Banche e investitori europei finanziano la violazione dei diritti umani in Sud Sudan
Secondo Global Witness, alcune banche europee hanno investito in società responsabili della violazione dei diritti umani in Sud Sudan
700 milioni di euro investiti in due compagnie petrolifere responsabili di aggressioni, violenze e violazioni dei diritti umani in Sud Sudan. Azioni e obbligazioni targati Unione europea, detenuti da 60 tra grandi banche e investitori. Tra i nomi coinvolti Allianz, Deutsche Bank e Intesa Sanpaolo, responsabili anche del prestito di più di 4 miliardi di euro alle due società, finite nel mirino di un report di Global Witness perché legate ai finanziamenti dell’esercito sud sudanese.
Secondo diversi documenti, la formazione militare sarebbe responsabile di aggressioni violente e violenze sessuali ai civili a partire dal 2013 quando è scoppiato il conflitto. La guerra seguita all’indipendenza dal Sudan del 2011 ha provocato milioni di sfollati; l’ONU l’ha definita come la più grande crisi di rifugiati dopo il genocidio del Ruanda.
Benzina sul fuoco: le banche europee legate alle violenze dell’esercito sui civili in Sud Sudan
Attacchi mortali a gruppi di civili disarmati, violenza sessuale sistematica su donne e ragazze, omicidi o sfollamenti di massa delle comunità, torture: i metodi dell’esercito sudsudanese sono noti da tempo alle Nazioni Unite.
L’indagine Fuel to the fire: EU banks and investors tied to violence in South Sudan della ong Global Witness mostra il filo che lega le violenze dell’esercito a due società, la malese Petronas e la China National Petroleum Corporation (CNPC). Le due compagnie possiedono la maggioranza della joint venture che produce il 75% del petrolio nel Paese e include anche la statale Nilepet.
Dall’altro capo del filo sessanta banche e investitori europei tra cui, oltre alle già menzionate Allianz, Deutsche Bank e Intesa Sanpaolo, anche BNP Paribas, Crédit Agricole, DZ Bank, e Société Générale. Gli istituti europei avrebbero investito 700 milioni di euro e ne avrebbero prestati altri 4 miliardi alle due società in meno di sette mesi.
Un report ONU aveva già denunciato che le compagnie operano in aree la cui popolazione è stata «pacificata o rimossa» con la violenza, attraverso società di sicurezza affiliate e i Servizi di Sicurezza Nazionale.
Il coinvolgimento delle società sudsudanesi nelle violazioni dei diritti umani era noto a tutti
Le società sono state segnalate da Regno Unito e Stati Uniti per il legame con le violazioni sistematiche dei diritti umani delle forze governative. Secondo il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, i profitti di Petronas e CNPC sarebbero «una fonte di entrate sostanziali che, attraverso la corruzione pubblica, viene utilizzata per finanziare l’acquisto di armi e altro materiale che mina la pace, la sicurezza e la stabilità». L’ONU ha affermato che le società «hanno causato o contribuito al conflitto armato in corso e alle violazioni contro i civili nelle loro aree operative».
Nel 2021 il Consiglio di Etica del fondo sovrano norvegese, il più grande al mondo, aveva relazionato sulla Oil and Natural Gas Corporation (ONGC), un partner della sua joint venture. Secondo il Consiglio, la ONGC metteva il fondo a rischio di contribuire ad atrocità assimilabili a crimini di guerra e a crimini contro l’umanità. Gli investitori hanno deciso di escludere la società. Dopo appena un mese anche KLP, la più grande compagnia di assicurazioni sulla vita della Norvegia, ha fatto lo stesso.
Nonostante il chiaro quadro di violazione di diritti umani, banche e società finanziarie europee hanno continuato a investire nelle due imprese. Allianz, Deutsche Bank e Intesa Sanpaolo ne detengono rispettivamente più di 100 milioni in azioni e obbligazioni.
I commenti delle banche finite al centro dell’inchiesta di Global Witness
Deutsche Bank ha dichiarato di non voler commentare informazioni relative a specifici clienti e transazioni. Il gruppo dispone di una policy interna di gestione del rischio ambientale e sociale che lo impegna a «prevenire o mitigare gli impatti negativi sui diritti umani che sono direttamente collegati alle loro operazioni, prodotti o servizi». Impegno che però non si estende ai partner dell’istituto, che ha chiesto di essere distinto dalla sua controllata di gestione degli attivi, DWS. La società di gestione patrimoniale ha a sua volta dichiarato di prendere molto sul serio le proprie responsabilità sui diritti umani.
Allianz, che ha «una lista di controllo per i Paesi sensibili in cui possono verificarsi sistematiche violazioni dei diritti umani» afferma di applicare in questi ultimi una «linea guida generale sui diritti umani per tutte le imprese».
I dati di BankTrack
Le banche italiane e gli impegni (insufficienti) sui diritti umani
Secondo BankTrack l’impegno delle due più grandi banche italiane sui diritti umani è insufficiente. E rispetto al 2019 i progressi sono pochi
Serve una legge che monitori l’impatto delle imprese europee sull’ambiente e sui diritti umani
Sia l’istituto assicurativo tedesco sia l’italiana Intesa San Paolo hanno rifiutato l’opportunità di commentare fornita loro da Global Witness. Aurelie Skrobik, attivista per la responsabilità d’impresa di Global Witness, ha dichiarato: «Deutsche Bank, Allianz, Intesa Sanpaolo e il resto finanziano da anni società legate a indicibili aggressioni contro i civili in Sud Sudan, eppure se ne stavano seduti a guardare i soldi arrivare. Abbiamo urgente bisogno dei governi europei per sostenere una nuova legge che potrebbe impedire alle banche e agli investitori di finanziare le società legate ai diritti umani e abusi ambientali».
Il riferimento è alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSSD), testo in negoziazione europea. La legge sulla due diligence in materia di ambiente e diritti umani dovrebbe prevenire, monitorare e risolvere gli impatti delle attività di impresa. Anche se alcune indiscrezioni affermano che la versione finale della legge escluderebbe il settore finanziario.