La mano dei servizi segreti nella nomina a console dell’uomo Eni in Nigeria
L'ex console Giandomenico: un dirigente AISE gli "suggerì" di scegliere come suo vice Paolo Falcioni, imprenditore petrolifero imputato al processo per la maxitangente OPL245
«Dio la benedica, presidente!». Il congedo alla corte del processo OPL 245 da parte dell’ex console italiano in Nigeria Antonio Giandomenico non è certo di quelli che passano inosservati. Così come non proprio banale è stata la sua testimonianza in una fredda e limpidissima mattinata milanese, a cominciare dall’esordio sull’impossibilità di fare affari in contesti come la Nigeria senza “ungere” (ossia pagare tangenti a pubblici ufficiali).
Il “suggerimento” del dirigente AISE in favore di Falcioni
Le domande del sostituto procuratore Sergio Spadaro si sono incentrate soprattutto sul rapporto tra Giandomenico e Gianfranco Falcioni, uno dei 13 imputati (più le due società Eni e Shell) del procedimento: imprenditore nel settore dei servizi petroliferi, attivo in Nigeria fin dagli anni Settanta e con entrature di alto livello – «conosceva di persona il capo delle Forze Armate e della Polizia» – Falcioni è stato nominato viceconsole onorario proprio da Giandomenico, che a suo dire ne stimava le grandi capacità di businessman. E poi perché allo stesso Giandomenico arrivò un “suggerimento” da parte di un uomo dei servizi segreti italiani durante un pranzo tenutosi a Lagos («Secondo loro era preferibile»).
Passaggio, quest’ultimo, sul quale la memoria del non più giovanissimo ex console ha vacillato. «Si ricorda che mangiò delle lasagne e non il nome del suo interlocutore?», lo ha incalzato un po’ piccato il presidente della corte Marco Tremolada, quando Giandomenico ha iniziato a “saltare” qualche dettaglio tutt’altro che trascurabile.
Per fortuna è arrivata in soccorso la deposizione fornita ai pm della Procura nel 2017, nella quale c’era il nome dello 007 nostrano («Salvatore Castilletti dirigente dell’AISE», i servizi di intelligence italiani per l’estero), ma anche una conferma dell’esistenza di un rapporto di lavoro tra Falcioni ed Eni, che l’ex console in sede di udienza aveva inizialmente quasi misconosciuto, tanto da costringere Spadaro a contestargli l’incongruenza tra le due dichiarazioni.
Dopo aver curiosamente sostenuto di non aver mai firmato il verbale d’interrogatorio – subito contraddetto della carte in mano al pm – Giandomenico si è “rammentato” di alcune cene in cui erano presenti i manager dell’Eni Pujatti e Pagano (quest’ultimo a processo per il caso OPL 245) e Falcioni.
Il conto corrente che scotta del viceconsole
Apriamo una doverosa parentesi sull’ex console onorario, a cui tanto onore è stato concesso non solo per le capacità imprenditoriali, ma anche «per la sua onorabilità». Falcioni è il titolare della Petrol Service, di cui abbiamo già parlato in precedenti occasioni perché proprio su un conto corrente intestato alla società presso la banca svizzera BSI doveva essere convogliata la tranche di 800 dei 1.092 milioni di dollari pagati da Eni e Shell per la licenza e poi “spostati” da un conto del governo nigeriano alla JP Morgan di Londra.
Processo ENI Opl245, quegli intrecci loschi dietro alla maxitangente
L’istituto di credito elvetico fece cadere l’operazione e anche il supposto secondo tentativo di Falcioni tramite una banca libanese andò male, tanto che si preferì affidarsi direttamente a banche nigeriane per far giungere il denaro alla corte di Dan Etete (il reale beneficiario della società Malabu, proprietaria della licenza) e dei suoi amici (politici di altissimo rango) e sodali (controversi uomini d’affari).
La ricostruzione del finance control manager ENI
Terminato l’interrogatorio di Giandomenico, è stato il turno di Giuseppe Cerrito, attualmente responsabile pianificazione e controllo della regione subsahariana per l’upstream e all’epoca della conclusione dell’affare OPL 245 finance control manager per la NAE, ovvero la sussidaria di Eni in Nigeria che gestisce i progetti offshore.
Uno di quei progetti è proprio OPL 245, che Cerrito ha incrociato in due occasioni: quando nel 2010, dopo vari passaggi, i vari alti dirigenti Casula, Armanna e Pagano gli fanno arrivare una fattura da 500mila dollari per conto della società EVP di Emeka Obi a fronte della partecipation fee – comprensiva dell’accesso alla data room – per l’affare. Nella documentazione arrivata via email a Cerrito erano citate anche la Malabu ed Etete, di cui già abbiamo detto. Obi è già condannato a quattro anni per corruzione con rito abbreviato all’interno del processo OPL 245.
Ben più sostanzioso il secondo trasferimento “richiesto” a Cerrito: il famoso miliardo e 92 milioni di dollari depositato su un conto di garanzia sempre della JP Morgan prima del passaggio che ha coinvolto la Petrol Service di Falcioni e sul quale un compito specifico è toccato al suo collega Stefano Pujatti.
Quest’ultimo, attualmente in Mozambico, è stato convocato per la prossima udienza, in programma il 19 dicembre. Quando a parlare sarà anche Karina Litvack, board member prima giubilata ai tempi dell’affaire Zingales e successivamente reintegrata. Un intervento senza dubbio da seguire con attenzione.