Banking on Climate Chaos 2025: due terzi delle banche rilanciano sul fossile
Nel 2024, 48 delle 65 banche monitorate hanno aumentato gli investimenti fossili. È finita l’era del greenwashing, comincia quella del postwashing
Dato che aumenta costantemente la temperatura del Pianeta, sembra giusto che vediamo aumentare anche i finanziamenti delle banche alle industrie fossili. Cioè le principali responsabili del riscaldamento globale. Come abbiamo visto, la temperatura media nel 2024 ha superato – per la prima volta nella storia – la quota limite di +1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. E, come possiamo vedere dal rapporto Banking on Climate Chaos 2025, i finanziamenti delle banche alle industrie fossili sono aumentati di 162 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2024. Fino a raggiungere lo scorso anno la cifra di 869 miliardi di dollari. Mentre i finanziamenti all’industria dell’espansione fossile sono aumentati di 84,4 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2024. Fino a raggiungere lo scorso anno la cifra di 429 miliardi di dollari.
Se questi numeri dal 2021 erano in diminuzione, ora si osserva quindi una chiara inversione di tendenza. A guardare i dati presentati nella ricerca collettiva di Rainforest Action Network, Indigenous Environmental Network, BankTrack, Center for Energy, Ecology, and Development, Oil Change International, Reclaim Finance, Sierra Club e Urgewald, si scopre infatti che oltre i due terzi dei colossi bancari presi in esame hanno accresciuto la propria esposizione verso le fonti fossili. Sono ben 48 delle 65 banche monitorate da Banking on Climate Chaos 2025. E questa inversione di tendenza ci dice, purtroppo, una cosa importante. Ci dice che oramai gli istituti bancari non fanno nemmeno più finta di impegnarsi per la questione climatica. Come abbiamo scritto su Valori, è finita l’epoca del greenwashing. Ed è cominciata l’era del postwashing.
Due terzi delle banche aumentano i finanziamenti fossili: +162 miliardi in un anno
Ecco un po’ di numeri di Banking on Climate Chaos 2025 per addentrarci nell’epoca del postwashing bancario. Come abbiamo detto, l’incremento dei finanziamenti bancari diretti all’industria fossile dal 2023 al 2024 è stato di 162 miliardi di dollari. E quello all’espansione fossile di 84,4 miliardi. Sono aumentati in particolare i prestiti, dai 422 miliardi del 2023 ai 467 miliardi del 2024. Le obbligazioni emesse in loro favore, passate dai 284 miliardi del 2023 a 401 miliardi nel 2024. E le acquisizioni finanziarie, che valevano 63,8 miliardi nel 2023 e sono diventate 82,9 miliardi nel 2024.
Come spiegano gli autori del report: «Questo contraddice tutte le prove secondo cui garantire la sicurezza energetica, salvaguardare le comunità e la salute del nostro Pianeta non richiede alcuna nuova fornitura o infrastruttura di combustibili fossili. Sebbene non vi sia alcuna necessità di un singolo nuovo oleodotto, petroliera, giacimento petrolifero o di qualsiasi nuova fornitura di combustibili fossili, le banche continuano a investire nell’espansione dei combustibili fossili e nei danni che ne derivano per le persone, le economie e il Pianeta».
Dei due terzi delle banche che hanno accresciuto i loro finanziamenti fossili complessivi (48 sulle 65 prese in esame dal report), ce ne sono quattro che da sole dominano questo particolare mercato. Tre sono americane e una è britannica. Giusto per capire chi nel mondo ancora continua a seguire le rotte neocoloniali del capitalismo estrattivo. E chi ha inaugurato l’era del postwashing. I loro nomi sono JP Morgan Chase, Citigroup, Bank of America (Stati Uniti) e Barclays (Regno Unito). Da sole hanno aumentato gli investimenti fossili dal 2023 al 2024 di oltre 10 miliardi di dollari. Ora vediamo nel dettaglio anche le altre.
Chi guida i finanziamenti fossili: JP Morgan, Citigroup e le altre
Per quanto riguarda i finanziamenti diretti all’industria fossile, il rapporto Banking on Climate Chaos 2025 ci dice questo. Nelle prime tre posizioni del 2024 abbiamo tre banche americane. JPMorgan Chase con 53,5 miliardi di dollari, Bank of America con 46 miliardi e Citigroup con 44,7. Seguono al quarto posto la giapponese Mizuho Financial Group con 40,3 e al quinto l’americana Wells Fargo con 39,3. Poi di nuovo la giapponese Mitsubishi UFJ Financial con 38,1 e la britannica Barclays con 35,4. Ma a guardare questi dati si scopre che le due giapponesi hanno perso posizioni in classifica, perché gli incrementi dei loro investimenti fossili (+4,6 miliardi per Mizuho e +3,8 per Mitsubishi) sono stati meno consistenti. Al contrario JPMorgan e Citigroup hanno aumentato di 15 miliardi, Bank of America e Barclays di quasi 13, Wells Fargo di 9.
Da segnalare le crescite consistenti anche per Goldman Sachs (+9,5 miliardi), Toronto-Dominion Bank (+9,1) Morgan Stanley (+7,6). Mentre, più in basso, quelle che fanno i maggiori balzi in classifica sono Agricultural Bank of China (+5,7) che sale di quattordici posizioni e la brasiliana Itaù Unibanco (+1,9) di dieci. Tra le banche europee da segnalare la tedesca Deutsche Bank (+1,1). Le francesi Bnp Paribas (+3,4), Groupe Bpce (+3,2) e Société Générale (+1,8). La spagnola Santander (+3,3 miliardi). E dulcis in fundo l’italiana Unicredit, con un aumento di investimenti di 186 milioni tra il 2023 e il 2024. Mentre l’altra italiana presente tra le 65 prese in esame, Intesa Sanpaolo, ha diminuito i suoi investimenti di 656 milioni di dollari tra il 2023 e il 2024.
Le banche superano il greenwashing: è l’era del postwashing
La seconda classifica proposta dal rapporto Banking on Climate Chaos 2025 afferisce invece agli istituti bancari che tra il 2023 e il 2024 hanno aumentato maggiormente gli investimenti nelle industrie dell’espansione fossile. Quelle che in buona sostanza si occupano di cercare nuovi giacimenti da sfruttare. Come se finora non avessero già devastato abbastanza il Pianeta. Qui nelle prime dieci posizioni abbiamo di nuovo le solite note. Le americane JPMorgan Chase (+9,6 miliardi di dollari), Bank of America (+8,5), Citigroup (+5,9), Goldman Sachs (+4,6) e Wells Fargo (+2). La britannica Barclays (+4,1) e la cinese Citic (+5,9) . Le giapponesi Mizuho Financial (+3) e Mitsubishi UFJ Financial (+565 milioni). E Royal Bank of Canada (+1,2 miliardi).
Da segnalare corposi aumenti anche per Toronto-Dominion Bank (+4,7), Agricultural Bank of China (+4,4) e Bank of China (+4). Tra le europee da segnalare investimenti saliti da un anno all’altro per le tedesche Commerzbank (+2,3) e Deutsche Bank (+2,2) e le francesi Bnp Paribas (+1,7), Société Générale (+1,7) e Groupe Bpce (+1,4). Per quello che riguarda le due italiane Unicredit, che en passant già detiene un terzo della tedesca Commerzbank, ha aumentato anche qui i propri investimenti, con un +115 milioni. Mentre anche qui Intesa Sanpaolo è scesa di 1,4 miliardi. Perdendo così dieci posizioni in questa poco rispettabile classifica.
Finita l’epoca del greenwashing, è cominciata l’era del postwashing
I clamorosi aumenti raccontati da Banking on Climate Chaos 2025 dei colossi bancari negli investimenti fossili – ricordiamo che si tratta, dal 2023 al 2024, di +162 miliardi di dollari in finanziamenti fossili e +84,8 miliardi di dollari in finanziamenti all’espansione fossile – è il coronamento di una serie di tappe di smarcamento dall’attenzione al clima raccontato più volte su Valori. Dall’allentamento delle già insufficienti regole della Net Zero Banking Alliance (Nzba), la rete che si proponeva di azzerare le emissioni nette dei propri portafogli entro il 2050, fino al vero e proprio abbandono di questa alleanza da parte di tutta una serie di grandi banche statunitensi. Non a caso quelle che ritroviamo poi ai primi posti di queste classifiche come JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley. A dimostrazione che non c’è più nemmeno bisogno di fare greenwashing. Tanto è cominciata l’era del postwashing.
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