Sempre più banche si allontanano dal business delle armi nucleari

Aumentano le banche che escludono ogni rapporto finanziario coi produttori di armi nucleari. Lo dice lo studio Don't bank on the bomb

Missili militari © bong hyunjung/iStockphoto

Cresce il numero di banche che escludono ogni rapporto finanziario con chi produce armi nucleari. La strada da fare, però, è ancora molta. In estrema sintesi, è questa la conclusione a cui giunge la nuova edizione di Don’t bank the bomb, ricerca curata annualmente da alcune delle più importanti reti internazionali che lavorano sui temi della pace e del disarmo.

Cosa emerge dal rapporto Don’t bank on the bomb

La ricerca analizza le politiche adottate dalle banche di tutto il mondo, per poi pubblicare due liste. La prima, la “hall of fame”, comprende gli istituti che possono dimostrare di avere escluso ogni rapporto finanziario con le aziende comunque coinvolte nel processo produttivo di armi nucleari (sviluppo, produzione, collaudo, manutenzione e stoccaggio). La seconda è quella dei “runners up” (traducibile come “secondi classificati”). Comprende quelle banche che hanno adottato delle politiche, che sono però giudicate insufficienti per escludere tutte le relazioni finanziarie con le imprese coinvolte in questo settore.

Se negli ultimi anni abbiamo assistito a un moltiplicarsi di linee guida del mondo bancario nei più diversi ambiti legati agli impatti ambientali e sociali, nel caso delle armi nucleari alle motivazioni etiche e valoriali si aggiunge un’importante questione legislativa. A seguito di un percorso iniziato orami dieci anni fa, nel gennaio del 2021 è ufficialmente entrato in vigore all’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) il Trattato per la proibizione delle armi nucleari.

L’Italia deve ancora sottoscrivere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari

Un trattato che l’Italia non ha ancora sottoscritto, come ricorda la campagna “Italia, ripensaci”. Malgrado un sondaggio di alcuni anni fa segnalasse come l’87% dei cittadini fosse favorevole all’adesione dell’Italia al trattato, e unicamente il 5% contrario.

A fronte di questi dati, l’unica banca italiana presente nella “Hall of fame” continua a essere Banca Etica. Anche grazie alla pressione dell’opinione pubblica e alla crescente attenzione di clienti e risparmiatori, però, alcuni dei maggiori istituti italiani figurano nell’elenco dei “runners up”.

Armi nucleari, cresce la consapevolezza da parte delle banche

Secondo i ricercatori che hanno curato il rapporto, «il numero crescente di istituzioni finanziarie elencate in questo rapporto fornisce una fotografia dei nuovi standard che stanno emergendo nel settore finanziario per evitare che le banche contribuiscano a porre a rischio la nostra stessa esistenza. Oltre all’aumento del numero di banche identificate, l’applicazione di queste politiche sta diventando più completa. Evidenziando come il mondo finanziario stia riconoscendo il proprio ruolo nel non contribuire alla produzione di armi disumane».

Ci sono quindi alcuni segnali positivi. La strada per una completa esclusione di ogni finanziamento a chi produce armi nucleari, però è ancora lunga e in salita. Un elemento fondamentale per andare avanti è e sarà sempre di più la pressione dal basso di clienti e risparmiatori che si fanno domande su come venga utilizzato il proprio denaro una volta affidato a una banca o a un gestore finanziario. Una pressione che ci auguriamo possa contribuire anche a smuovere il mondo politico. Portando, al più presto, all’adesione e ratifica italiana del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.