Pensando all’ambiente la finanza cambierà l’economia reale
Pronta la bozza delle linee guida sulla rendicontazione dell'impatto delle aziende sul climate change. Sara Lovisolo: «Permetteranno di orientare gli investimenti verso un'economia low carbon»
«Il climate change ha un impatto sulle aziende e le aziende hanno un impatto sul climate change. Entrambi gli aspetti devono essere misurati e rendicontati da parte delle imprese. Per prevedere i rischi sul loro business, ma anche eventuali opportunità, legati ai cambiamenti climatici. Per poi orientare le scelte di investimento di banche e grandi investitori verso un’economia a basso impatto. È questo l’obiettivo della Commissione Europea. Con il nostro lavoro abbiamo cercato di fornire delle indicazioni su come rendicontare il rapporto tra aziende e cambiamenti climatici, nel migliore modo possibile».
A parlare è Sara Lovisolo, Sustainability Manager di Borsa Italiana, uno dei 35 membri del Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG) che la Commissione europea nel giugno 2018 ha incaricato di sviluppare l’Action Plan per la finanza sostenibile che l’Ue aveva pubblicato pochi mesi prima. In particolare Sara Lovisolo faceva parte del sottogruppo dedicato alla revisione delle linee guida europee (non vincolanti) per la rendicontazione di informazioni relative al clima (che si inseriscono nella disclosure non finanziaria obbligatoria dal 2018 per banche, assicurazioni e grandi aziende).
Il rapporto finale del gruppo di esperti
È corretto parlare al passato perché questo sottogruppo ha portato a termine il suo compito. A gennaio scorso ha pubblicato un rapporto con una proposta di linee guida su come rendicontare l’impatto sul climate change di banche, assicurazioni e grandi aziende. Queste le tre categorie obbligate dall’Ue a rendere conto del proprio operato non solo in ambito finanziario, ma anche sociale e ambientale.
Un obbligo previsto dalla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (2014/95/EU, Non-financial Reporting Directive “NFR”), che ha imposto a banche, assicurazioni e imprese con oltre 500 dipendenti (i cosiddetti “enti di interesse pubblico”) di comunicare (a partire dal 2018) informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione.
Cioè pubblicare questo genere di informazioni non finanziarie è obbligatorio per le tre categorie, ma la Commissione non ha imposto le modalità per effettuarla. Con le nuove linee guida fornirà delle indicazioni (diciamo consigli, non obblighi) su come rendicontare.
Il rapporto del Teg è stato sottoposto a una consultazione pubblica che si è conclusa lo scorso 2 febbraio. Sono arrivate oltre 70 risposte, 120 pagine di commenti, che sono stati consegnati alla Commissione europea insieme al rapporto. Ed entro giugno di quest’anno, sulla base del materiale ricevuto, pubblicherà le nuove linee guida non vincolanti su come effettuare la rendicontazione non finanziaria.
Accelerare la transizione verso un’economia a basso impatto
Ma qual è il motivo che ha spinto la Commissione Ue a imporre una rendicontazione obbligatoria dell’impatto sul clima? «Dal punto di vista delle politiche pubbliche – spiega Sara Lovisolo – è un modo per accelerare la transizione verso un’economia low carbon. È necessario infatti trovare i capitali per passare a un’economia a basso impatto ambientale. Capitali che la Commissione europea stima in circa 180 miliardi di euro all’anno. Che non vanno creati dal nulla, ma ricollocati, a partire da quelli esistenti, verso realtà economiche che hanno un minore rischio legato alla transizione e che colgono meglio le opportunità che si creano».
La rendicontazione dell’impatto climatico dovrebbe servire proprio a individuare queste realtà “virtuose”, che traineranno la nuova economia.
«Un altro obiettivo dell’Ue è la stabilità del sistema finanziario: perché non venga destabilizzato dalla transizione verso un’economia low carbon è importante che tutti gli stakeholder (banche, assicurazioni, aziende) tengano conto dell’esposizione al climate change. Alcuni saranno maggiormente esposti, altri meno. Questo diverso rischio deve essere previsto e scontato in anticipo. E gli investitori devono esserne consapevoli».
Orientare gli investimenti per cambiare l’economia
Non sono molte le aziende obbligate alla rendicontazione. Come si potrà avere un impatto rilevante? «Certo, tra le aziende europee, quelle obbligate alla rendicontazione non finanziaria sono una minima parte dell’economia Ue: sono circa 7.400 quelle con oltre 500 dipendenti – risponde Sara Lovisolo – Ma l’obbligo di rendicontazione riguarda anche assicurazioni e banche. E sono proprio queste ultime la vera chiave di volta, perché da loro dipendono i movimenti dei capitali. Sono loro a decidere su quali realtà investire, che tipo di economia sostenere. In Europa gestiscono 23 mila miliardi di euro di asset. Le assicurazioni 11 mila miliardi.
Se nelle scelte di investimento iniziassero a considerare gli impatti sul cambiamento climatico, destinando questi capitali solo a realtà economiche a basso impatto ambientale, si otterrebbe un vero cambiamento. Potrebbero influenzare l’economia reale in modo enorme.
Ma banche e assicurazioni hanno bisogno di informazioni per orientare le loro scelte di investimento. Qui sta l’importanza della rendicontazione non finanziaria. Permette loro di effettuare la scelta migliore per il Pianeta. Per esempio tra gli indicatori che abbiamo inserito nella guida sulla rendicontazione c’è anche l’intensità delle emissioni del portafoglio investito».
Le linee guida per la rendicontazione climatica
«Abbiamo fatto uno sforzo enorme per dare concretezza al reporting sul clima», spiega Sara Lovisolo. «Il rapporto che abbiamo redatto è pieno di tabelle con indicatori molto precisi e concreti che cercano di mettere in pratica tutte le linee guida della task force. Facendo un passo avanti significativo rispetto al lavoro della commissione, che elencava solo qualche principio generale, ma non entrava nel merito di indicatori precisi. Abbiamo anche inserito delle best practice su come effettuare la rendicontazione».
Ma avete previsto un’unica tipologia di rendicontazione per tutte le aziende? «La rendicontazione dell’impatto climatico è tanto più importante per un’azienda quanto più è esposta al climate change – continua Sara Lovisolo – Nel rapporto infatti abbiamo previsto 3 livelli di “rilevanza” della disclosure non finanziaria, dalla più alta alla più bassa: del primo tipo, per le imprese che dovrebbero rendicontare (should disclose), del secondo tipo per quelle che dovrebbero considerare di rendicontare (should consider disclosing) e del terzo tipo per quelle che potrebbero considerare di rendicontare (may consider disclosing).
Per esempio le assicurazioni appartengono al primo gruppo, perché sono molto esposte ai rischi fisici del cambiamento climatico. Nella rendicontazione dovranno comparire indicatori dettagliati per dare trasparenza dei rischi legati all’attività assicurativa e di quanto il proprio portafoglio sia esposto in settori particolarmente rischiosi.
Ma dovranno essere evidenziate anche le opportunità per l’azienda legate ai cambiamenti climatici.
E tutte le indicazioni contenute nel rapporto sono collegate a reporting specifici, regolamenti o direttive. Ad esempio la direttiva per l’efficienza energetica, o sul trasporto a basso impatto ambientale». Le linee guida infatti raccomandano la disclosure di Kpi che siano legati alle politiche nazionali e internazionali. “Una migliore disclosure di Kpi allineati con gli obiettivi delle politiche pubbliche (per esempio dati sul consumo energetico legati ai target di efficienza energetica europea) – si legge nel report – aiuteranno gli stakeholder a comprendere il contributo delle società alle strategie di decarbonizzazione nazionali e internazionali e la loro capacità di assicurare la continuità del business a fronte dell’aumenta frequenza degli eventi estremi legati al clima».
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