Il paradosso: i sussidi ai combustibili fossili continuano ad aumentare
La crisi dell'energia e la ripresa post-Covid hanno innescato un preoccupante incremento dei sussidi ai combustibili fossili
Si può discutere su quali siano gli approcci più efficaci per arginare il riscaldamento globale prima che sia troppo tardi, ma c’è un principio che ormai dovrebbe essere cristallino. Visto che le fonti fossili sono le sue principali responsabili, bisogna scoraggiarne l’uso. Con tutti i mezzi: tecnologici, culturali, legali, economici. Sembra una tautologia. Eppure, ancora oggi, gli Stati spendono montagne di denaro (in buona parte pubblico) per fare tutto il contrario. Anzi: nel periodo della guerra in Ucraina e della ripresa economica post-Covid, i sussidi ai combustibili fossili sono addirittura aumentati. Raggiungendo livelli record.
Lo confermano due studi distinti, ad opera dell’International Institute for Sustainable Development (IISD) e del Fondo monetario internazionale (FMI).
Promesse infrante
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I Paesi del G20 «alimentano le fiamme»
Il think tank International Institute for Sustainable Development (IISD) ha intitolato il suo report Fanning the Flames, «alimentare le fiamme». Perché è esattamente ciò che fanno le economie avanzate del G20, erogando – solo nel 2022 – un totale di 1.400 miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili. Soldi pubblici, direttamente orientati dai governi.
Una cifra che raddoppia rispetto all’anno precedente, prevalentemente per le misure volte a calmierare i prezzi dell’energia e del carburante, schizzati alle stelle a causa delle tensioni geopolitiche in atto. L’IISD ci tiene a precisare una cosa: aiutare cittadini e imprese durante una crisi energetica è «comprensibile e necessario». Ma non è pensabile che l’unico modo sia quello di rendersi ancora più dipendenti da carbone, petrolio e gas. Fonti che ci allontanano (in modo forse irreversibile) dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi. E che si sono rivelate ampiamente inaffidabili anche in termini economici, come dimostra la volatilità dei prezzi dell’ultimo anno.
In questo, i Paesi del G20 brillano per incoerenza, visto che già nel 2009 avevano promesso di «eliminare gradualmente e razionalizzare nel medio termine gli inefficienti sussidi ai combustibili fossili, fornendo al contempo un sostegno mirato ai più poveri». Un impegno che, da allora, è stato ribadito più volte. Ma soltanto a parole.
I governi spendono di più per le fonti fossili che per la scuola
A delineare un quadro ancora più completo è il Fondo monetario internazionale. Il suo report, recentemente aggiornato, riguarda infatti 170 Paesi (e non solo i venti più industrializzati). Anche il metodo di calcolo è differente, cosa che giustifica le discrepanze rispetto ai dati dell’IISD.
Lo studio distingue tra due tipologie di sussidi ai combustibili fossili. Quelli espliciti sono i sistemi per fare pagare di meno i costi di fornitura e ammontano, nel 2022, a 1.300 miliardi di dollari. Un’enormità, tanto più perché nel 2021 erano pari a 700 milioni e nel 2020 a 500. Ma la stragrande maggioranza è rappresentata dagli incentivi impliciti, cioè gli sconti fiscali e relativi ai costi ambientali. Anch’essi sono aumentati visibilmente nell’arco di un anno, passando da 5.200 a 5.700 miliardi di dollari.
Il totale supera dunque i 7mila miliardi di dollari, cioè il 7,1% del prodotto interno lordo (PIL) globale. Per avere un termine di paragone, la spesa sanitaria ammonta al 10,9% del PIL. Quella per l’educazione si ferma al 4,3%.
Cosa significa tagliare i sussidi ai combustibili fossili
Iniziare a dare il giusto prezzo ai combustibili fossili, rispecchiando anche i loro costi ambientali e imponendo una tassa per la CO2 (carbon tax), non è la cosa più facile del mondo. Anche in termini di consenso, perché significa innescare un aumento dei prezzi di carburante ed energia. Ma il FMI ribadisce che, così facendo, cittadini e imprese si orienterebbero verso alternative con un minore impatto sul clima.
Ciò farebbe calare le emissioni e l’inquinamento, con tutte le conseguenze positive che ne derivano. Il Fondo monetario internazionale le ha calcolate: 1,6 milioni di morti premature in meno ogni anno; livelli di CO2 in atmosfera compatibili con l’Accordo di Parigi; 4.400 miliardi di dollari in più di gettito fiscale.