Trump vuole l'oleodotto. Intesa Sanpaolo lo finanzia. E tu da che parte stai?
Incurante delle proteste provenienti da tutto il mondo, Donald Trump ha autorizzato la costruzione del Dakota Access Pipeline, un oleodotto di 1900 chilometri che trasporterà petrolio ...
Incurante delle proteste provenienti da tutto il mondo, Donald Trump ha autorizzato la costruzione del Dakota Access Pipeline, un oleodotto di 1900 chilometri che trasporterà petrolio dal Dakota fino all’Illinois. Un impianto che avrà un enorme impatto ambientale e distruggerà le terre degli indiani Sioux di Standing Rock.
L’impatto umano e ambientale di questo progetto è devastante, poiché mette a rischio le riserve idriche di una vasta zona del Nord degli Stati Uniti e attraversa, con gravi impatti, un’area sacra per i nativi indiani Sioux. I rischi sono alti: solo nel 2016 si sono registrati oltre 200 sversamenti dagli oleodotti nel territorio statunitense e il petrolio è una delle principali cause del cambiamento climatico.
I Sioux stanno protestando da mesi per difendere le loro terre sacre, ricevendo solidarietà e sostegno da ogni parte del mondo. La loro protesta è stata spesso contrastata con metodi brutali.
A fine 2016 i Sioux hanno chiesto di poter incontrare gli istituti bancari che finanziano, a diverso titolo, il progetto. Gli appelli sono caduti quasi tutti nel vuoto. Il 10 gennaio era la data limite per dare una risposta e le cose sono andate così: quattro banche hanno rifiutato l’invito (BayernLB, BNP Paribas, Mizuho Bank e Suntrust), sei non hanno risposto (Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ, BBVA Compass, ICBC, Intesa Sanpaolo, Natixis, e Sumitomo Mitsui Banking Corporation) mentre sette banche hanno accettato di incontrare le tribù (Citi, Crédit Agricole, DNB, ING, Société Générale, TD, e Wells Fargo).
Tra le azioni intraprese dai Sioux e dagli attivisti che li sostengono c’è anche una campagna per invitare al divestment dagli istituti che finanziano il DAPL.
Nelle scorse settimane uno dei finanziatori del progetto si è tirato indietro. L’olandese ABN AMRO ha annunciato che smetterà di finanziare la Energy Transfer Equity (ETE) se il Dakota Access Pipeline verrà costruito senza il consenso della tribù Sioux di Standing Rock o se continuerà ad essere utilizzata violenza contro gli attivisti che si oppongono al progetto.
Tra le banche che finanziano direttamente il Dakota Access Pipeline figura anche Intesa Sanpaolo.
Greenpeace Italia ha scritto una lettera ufficiale ad Intesa Sanpaolo per chiedere se ha intenzione di continuare a finanziare la distruzione delle terre dei Sioux e di mettere a rischio l’acqua potabile di tutta quella zona, oppure se deciderà di non impegnare i soldi dei propri clienti per un progetto tanto pericoloso e controverso.
Intesa Sanpaolo non ha ancora dato una risposta ufficiale, il tempo corre e il suo è un silenzio assordante. Greenpeace ha lanciato una petizione online per rafforzare la propria richiesta a Intesa Sanpaolo. Firma ora e fai girare per chiedere a Intesa Sanpaolo da che parte sta!
Foto: Fibonacci Blue