Primo voto al Senato per ridurre controllo e trasparenza sull’export di armi
Rete Pace Disarmo annuncia una forte mobilitazione per impedire che l'export di armi torni a essere circondato da una pericolosa opacità
L’industria delle armi incassa un primo – grave e pericoloso – voto favorevole agli “affari armati” nell’iter del Disegno di legge presentato dal governo per la modifica della legge 185/90 sull’export militare predisposte dal governo (Atto Senato n. 855).
La Commissione Affari esteri e difesa del Senato ha infatti approvato nella seduta di martedì 16 gennaio 2024 tre emendamenti che inficiano gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari. E che si innestano su un testo che presenta già aspetti problematici, come sottolineato in audizione da Rete Pace Disarmo, perché modifica i meccanismi di rilascio delle autorizzazioni affidando il cuore delle decisioni all’ambito politico senza un adeguato passaggio tecnico che garantisca il rispetto dei criteri della legge italiana e delle norme internazionali sulla materia.
La lista delle banche armate potrebbe sparire
Se le modifiche votate in questa prima fase di dibattito parlamentare sul DDL 855 sopravviveranno ai successivi passaggi dell’iter, verranno sottratte al controllo di Parlamento, società civile e opinione pubblica le informazioni precise e dettagliate – oggi presenti nella Relazione annuale ufficiale – sulle esportazioni dei materiali militari autorizzate e svolte dalle aziende.
«Particolarmente negativo – commenta Giorgio Beretta dell’Osservatorio OPAL – è l’emendamento proposto dalla relatrice volto ad eliminare ogni informazione riguardo agli istituti di credito operativi nel settore dell’import/export di armamenti. I correntisti non sapranno più dalla Relazione quali sono le banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso Paesi autoritari o coinvolti in conflitti armati».
Bocciati gli emendamenti che miglioravano la trasparenza sull’export di armi
Con queste grave decisioni prese in seno alla Commissione viene confermato il timore già espresso a più riprese da Rete Pace Disarmo: la modifica della legge 185/90 promossa da governo e maggioranza ha come principale obiettivo un’applicazione meno rigorosa dei principi e dei criteri della legge. Ciò che è avvenuto martedì 16 gennaio nella seduta della Commissione è anche altamente criticabile sotto il profilo del metodo: la formulazione definitiva (e in un caso il testo completo) poi approvata dei tre emendamenti è infatti stata presentata all’attenzione dei Senatori solo al momento della seduta. Non dando quindi la possibilità di un dibattito compiuto e privando la società civile delle conoscenza reale di quanto si stava discutendo (essendo i testi finali diversi dalla serie di emendamenti pubblicati in precedenza).
Occorre evidenziare come siano stati bocciati praticamente tutti gli emendamenti proposti dalle minoranze, nonché alcuni importanti emendamenti proposti dalla relatrice del provvedimento (la presidente della Commissione Craxi) che andavano nella direzione di un miglioramento di controlli, meccanismi decisionali e trasparenza sull’export di armi. Molti di tali emendamenti riprendevano le proposte e le indicazioni di Rete Pace Disarmo, che si è mossa fin dall’inizio con spirito costruttivo sul dibattito relativo al DDL. Spiace constatare che questa apertura al confronto sul merito, basata su dati ed elementi oggettivi, sia stata completamente ignorata e rigettata da parte della maggioranza di governo.
Rete Italiana Pace Disarmo pronta a mobilitarsi
«Nonostante nostre ripetute e circostanziate richieste non si fa nemmeno riferimento ai criteri Trattato internazionale sul commercio di armi che l’Italia ha ratificato con voto unanime del Parlamento nel 2013. Assenza grave, che la Rete Pace Disarmo andrà sicuramente a contestare impugnando il testo di legge, se questa formulazione verrà confermata fino alla fine dell’iter», evidenzia Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete Italiana Pace Disarmo.
Per tutti questi motivi risulta evidente come il governo intenda favorire e concretizzare una richiesta di revisione delle norme in vigore ripetutamente richiesta negli ultimi anni dall’industria militare e da istituti di ricerca ad essa vicini in un’ottica di facilitazione delle esportazioni di armamenti a favore della competitività dell’industria militare, la cui funzione è stata sempre enfatizzata – erroneamente – come «strategica» per il «rilancio» dell’economia nazionale. Un puro e semplice “regalo” agli interessi armati, in direzione contraria ai principi delle norme nazionali ed internazionali.
Dove vanno a finire le armi italiane
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È importante ricordare come sistemi d’arma italiani sono stati e sono tuttora inviati in decine di situazioni di conflitto, di violazione di diritti umani, di presenza di regimi autoritari come invece sarebbe e espressamente vietato dalle norme in vigore. Riducendo ulteriormente l’attenzione nell’applicazione dei criteri di rilascio delle licenze e la capacità di controllo del Parlamento e della società civile tali situazioni problematiche non potranno che peggiorare. Riportando così l’Italia ad uno stato di opacità e debole regolazione della vendita di armi cui era stato posto un freno con l’approvazione dell’innovativa legge 185 nel 1990.
«Come eredi della grande mobilitazione della società civile che aveva portato all’approvazione di questa norma non permetteremo che i profitti di sistemi d’arma che alimentano guerre e militarizzazione vengano considerati più importanti del rispetto dei diritti umani, della vita delle popolazioni e degli sforzi di costruzione della pace», è il commento finale di Rete Pace Disarmo a seguito del passaggio in Commissione al Senato.