#bassafinanza 17: a marce forzate verso l'estinzione
Se si dà un occhio alla composizione del governo Trump, oppure si guarda fino alla fine l’intervista a Frauke Petry, leader del partito di ...
Se si dà un occhio alla composizione del governo Trump, oppure si guarda fino alla fine l’intervista a Frauke Petry, leader del partito di destra tedesco AfD o, più semplicemente, ci si ferma ad analizzare i nuovi prodotti del supermercato sotto casa, si può giungere facilmente alla conclusione che la specie umana sarà presto destinata all’estinzione.
Una conclusione confortata, purtroppo, anche da analisi scientifiche molto più serie della nostra osservazione empirica arbitraria quotidiana.
Il prof. Gerardo Ceballos, della National Autonomous University del Messico, assieme ad altri accademici delle università più prestigiose al mondo, sostiene che il mondo si starebbe avviando a passi da gigante verso la sesta estinzione di massa e per la prima volta tra i cari estinti ci sarebbe anche l’uomo. L’ultima estinzione di massa si è registrata nel periodo Cretaceo-Terziario, 66 milioni di anni fa, ed ha annientato i dinosauri. Noi non c’eravamo e se la sesta estinzione arriverà alla fine di questo secolo, come sostiene il climatologo Luca Mercalli, noi che stiamo scrivendo e leggendo questa rubrica molto probabilmente non ci saremo. Ed è inutile che tocchiate ferro o legno o qualcos’altro: è una questione puramente matematica e su questo avevano ragione i Nomadi:
Ci saranno però sicuramente i Lepismae Saccharinae o pesciolini d’argento. Ogni notte, quando mi alzo per andare in bagno, li vedo sgusciare via felici tra il battiscopa e il silicone che tiene incollata al pavimento la vasca da bagno. Sono sulla terra sin dal tardo Siluriano, oltre 400 milioni di anni fa, mentre l’homo sapiens è arrivato nella migliore delle ipotesi appena 200.000 anni or sono. E sono qui per restare, almeno fino a quando ci sarà saccarosio, che riescono però a succhiare persino dalla colla dei francobolli e delle legature dei libri, quindi figuriamoci. Considerando che l’uomo, oltre che la forficula auricularia, è il peggior nemico dei Lepismae, dalla nostra estinzione i pesciolini argentati avranno solo da guadagnarci.
È a loro quindi che dedico questa prima puntata di bassafinanza per il 2017. Ma leggetela anche voi umani perché non si sa mai: toccando ferro è possibile che se mettiamo a posto un paio di cose ci estingueremo più tardi del previsto.
Chi aiuta le imprese a evadere le tasse?
Chi aiuta le imprese a evadere le tasse? Tra i primi 20 ci sono ben 8 banche! #bassafinanza @ncims https://t.co/lJK5VTrunR @GreensEP pic.twitter.com/nSxMmlxcMY
— Mauro Meggiolaro (@meggio_m) January 24, 2017
Quando è uscito lo scandalo sui Panama Papers tutti hanno puntato il dito contro lo studio Mossack e Fonseca, da cui sono trapelati i documenti riservati che «hanno fatto tremare i potenti della terra». A un certo punto pareva che i commercialisti panamensi di Mossack e Fonseca fossero l’origine di tutti i mali del mondo. In realtà, come dimostra uno studio dei Verdi Europei pubblicato il 23 gennaio scorso, buona parte delle società offshore attraverso le quali le grandi imprese evadono le tasse, non viene aperto da oscuri intermediari nei Caraibi ma da grandi banche e società di revisione come UBS, Credit Suisse, HSBC, Société Générale, Citibank, JPMorgan, Deloitte, PriceWaterhouse Coopers.
Buchi e risarcimenti
Condannato ex promotore Mediolanum – Ferrara, a Raffaele Mazzoni che provoco' buco da 12 milioni https://t.co/DgFHC24uHl
— Ansa Emilia-Romagna (@Ansa_ER) January 19, 2017
Banca Mediolanum è costruita intorno a te. Ma a volte la costruzione può cedere, inghiottita da buchi milionari. Come i 12 milioni di euro polverizzati dall’ex promotore finanziario Mediolanum Raffaele Mazzoni, condannato a 11 anni e 7 mesi di reclusione. Ma una stangata è arrivata anche per la stessa banca, condannata in solido al risarcimento del danno nei confronti della maggior parte dei clienti truffati.
Chi finanzia il Dakota Access Pipeline?
BancaIntesa è tra le 17 banche che finanziano il DAPL.Se Intesa non esce dal DAPL,tocca uscire da Intesa #NODAPL @Recommon @Wu_Ming_Foundt
— Elena Gerebizza (@elegere) January 17, 2017
Nelle ultime settimane si è parlato molto dell’oleodotto DAPL (Dakota Access Pipeline) che, negli Stati Uniti, dovrebbe passare per le terre sacre dei Sioux. Gli indiani d’America hanno vinto una prima battaglia ma la guerra è ancora lunga. E con Donald Trump al potere la vittoria finale potrebbe essere un obiettivo difficile se non impossibile da raggiungere.
Tra le 17 banche chiamate a fornire finanziamenti per il progetto DAPL, per un totale di 2,5 miliardi di dollari, figura anche Banca Intesa Sanpaolo che, per ora, ha deciso di non rispondere alle richieste dei Sioux e degli attivisti che li sostengono.
Finanza e olio di palma
Così #HSBC finanzia la deforestazione per l'olio di palma https://t.co/q2cKnXMqBU #bassafinanza
— Silvia Magagna (@SilviaMagagna) January 20, 2017
Ancora olio di palma ma stavolta la Nutella non c’entra. C’entra però la banca HSBC, la più grande fornitrice di servizi finanziari alle imprese che producono olio di palma, accusate di deforestare migliaia di ettari di foreste in Indonesia e altri Paesi. Secondo un rapporto di Greenpeace, HSBC avrebbe erogato prestiti e altri servizi finanziari alle imprese sotto accusa, per un totale di 16,3 miliardi di dollari.
Paradisi fiscali di casa nostra
Malta accused of being tax haven as it takes EU presidency https://t.co/xarrxb5Kd5
— The Guardian (@guardian) January 12, 2017
Poco dopo l’inizio del semestre maltese di presidenza Ue, i soliti guastafeste dei Verdi Europei hanno pubblicato un rapporto sulla piccola isola del Mediterraneo, accusandola di essere un paradiso fiscale a tutti gli effetti. Il rapporto elenca una serie di imprese che hanno controllate a Malta con lo scopo di ottimizzare le tasse pagate: HSBC, Deutsche Bank, Bosch, Munich Re, Easyjet, Vodafone, ecc.. Un articolo de L’Espresso ci ricorda poi che a Malta è presente anche Unicredit: le società della banca registrate sull’isola non avrebbero nemmeno un dipendente all’attivo. Ma la regina italiana dell’offshore, spiega sempre L’Espresso, è Banca Mediolanum, che da tempo ha puntato tutto su Irlanda e Lussemburgo. Da questi Paesi nel 2015 è arrivato infatti il 52,5 per cento degli utili pre-tasse del gruppo controllato da Ennio Doris e Silvio Berlusconi.
Foto: Alexandre Duret-Lutz