Grandi manovre Ue: un francese in BCE per avere Weber alla Commissione?
L'esito elettorale non cambia le dinamiche di Bruxelles: il risiko nomine viaggerà ancora sull'asse Parigi-Berlino. Con un alleato in più: il socialista spagnolo Sanchez
I risultati della tornata elettorale “europea” confermano che i partiti hanno raccolto voti in base alle loro posizioni ed iniziative nazionali. Il risultato è un Parlamento europeo dove la grande coalizione popolari-socialisti viene indebolita.
I liberali – incluso Macron – avranno quindi un ruolo determinante nel formare una maggioranza stabile per i prossimi cinque anni. I Verdi potrebbero fungere da ruota di scorta, oppure soppiantare i liberali, sia stabilmente sia occasionalmente. Infatti, praticamente tutti i gruppi politici hanno condotto la campagna elettorale su temi « verdi »: dal cambiamento climatico all’inquinamento dei rifiuti plastici. E proprio la questione climatica sembra sarà il cavallo di battaglia del prossimo parlamento.
Commissione, si parte con veto francese allo spitzenkandidat
Mentre i cittadini europei tornano, dunque, ai loro problemi quotidiani, che non sono pochi, a Bruxelles si negozia su chi sarà il prossimo presidente della Commissione, quali saranno i nuovi Commissari ed i presidenti del parlamento e dei gruppi politici, senza dimenticare il nodo cruciale della presidenza della BCE. E con al contorno il gioco delle “musical chairs” – la girandola di nomine ai vertici dei servizi della Commissione. Tutto sembra possibile.
Al momento, il vincitore delle elezioni, Manfred Weber, a capo del gruppo PPE, non sembra sicuro della nomina alla presidenza della Commissione. Infatti, I suoi alleati-concorrenti socialisti per ora continuano ad appoggiare Frans Timmermans – vice-presidente della Commissione uscente.
I liberali sono occupati in una battaglia interna tra la vecchia guardia e la pattuglia macronista che, finora, ha loro impedito di individuare una candidatura. Macron ha comunque già dichiarato pubblicamente che Weber non sarebbe un buon presidente.
Il veto francese potrebbe di fatto inficiare il processo di nomina a capo della Commissione dello spitzenkandidat, il nome indicato dal partito “vincitore” delle elezioni parlamentari (il PPE), rimettendo tutto nelle mani del Consiglio. Qui la situazione appare, infatti, meno confusa.
L’attivismo diplomatico di Sanchez
Macron, da parte sua, sconfitto alle elezioni europee da Marine Le Pen, isolato nella scelta puramente e violentemente repressiva delle manifestazioni dei «gilets jaunes», ha perduto quell’aura di innovatore europeista di cui era stato ammantato agli esordi scintillanti della sua presidenza «à la Rothschild».
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Il duo franco-tedesco troverebbe una sponda meridionale nel ringalluzzito Sanchez, l’unico socialdemocratico europeo a poter vantarsi di avere vinto ben due elezioni di seguito negli ultimi anni: nazionale ed europea. Sanchez, pur incalzato dai neocentristi di Ciudadanos ed aver appena perduto l’amministrazione di Madrid, è impegnato in una intensa attività diplomatica, che lo ha visto viaggiare tra Parigi e Berlino già il giorno dopo le elezioni europee. Certo è che le sue ambizioni europeiste, del tutto simili a quelle del Macron della prima ora, a livello finanziario come bancario e fiscale, sono state già rifiutate in blocco da Merkel.
Ma gli equilibri del Consiglio, coi suoi oscuri meccanismi negoziali e decisionali tuttora modellati su quelli del Congresso di Vienna, sono per ora abbastanza chiari: tutto fa brodo pur di ridurre all’obbedienza la riottosa Polonia e di isolare l’Italia (che peraltro si dimostra al momento incapace di giocare qualsivoglia carta diplomatica pur di uscire dall’angolo).
Grana catalana per l’Europarlamento
L’Europarlamento, come sempre, appare allineato. Tanto per fare un piacere a Madrid, l’ineffabile presidente uscente Tajani, ha rifiutato l’accesso al parlamento europeo ai due eletti catalani, Puidgemont e Tomin, con la scusa che entrambi sono contumaci secondo la legge spagnola. Il problema è che le accuse mosse contro i catalani sono di carattere meramente politico.
Travolto dalle critiche, il buon Tajani, alla fine, con pilatesca attitudine, ha ritirato il permesso di accesso a tutti i parlamentari spagnoli, in attesa della dichiarazione ufficiale di Madrid su numero e nome degli eletti.
Un francese in BCE per il via libera a Weber?
I negoziati sulla nuova Commissione comunque continuano con la data limite del 21 giugno. Permane un’unica certezza: l’Unione europea che ci aspetta sarà disegnata ancora una volta sul modello degli equilibri interni tedeschi, nel nome della stabilità. La CDU/CSU al comando, col rosa socialdemocratico scolorito nel verde degli ecologisti che, secondo il loro leader francese, Yannick Jadot, sono «né di destra né di sinistra».
La Francia, come premio di consolazione, potrebbe ricevere la presidenza della BCE nonostante Parigi abbia già avuto un governatore, il grigio Jean Claude Trichet dal 2003 al 2011, e quindi sulla carta l’Eurotower sarebbe spettata alla Germania dell’ambiziosissimo e rampante Jens Wiedman (attuale presidente della Bundesbank).