Decreto rinnovabili, reazioni negative dagli esperti (e imbarazzo a 5 Stelle)
Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club molto critici. Silenzio fra i grillini. Preoccupano soprattutto gli aiuti agli impianti in siti contaminati senza obbligo di bonifica
«Sull’argomento il presidente non rilascia dichiarazioni». Valori ha cercato di contattare il senatore Gianni Girotto, presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo di Palazzo Madama, per un commento alla bozza di decreto per incentivare l’uso delle rinnovabili. Girotto è uno degli esponenti 5 Stelle più preparato in materia, già estensore del programma energia del movimento. Ma, fino alla pubblicazione del testo definitivo – comunicano dalla sua segreteria – non parlerà.
Così parlo il grillino (ad aprile)
Un mutismo, quello del senatore pentastellato, che rivela un imbarazzo più che comprensibile. Proprio lui infatti aveva, nei mesi scorsi, usato parole durissime contro il decreto Calenda, che ora sta per essere riproposto praticamente identico dal ministro Di Maio. «Parliamo di un decreto che deve essere assolutamente migliorato, modificato nel profondo» commentava il 4 aprile intervistato dalla testata Formiche.net. «Per nostra fortuna l’iter politico è ancora lungo visto che serve il parere della Conferenza delle Regioni e anche il benestare dell’Unione europea. Dunque lo spazio c’è, premesso che noi del Movimento Cinque Stelle abbiamo promesso ai nostri elettori di cambiare molti provvedimenti, e lo faremo», profetizzava, attaccando sui punti più oscuri che, al momento, vengono mantenuti intatti nonostante il cambio di governo.
«Tanto per cominciare – accusava Girotto – non si sono previsti incentivi per gli investitori di piccola taglia. Ad oggi ci pare solo un gran favore ad Eni ed Enel. E poi c’è la questione delle bonifiche, visto che il decreto prevede la possibilità di realizzare zone industriali per l’installazione dei parchi ma senza prima bonificare l’area circostante».
Muroni (LeU): stupiti della continuità Di Maio-Calenda
Parole che ora suonano molto vicine a quelle, critiche, che Valori è riuscito a raccogliere in seguito alla diffusione della bozza Di Maio. «Pensavamo, come dagli accordi di governo che il tema energia fosse di competenza del M5Stelle, che vede proprio in Gianni Girotto una competenza forte sul tema» commenta Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente e attuale deputata di Liberi e Uguali. «Ora siamo preoccupati: già il precedente ministro non aveva compreso l’importanza delle rinnovabili nella produzione dell’energia».
Il silenzio del presidente della Commissione Industria del Senato, quindi, potrebbe essere una buona notizia e si auspica che al Ministero dello Sviluppo Economico si stia correndo ai ripari per evitare un dietrofront che avrebbe del clamoroso (anche perché come pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 agosto, le deleghe sul tema rinnovabili sono state assegnate a Davide Crippa, sottosegretario sempre in quota M5S).
Zanchini (Legambiente): la nuova bozza conferma errori di una SEN obsoleta
Un decreto all’altezza sul tema rinnovabili è quanto mai urgente, ricorda Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente e referente su problemi energetici: «la quota di rinnovabili imposta dalla UE è passata dal 28% al 32,5% e già la Strategia Energetica Nazionale varata da Calenda a novembre 2017, risulta obsoleta. Il nuovo strumento. Questo governo dovrà presentare la prima bozza del programma Energia e Clima entro novembre in ambito della nuova governance europea».
Scopriamo così di essere in ritardo di almeno tre anni e mentre l’Italia non ha ancora varato un decreto per rafforzare l’uso delle rinnovabili, l’Unione Europea ne ha innalzato le percentuali. Sottolinea Sergio Ferraris, giornalista scientifico e direttore di Quale Energia: «Già l’anno scorso, quando uscì la SEN, abbiamo calcolato che per raggiungere il 28% di rinnovabili entro il 2030 necessitava produrre, a partire dal 2018 almeno 3,5 Giga Watt di energia rinnovabile ogni anno. Ora con l’aumento degli obiettivi UE, dovuti paradossalmente anche all’impegno del Movimento 5 stelle europeo, questa cifra, di 3,5 Giga W va aumentata. Già all’epoca della bozza del decreto Calenda avevamo sottolineato come non fosse assolutamente sufficiente».
Lo zampino di tecnici “anti-rinnovabili”
Nella scrittura di un testo insufficiente pesa anche il ruolo di tecnici quanto meno scettici verso le energie pulite. «La gestione dell’energia è fondamentale ai fini del cambiamento climatico. Bisogna dare un segnale di cambiamento di fronte al problema dell’emergenza climatica. M,a se chi decide le questioni energetiche in Italia è la stessa tecnocrazia di sempre, che non crede culturalmente alle rinnovabili, rimaniamo sconcertati che un nuovo governo si affidi a questi tecnici».
Italia in affanno su nuovi target verdi Ue
Anche Francesco Ferrante, presidente del Kyoto Club ribadisce: «C’è una contraddizione tra la posizione espressa dal Movimento 5 Stelle a livello europeo, che ha consentito innalzamento a livelli più ambiziosi dei target e l’avallo a un decreto che in sostanza rende impossibile raggiungerli».
Il calcolo infatti è presto fatto: «Per centrare i nuovi obiettivi – spiega Ferrante – bisogna raddoppiare la quantità di energie rinnovabili per uso passando ad un 63-64%, pari circa 200 TWh al 2030. Il doppio di adesso. Come è possibile arrivarci se nei primi tre anni vai così piano? Senza contare che, secondo il decreto, le prime aste partiranno da gennaio 2019. Si è perso troppo tempo».
Inoltre, sottolinea il presidente del Kyoto Club, nella bozza di testo che trapela dal ministero ci sono altre stranezze. «Non si capisce perché, ad esempio, nella descrizione del geotermico elettrico, che nella bozza Calenda era a ciclo chiuso, con reiniezione nel punto di prelievo, ora si passi a voler incentivare una specifica tecnica, come quella che prescrive una riduzione al 98% del livello di idrogeno solforato e mercurio attraverso il sistema di abbattimento AMIS».
L’allarme sulla priorità per i siti contaminati (senza obbligo di bonificarli…)
Se a onor del vero il decreto aggiunge tra i particolari positivi come gli incentivi sugli impianti sui tetti in eternit e include nella graduatoria del GSE gli impianti connessi a colonnine di ricarica per auto elettriche con potenza maggiore o uguale a 15 kW, così come l’aggregazione di più impianti che possono accedere alle procedure di registri (vedi art.3 comma 10), rimangono aperte diverse questioni.
Da una parte per gli impianti da energia geotermica e mini idroelettrici vengono definiti parametri stringenti, non lo è altrettanto per gli impianti fotovoltaici che avranno la massima priorità agli incentivi delle aste e nei registri: quelli costruiti su discariche, cave o miniere esaurite. cPensare di fare strutture su aree di pertinenza, sui siti contaminati, è incomprensibile» commenta Mariella Maffini, presidente della Rete Comuni Sin (per la bonifica dei Siti di interesse nazionale): «Che siano siti di interesse nazionale o siti contaminati, discariche e cave esaurite che rispondono alle caratteristiche della legge 152/2006, mi fa venire i brividi: ogni impianto, anche il fotovoltaico, ha bisogno della messa di cavi, di un minimo di escavazioni, lavoro che devo essere fatto solo su su siti che lo permettano, bonificati e messi in sicurezza».
Greenpeace: nella nuova bozza, poche novità e per lo più negative
Gli fa eco Luca Iacoboni, Responsabile Campagna Clima & Energia Greenpeace Italia: «Le novità introdotte rispetto alla precedente versione scritta da Calenda sono poche e, per lo più, negative. In particolare il settore dell’eolico viene fortemente penalizzato nel sistema di aste miste. E anche per quanto riguarda gli incentivi al fotovoltaico su terreni contaminati, che sembrerebbero una novità positiva, manca in realtà l’obbligo di bonifica per i terreni stessi. In pratica si rischia di fare fotovoltaico su terreni inquinati senza bonificarli».
Il (buon) blitz di Costa
L’unica nota davvero positiva viene non dal Ministero dello Sviluppo Economico, ma dal Mistero dell’Ambiente e lo ribadisce anche Greenpeace «Un cambiamento positivo – osserva Iacoboni – riguarda l’incentivo per la sostituzione dei tetti in amianto con pannelli fotovoltaici, richiesta che proviene da una petizione popolare recepita dal ministro Costa. Insomma, il ministero dello Sviluppo economico sembra continuare ad andare nella direzione fossile intrapresa dai precedente governi. Ed è decisamente una direzione sbagliata».
Da #BastaAmianto soddisfazione (con riserva)
Gli unici a esprimere soddisfazione, ma con riserva, sono i promotori della petizione #BastaAmianto: «Non possiamo che esprimere soddisfazione per l’inserimento dell’ampio contingente (100 MW a registro, per un totale di 700 MW) dedicato esclusivamente alla “sostituzione di coperture di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto» commenta Annalisa Corrado che però non nasconde la sua grande preoccupazione per il valore dell’extra-incentivo che, nella bozza circolante, verrebbe riconosciuto per la bonifica e la realizzazione della nuova copertura.
«Nel momento di massimo ed efficace utilizzo dell’extra-incentivo, con il quarto conto energia, tale valore era infatti pari a 5 cent€/kWh. La bozza del nuovo decreto, invece, indica un valore di 1,2 cent€/kWh, a fronte di costi reali niente affatto calati (come invece è successo per il fotovoltaico».