La transizione ecologica di Cingolani passa per le trivelle
Il ministro della Transizione ecologia Roberto Cingolani ha concesso nove autorizzazioni allo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e gas
Via libera a nove progetti di sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas fossile a terra e in mare. Proroga delle concessioni a tredici giacimenti in mare, di cui dodici di Eni e uno di Energreen. Se l’obiettivo per il quale è stato istituito il ministero della Transizione ecologica è – appunto – favorire la transizione ecologica del nostro Paese, le decisioni del ministro Roberto Cingolani appaiono contraddittorie.
«È questo che Cingolani e il governo Draghi intendono per transizione ecologica?»
Greenpeace, Legambiente e WWF hanno immediatamente reagito sottolineando l’incoerenza tra gli annunci e le azioni del governo. «Come diciamo da tempo – hanno scritto in un comunicato – in Italia continua a mancare una legge analoga a quelle approvate in Francia e, recentemente, in Danimarca (uno dei maggiori produttori di petrolio dell’Unione europea) che stabilisca un chiaro termine ultimo di validità delle concessioni in essere. E che preveda, di conseguenza, un fermo di tutte le attività ad esse correlate, oltre che uno stop alle autorizzazioni per nuove attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi».
Che si tratti di proroga di attività già avviate o di nuove concessioni, è necessario infatti ridurre l’estrazione e l’utilizzo dei combustibili fossili, per tutelare gli ecosistemi e sviluppare politiche energetiche compatibili con gli obiettivi climatici e con il Green Deal europeo.
«Continuare a investire sulle fossili va in direzione opposta alla decarbonizzazione dell’economia», ha dichiarato Rossella Muroni, deputata della nuova componente Facciamo ECO. «Così facendo», prosegue la parlamentare, «si compromette la missione dello stesso ministero guidato da Cingolani. Ovvero la transizione ecologica».
In Spagna la prima legge sui cambiamenti climatici
Altrove, invece, tale ministero sembra agire in direzione di un reale cambiamento. È il caso della Spagna, dove il dicastero guidato da Teresa Ribera ha accolto con favore, nei giorni scorsi, l’approvazione alla Camera della prima legge sui cambiamenti climatici. Si tratta di un testo che elenca nel dettaglio la strategia della nazione iberica per rispettare gli obiettivi posti dall’Accordo di Parigi. Solo l’estrema destra di Vox ha votato contro e la formazione di Íñigo Errejón, Más País, si è astenuta ritenendo la legge poco ambiziosa. A fine maggio il Senato dovrà dare il via definitivo.
Gli obiettivi che si pone la Spagna sono di ridurre del 23% le emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto al 1990, aumentare le rinnovabili dal 40% al 74% per l’elettricità e dal 20% al 42% per tutta l’energia prodotta nel Paese. Nel 2023 è prevista una prima revisione sulla base della quale sarà possibile apportare eventuali modifiche.
La legge, poi, fissa al 2040 l’anno limite per la vendita di veicoli che emettono CO2 con l’obiettivo di incentivare quelli elettrici, anche aumentando i punti di ricarica. Le città con più di 50mila abitanti dovranno adottare piani di mobilità sostenibile che comprendano zone a bassa emissione, come già fatto da Madrid e Barcellona. E anche le città di più di 20mila abitanti dovranno approvare zone a bassa emissione se la qualità dell’aria non risultasse buona. Il governo, inoltre, incentiverà il trasporto pubblico, quello su rotaia e soprattutto quello ferroviario di merci per distanze superiori ai 300 chilometri.
La finanza chiamata a fare la sua parte contro i cambiamenti climatici
Efficienza energetica e ristrutturazione degli edifici, interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per la tutela della biodiversità. La legge spagnola tocca tutti i punti centrali per la lotta alla crisi climatica. E non dimentica gli aspetti economici e finanziari. Il testo, infatti, comprende la necessità per le grandi imprese, le banche e le assicurazioni di elaborare annualmente informazioni sui rischi per la loro attività derivanti dalla «transizione verso un’economia sostenibile e dalle misure adottate per fronteggiare tali rischi». La Banca di Spagna, la Commissione Nazionale del mercato dei valori e la Direzione generale delle assicurazioni e dei fondi pensione dovranno presentare ogni due anni una relazione congiunta sul grado di allineamento del settore finanziario con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e quelli posti dalla Ue.