Norwegian, BlackRock, Pfizer… Sette imprese simbolo della crisi

Compagnie aeree, fondi d'investimento, case farmaceutiche, colossi dell'agroalimentare. Così il Covid-19 sta trasformando l'economia

Ludovic Dupin e Marina Fabre, Novethic
La compagnia Norwgian si trova in notevole difficoltà finanziaria © Andreas Haas/iStockPhoto
Ludovic Dupin e Marina Fabre, Novethic
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La compagnia aerea Norwegian vicina al fallimento, il petroliere Saudi Aramco costretto a indebitarsi, l’industria Pfizer che impenna in Borsa… La seconda ondata di Covid-19 ha inciso profondamente sul mondo economico. Il quotidiano francese Novethic ha selezionato sette imprese i cui casi risultano emblematici. 

Norwegian sta perdendo le ali

Per Norwegian Air Shuttle è stata una “sberla”. Il governo di Oslo ha deciso di non concedere nuovi aiuti alla compagnia aerea, in grande difficoltà. L’esecutivo ha ritenuto il livello di indebitamento della società troppo elevato, benché abbia evitato di parlare di rischi legati alla stessa sopravvivenza dell’azienda specialista dei voli low cost. Già in cattive acque prima della pandemia, la compagnia ha dichiarato il fallimento di due delle sue controllate. E non è la sola del settore a soffrire.

Nel Regno Unito, la compagnia EasyJet ha registrato la prima perdita annuale dopo 25 anni, ovvero dalla sua creazione. La International Air Transport Association (IATA) ha valutato in 118,5 miliardi di dollari le perdite patite da 290 compagnie aere internazionali nel corso del 2020. 

Pfizer vaccinata contro la crisi

L’annuncio ha restituito speranza all’intero Pianeta. Il 10 novembre, il colosso farmaceutico americano Pfizer e il suo partner tedesco BioNTech hanno affermato di aver predisposto un vaccino contro il Covid-19, efficace al 90%. In un istante, gli indici in Borsa hanno registrato un’impennata. Il Dow Jones ha guadagnato il 3%, Londra il 5%, Parigi il 7,6%, Milano il 6%.

Pfizer, una pubblicità a New York
Una pubblicità della casa farmaceutica Pfizer a New York © Massimo Giachetti/iStockPhoto

Le azioni dell’industria statunitense, la cui storia prese piede 171 anni fa, hanno raggiunto livelli record. Quanto alla capitalizzazione di BioNTech, ormai essa è di 27 miliardi di dollari: un valore che non era mai stato raggiunto prima. Un’euforia che, tuttavia, non riflette la realtà della crisi economica, per la quale un rimedio non è stato ancora trovato.

Printemps, vittima della moda

Nonostante le sue celebri vetrine illuminate per Natale, Printemps fatica a festeggiare. La catena di grandi magazzini francese, il 10 novembre, ha annunciato la chiusura di sette dei 19 punti vendita in sui possesso sul territorio transalpino. La direzione ha spiegato che la causa è legata al calo dei turisti e al lockdown.

Il Covid-19 ha rappresentato un detonatore, ma Printemps si trovava già in condizioni difficili. La scelta di puntare molto sul “lusso” non ha funzionato, mentre il settore dell’abbigliamento risulta in caduta libera. La perdita è stata del 15% in 10 anni. Dopo André, Le Halle e Celio, tutte sull’orlo del fallimento, è stata la volta della catena americana Gap, che ha deciso di abbandonare totalmente l’Europa. 

Danone imbarca acqua

Danone, incarnata dal suo presidente Emmanuel Faber, è considerata un’impresa virtuosa. Si è conferita la missione di promuovere il benessere globale, facendo leva sulla propria responsabilità sociale e ambientale. Il numero uno era riuscito a far sostenere la propria strategia dai suoi azionisti, il che ha in effetti aiutato a centrare buone performance.

Ma il Covid-19 non ha risparmiato i colossi dell’agroalimentare, e Danone ha dovuto annunciare un brutale taglio di duemila posti di lavoro nel mondo. Ciò al fine di tornare a centrare dei profitti e rassicurare gli investitori. Il caso-Danone dimostra che anche le imprese pioniere nello sviluppo sostenibile, benché resistano meglio delle altre, siano comunque a rischio di fronte agli scossoni imposti dalla congiuntura.

Tesla lanciata tra i grandi

Se osservato in termini di numero di auto vendute, il costruttore Tesla appare come un piccolo attore. Anni luce indietro rispetto al colosso tedesco Volkswagen o al gigante giapponese Toyota. Eppure, la società di Elon Musk registra oggi la più importante capitalizzazione nel settore, a livello mondiale. Con più di 500 milioni di dollari (la seconda, Volkswagen, è a 77 miliardi).

L’impresa è anche entrata a far parte dell’S&P 500, il principale indice dei mercati finanziari americani. Con la pandemia che spinge verso “il mondo post-coronavirus”, Tesla ha dalla sua un mix di transizione energetica e digitale che nessun altro costruttore può vantare. Al punto che l’amministratore delegato di Volkswagen la considera ormai il punto di riferimento del settore. 

BlackRock vale oro, nonostante il Covid-19

Se la crisi economica sta mettendo in difficoltà interi comparti economici, numerosi attori del mondo della finanza riescono a farla franca. A partire da BlackRock. Mentre imperversa la seconda ondata della pandemia, il mastodonte ha annunciato di aver guadagnato 129 miliardi di dollari nel terzo trimestre dell’anno. Ritrovandosi con asset in possesso per un valore di 7.808 miliardi di dollari. Due volte il prodotto interno lordo della Germania. Tre volte quello della Francia.

Il fondo è riuscito ad approfittare appieno del risparmio degli americani, in aumento dall’inizio dell’anno. Con una tale potenza finanziaria, a BlackRock si chiede un impegno dal punto di vista ambientale. L’amministratore delegato Larry Fink, all’inizio dell’anno, assicurava che «l’investimento responsabile rappresenta ormai la migliore garanzia di solidità». 

Saudi Aramco in panne

La più grande compagnia petrolifera del mondo, Saudi Aramco, ha vissuto le peggiori ore della sua storia. Con la domanda di greggio in calo nel mondo nel 2020 e il valore del barile in discesa, l’impresa pubblica saudita ha registrato un calo del 45% dei profitti nel terzo trimestre. Passando dai 21 a 11 miliardi di dollari, anno su anno. Un colpo enorme per un’azienda che era appena entrata in Borsa.

Per versare i 75 miliardi di dollari di dividendi promessi, Saudi Aramco ha annunciato di essere costretta ad indebitarsi pesantemente. Il che illustra la fragilità di un modello basato al 100% sulle fonti fossili, e che ha già portato, ad esempio, Total e BP a diversificare i propri business.

L’articolo originale è stato pubblicato sul quotidiano francese Novethic. La nostra redazione ringrazia sentitamente per aver concesso la possibilità di tradurlo e ripubblicarlo sulla nostra testata.