente al di sotto dei 2 gradi e proseguire gli sforzi per rimanere il più possibile vicini agli 1,5» Il solo fatto che sia stato ipotizzato di abbandonare la pietra miliare della Cop21 della capitale francese, tuttavia, rischia di rappresentare un pericoloso precedente, in vista delle prossime conferenze.

Per lo meno, il testo uscito dal summit egiziano ricorda che «gli impatti dei cambiamenti climatici saranno molto più limitati se si centrerà l’obiettivo degli 1,5 gradi».

7 – Carbone e energia: pochi passi avanti

Per quanto riguarda l’abbandono del carbone, la fonte fossile in assoluto più dannosa per il clima, i passi in avanti sono stati decisamente scarsi. Ci si è limitati infatti a chiedere di «accelerare gli sforzi per una riduzione progressiva dell’uso senza sistemi di recupero della CO2». Nonché per «eliminare le sovvenzioni “non efficaci” i combustibili sono fossili». Con tutto ciò che rischia di comportare la formula anodina sull’efficacia.

Il testo finale della Cop27, inoltre, chiede di accelerare una transizione giusta verso le energie rinnovabili. È stata invece respinta la richiesta delle nazioni che chiedevano di menzionare anche la necessità di una riduzione (phase down) dallo sfruttamento di petrolio e dal gas.

Cop27: le reazioni delle diplomazie internazionali, tra delusione e speranza

Di fronte all’impianto complessivo uscito dalla conferenza, l’Unione europea si è detta «delusa» domenica mattina. Similmente, il ministro degli Affari esteri della Germania, Annalena Baerbock, ha sottolineato «i passi avanti sul fronte della giustizia climatica dopo anni si stagnazione». Ma ha evidenziato che «il mondo perde ulteriore tempo prezioso sulla traiettoria verso gli 1,5 gradi».

Posizione condivisa dalla diplomazia della Francia: il presidente Macron sabato aveva bollato come «largamente insufficiente» il solo principio di introdurre un fondo per le perdite e danni. «Ogni volta che c’è un problema – ha affermato – si crea un fondo. Ma quale sarà la governance? Chi ci metterà i soldi?». Mentre il ministro francese della Transizione energetica Agnès Pannier-Runacher ha evidenziato che «nessun avanzamento è stato ottenuto sugli sforzi supplementari necessari per ridurre i gas ad effetto serra. È una vera delusione». E Laurence Tubiana, che nel 2015 si spese per l’Accordo di Parigi, ha ricordato che «l’influenza del settore delle energie fossili è stata onnipresente. La Cop27 ha reso meno stringenti gli obblighi dei paesi di presentare nuovi impegni più ambiziosi».

Il G77+Cina: erano 30 anni che aspettavamo

Resta, in conclusione, da aggrapparsi alla questione del loss and damage: «Abbiamo lottato per trent’anni, oggi a Sharm el-Sheikh questa epopea ha consentito la nascita di un primo risultato positivo. La creazione di un fondo non è una questione di carità. È chiaramente un primo acconto sugli investimenti a più lungo termine necessari per l’avvenire comune e per la giustizia climatica», ha affermato Sherry Rehman, presidente del gruppo G77+Cina.

Il mondo, ancora una volta, ha dunque scelto di non accelerare nella lotta ai cambiamenti climatici. La storia non potrà che condannare chi oggi, che sia per mancanza di coraggio o per incompetenza, sta scegliendo di non garantire un futuro alle prossime generazioni.