Eurostar potrebbe fallire. Addio ai treni Londra-Parigi?
Il mezzo più ecologico per spostarsi da Londra a Parigi rischia di scomparire. La Eurostar, che gestisce i treni nell'Eurotunnel, è in grave crisi
Se si vuole toccare con mano quanto ancora serva ai governi per adottare davvero politiche compatibili con la lotta ai cambiamenti climatici, il consiglio è di organizzare una gita a Coquelles. Un piccolo comune nel Nord della Francia, affacciato sulla Manica: 2.600 anime, la campagna, qualche hotel. È qui, infatti, che parte (e arriva) il tunnel ferroviario che collega la Francia al Regno Unito. Un’opera titanica, costruita tra il 1987 e il 1994. «Il connubio tra lo slancio francese e il pragmatismo britannico», aveva riassunto la regina Elisabetta II inaugurando il tunnel assieme all’allora presidente della Francia, François Mitterrand. Un fiore all’occhiello ingegneristico per le due nazioni europee, sfruttato dalla società Eurostar International. Che però, oggi, è sull’orlo del fallimento.
Il disimpegno del governo inglese nella società Eurostar
Ma come si è arrivati a un passo dal default? Riavvolgiamo il nastro. Eurostar è un’impresa franco-britannica che controlla il traffico nel tunnel sotto la Manica sin dalla sua inaugurazione, diciassette anni fa. Gestisce la tratta Bruxelles-Parigi-Londra (via Lille e Calais). Ma anche i collegamenti diretti tra la capitale inglese e Amsterdam, Rotterdam e Marne-la-Vallée (ovvero Disneyland). Il capitale aziendale è controllato in maggioranza dalla SNCF, la società che gestisce le ferrovie francesi. Fino al 2010 la ripartizione era la seguente: 55% alla SNCF, 40% allo Stato britannico (prima attraverso la London and Continental Railways, poi direttamente con il Tesoro), mentre un 5% era in mano alla SNCB, la compagnia ferroviaria del Belgio.
A partire dal 2015, però, l’azionariato è cambiato: la SNCF ha conservato la sua quota, ma il governo del Regno Unito ha ceduto la propria partecipazione per intero. Acquistata per il 30% dalla Cassa depositi e prestiti del Quebec e per il restante 10% dal fondo d’investimenti britannico Hermes Infrastructure. Due anni dopo, nel 2017, il fatturato è stato pari a 880 milioni di sterline, in crescita dell’1,7% rispetto all’esercizio precedente. Poi, è arrivata la pandemia.
Un solo treno al giorno circola nel tunnel sotto la Manica, quasi vuoto
La crisi provocata dal coronavirus ha colpito in modo drammatico il traffico ferroviario. Esattamente come accaduto per quello aereo. Con la differenza che per quest’ultimo ci si è precipitati ad offrire aiuti e sostegno. Il primo è stato lasciato invece molto più al suo destino. Eppure gli scienziati di tutto il mondo (e la matematica) ci spiegano che scegliere l’aereo per spostarsi da Londra a Parigi è infinitamente più dannoso per il clima rispetto ad effettuare la tratta sulle rotaie.
Per capire quanto dura sia la crisi, basti pensare che i lockdown e le misure di limitazione agli spostamenti hanno quasi azzerato il traffico nel tunnel sotto la Manica. Ormai, solo un treno al giorno si sposta tra le due capitali. E lo fa con, in media, l’80% dei posti vuoti. Risultato: la Eurostar, tra il secondo e il quarto trimestre del 2020 ha registrato un fatturato venti volte inferiore rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Finanziariamente è una situazione più grave di quella della maggior parte delle compagnie aeree.
«Nel 2021 potremmo terminare la liquidità e bloccare i pagamenti»
Il 18 gennaio, il direttore generale Jacques Damas, parlando all’agenzia AFP dichiarava senza mezzi termini: «La catastrofe è possibile. Nel corso del secondo trimestre del 2021 potremmo bloccare i pagamenti, quando avremo bruciato tutta la liquidità». Per questo Jean-Pierre Farandou, amministratore delegato della SNCF, ha lanciato un appello al governo di Parigi, affinché «aiuti Eurostar. Come ha aiutato le compagnie aeree». Anche il governo inglese, benché ormai disimpegnato, è stato sollecitato. Ma per ora né da Londra, né da Parigi sono arrivate risposte concrete. Salvo una dichiarazione del ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire, secondo il quale un sostegno arriverà.
Ad Air France arrivati già nella scorsa primavera enormi aiuti pubblici
Nel frattempo, «Eurostar resta un’impresa francese con sede in Inghilterra. Perciò non è aiutata dagli inglesi. E non è aiutata neanche dai francesi, proprio perché è a Londra», ha riassunto efficacemente Christophe Fanichet, amministratore delegato di SNCF Voyageurs, società satellite incaricata di gestire la circolazione dei treni sul territorio transalpino.
Così, l’azienda che gestisce il mezzo più ecologico per collegare il Regno Unito al continente si avvicina al baratro. Al contrario, già ad aprile del 2020, dopo soli due mesi di crisi, alle compagnie aeree erano già stati concessi dai governi europei 12,8 miliardi di euro. Sette dei quali finiti proprio a AirFrance, la compagnia di bandiera francese.