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C'è problema e problema…

di Andrea Baranes “Allarme Grecia, nuovo buco nei conti”. “Il debito raddoppia a 20 miliardi di euro”. “La Grecia torna a spaventare l’Europa”. Si moltiplicano ...

di Andrea Baranes
“Allarme Grecia, nuovo buco nei conti”. “Il debito raddoppia a 20 miliardi di euro”. “La Grecia torna a spaventare l’Europa”. Si moltiplicano in questi giorni gli articoli dal tono tanto sorpreso quanto preoccupato riguardo un possibile aumento del debito ellenico. Ho qualche perplessità nel comprendere tanto la sorpresa quanto la preoccupazione.

Riguardo la sorpresa. Alla Grecia sono state imposte misure di austerità durissime: tagli alle spese sociali, licenziamenti, decurtazioni negli stipendi e nelle pensioni e via discorrendo. Non era cosi difficile ipotizzare un crollo dei consumi, e più in generale della ricchezza del Paese. Se di fatto imponi una riduzione del PIL e misuri lo stato di un Paese in base al rapporto tra debito e PIL, non occorre un Nobel per l’economia per capire che il rapporto peggiora. Così come si poteva sospettare che il calo dei consumi avrebbe implicato meno entrate fiscali, quindi un aumento del deficit e del debito pubblico.
Statistiche alla mano, controllando il sito dell’Eurostat, scopriamo che la Grecia aveva nel 2008 un rapporto debito / PIL al 113%. Qui interviene la Troika (Commissione europea, BCE e FMI) con i suoi geniali piani per riportarlo in linea con i criteri di Maastricht (debito / PIL entro il 60%). Risultato? Dopo tre anni di cura, nel 2011 lo stesso rapporto è arrivato al 165%. Che insegnamento ne traggono gli arguti burocrati europei? Non abbiamo fatto abbastanza, occorre inasprire le misure di austerità e tagliare di più.
E’ quasi commovente l’impegno – verrebbe da dire la fede – con cui i decisori europei sostengono il dogma economico neoliberista cosi palesemente fallimentare. Unicamente una dottrina assunta a ideologia può permettere di pensare di uscire dalla crisi esasperando le cause che vi ci hanno trascinato.
Ma c’è di meglio, se oltre alla sorpresa guardiamo alla preoccupazione per i 20 miliardi della Grecia. Secondo una recente ricerca di Mediobanca per salvare le banche responsabili della crisi i governi hanno speso fino a oggi qualcosa come 4.700 miliardi di euro. E parliamo unicamente delle risorse direttamente versate nel sistema bancario. Secondo il Government Accountability Office statunitense (in qualche modo un omologo della nostra Corte dei Conti) il totale delle misure messe in campo dalla FED e dal governo a stelle e strisce nei soli USA ammonterebbe a 16.000 miliardi di dollari.
Ma rimaniamo unicamente a quanto direttamente speso per tenere in piedi le banche. C’è qualcosa che non capisco. Chi ha causato la crisi riceve 4.700 miliardi di euro. Nessuno batte ciglio. Non ricordo di condizioni imposte alle banche. Non ricordo piani di austerità, tagli alle spese, vincoli o qualsivoglia altra condizione dettata al sistema finanziario. Un assegno in bianco da 4.700 miliardi di euro.
Dall’altro lato, uno Stato sovrano ha un problema di 20 miliardi. Meno dello 0,5% di quanto speso per le banche. Ma qui vengono imposte misure draconiane, si scatenano dibattiti sui giornali, l’Europa assiste sgomenta e spaventata.
Non capisco. O meglio, spero di non capire. Perché una risposta mi viene in mente, e non è molto complicata. E’ solo piuttosto squallida. Continuiamo sulla strada “profitti pubblici, socializzazione delle perdite”. Neoliberismo per gli Stati, che devono implorare la fiducia dei mercati, assistenzialismo della peggior specie per una finanza senza regole. Come riassume l’ultimo rapporto della rete Social Watch: “se i poveri fossero una banca, sarebbero già stati salvati”.