Crisi bancarie, l’Europa fatica ancora a dotarsi di regole uniche
I ministri delle Finanze europei appaiono distanti sul meccanismo di salvataggio bancario proposto dalla Commissione europea
Si torna a parlare delle regole europee su salvataggi e fallimenti bancari. Una normativa di importanza fondamentale, anche alla luce delle vicende delle ultime settimane. Ricordiamo la crisi partita negli Stati Uniti con la Silicon Valley Bank, arrivata dopo pochi giorni a Credit Suisse, fino a interessare la stessa UE con il crollo in Borsa di uno dei suoi maggiori gruppi, la Deutsche Bank.
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Francia e Germania continuano a frenare sul completamento dell’Unione bancaria
Se le crisi bancarie sono quindi tornate al centro dell’attenzione, il percorso per completare la normativa europea rimane accidentato e incerto. Nei prossimi giorni la Commissione trasmetterà una proposta a Parlamento e Consiglio europei, nella speranza di arrivare a un testo condiviso che possa essere approvato prima della fine dell’attuale mandato. Il tempo non è molto, visto che nel corso del 2024 si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, e dopo pochi mesi la nomina di una nuova Commissione.
Se le istituzioni europee vogliono quindi accelerare, al contrario sembra che alcuni governi nazionali continuino a frenare, e Francia e Germania in particolare.
Sono anni in realtà che i tedeschi, ma anche altri governi del Nord Europa, bloccano o comunque rinviano il completamento dell’Unione bancaria in Europa. Un percorso che si articola in tre pilastri. Il primo prevede lo spostamento della vigilanza sulle banche dai livelli nazionali a quello europeo. Il secondo un meccanismo di risoluzione unica delle crisi bancarie. Il terzo un sistema unico di garanzia dei depositi.
Sulle garanzie sui depositi le maggiori divergenze
Ed è proprio su questo terzo pilastro che le divergenze sono più forti. Semplificando, il meccanismo dovrebbe prevedere che i conti correnti di tutti i cittadini dell’Unione Europea siano garantiti da un unico fondo europeo, alimentato dalle stesse banche. Da sempre i governi del Nord Europa temono che le loro banche e i loro cittadini possano dovere sostenere il costo di eventuali crisi bancarie che dovessero colpire i Paesi del Sud del continente, considerati più fragili. Proprio le vicende delle ultime settimane, e il caso Deutsche Bank in particolare, sembrerebbero evidenziare una situazione ben diversa. Ma questo non ha fatto cambiare idea ai governi più refrattari.
Dal 2015 esiste in Europa un Comitato di risoluzione unico dotato di un Fondo di risoluzione unico. Il problema è che tale strumento è stato utilizzato unicamente due volte dalla sua nascita (per la banca spagnola Banca Popular, acquistata da Santander nel 2017 e per la filiale della russa Sberbank nel 2022). Più spesso continuano a essere messi in piedi meccanismi di salvataggio su scala nazionale, in particolare per le banche di dimensione medio-piccola.
I meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie riguardano di fatto solo i grandi istituti
Di fatto i meccanismi europei di risoluzione delle crisi bancarie riguardano ancora oggi i gruppi di maggiore dimensione, detti “di importanza sistemica” nel gergo finanziario. Per le banche medio-piccole si continua a fare affidamento sui fondi di garanzia dei depositi che esistono su scala nazionale. Le Commissione vorrebbe superare questa situazione e arrivare a un sistema unico europeo di garanzia dei depositi. Come riporta un articolo del quotidiano francese Les Echos, questa proposta si scontra con le perplessità, se non l’aperta opposizione, in primo luogo di Francia e Germania. Uno degli argomenti sostenuti da questi Paesi è legato al rischio di smantellare un sistema di protezione che fino a oggi ha funzionato, come i sistemi nazionali di garanzia sui depositi, per passare a un regime di risoluzione delle crisi che però è cucito su misura per i gruppi di maggiore dimensione.
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Che questa o altre critiche siano fondate o meno, rimane un problema di fondo. Sin dalla sua nascita, L’Unione Europea ha promosso una libera circolazione dei capitali e una liberalizzazione dei servizi finanziari per tutti i Paesi membri. Buona parte delle regole, in particolare riguardo la gestione delle crisi bancarie, dipende però ancora da normative nazionali. Da un lato questo può portare a un arbitraggio normativo, e peggio ancora a una “corsa verso il fondo” in materia di obblighi e controlli, dove ogni nazione dell’UE prova a renderli più semplici – se non più deboli – possibili, in modo da attrarre banche e gestori finanziari.
Le regole nazionali rischiano di trasformarsi in una competizione
Un percorso che assomiglia più a una competizione che non a una “Unione” Europea. Dall’altro lato, in caso di crisi c’è il rischio concreto che ogni Paese venga lasciato a se stesso, nuovamente in aperto contrasto con l’idea stessa di solidarietà su cui dovrebbe fondarsi l’Unione Europea.
O si decide che gli interessi nazionali siano prioritari, ma allora bisognerebbe ridiscutere anche la completa liberalizzazione di ogni movimento di capitale e strumento finanziario, o si va verso una vera Unione Europea, mettendo da parte interessi egoistici e legati al consenso elettorale del singolo governo.
Considerando la frequenza e la forza con cui colpiscono crisi bancarie e finanziarie, non possiamo continuare a rimanere in mezzo al guado. Esattamente dove si trova, da anni, la proposta di normativa sull’Unione Bancaria.