Se chi consiglia la Commissione europea va a braccetto con la lobby nucleare

Greenpeace rivela i legami con l'industria dell'atomo del JRC. L'organo della Commissione europea ha dato un parere positivo sull'inserimento del nucleare tra le attività green

Il nucleare, inizialmente escluso, potrebbe rientrare tra le attività definite sostenibili dall'Ue. "Merito" del JRC. Ma Greenpeace ne rivela i legami con l'industria dell'atomo © TomasSereda/iStockPhoto

Sembrava che il nucleare fosse fuori dalla classificazione delle attività sostenibili a cui, da ormai tre anni, sta lavorando la Commissione europea. Era una delle poche certezze dopo che, nel dicembre del 2019, Parlamento, Consiglio e lo stesso organismo esecutivo dell’Ue avevano raggiunto un (faticoso) accordo sul testo del Regolamento sulla tassonomia. E invece la storia sta prendendo una strada diversa: il nucleare potrebbe essere riammesso tra le attività considerate green.

A farlo rientrare in gioco è stato il Joint Research Centre (JRC), un centro di ricerca interno alla Commissione europea, ma “teoricamente” indipendente. “Teoricamente”, perché un recente report di Greenpeace ne ha svelato gli stretti legami con l’industria dell’atomo. Si capisce, quindi, perché, nonostante la proposta di escludere il nucleare dalla tassonomia Ue delle attività economiche sostenibili, il JRC abbia riaperto la porta a questo comparto.

Stop nucleare Greenpeace
Greenpeace da sempre si oppone allo sviluppo del nucleare. «Il rischio ambientale insostenibile delle scorie nucleari è una ragione sufficiente per abbandonare la tecnologia», ha dichiarato l’Ong © Greenpeace, “Nuclear industry ties call EU research body’s impartiality into question”

Nucleare: tema caldo fin dall’inizio

L’inclusione del nucleare tra le attività da considerare green è stata fin dall’inizio una delle questioni più controverse nel lavoro della Commissione per definire l’economia sostenibile. I forti interessi economici in gioco hanno spinto Paesi per cui il nucleare ha un notevole peso, come la Francia ma anche alcune nazioni dell’Europa dell’Est, a esercitare forti pressioni. Con l’obiettivo di far sì che questo settore fosse incluso tra le attività considerate sostenibili. Ma alla fine il Teg (Tecnical Expert Group), il gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea proprio per scrivere il testo della tassonomia, aveva dato un parere negativo. Il nucleare deve essere escluso. Non tanto per l’inquinamento che provoca la produzione di energia atomica, quanto per la gestione successiva delle scorie.

Ma la partita evidentemente non era chiusa. Dopo intense pressioni da parte degli stakeholder pro-nucleari, la Commissione europea ha chiesto al suo Centro di Ricerca, il JRC appunto, di valutare l’assenza di danni ambientali significativi da parte del nucleare. Aprendo, così, la strada al reinserimento del settore nell’elenco delle attività ritenute sostenibili dall’Unione Europea.

Ma perché questo cambio di rotta? Quello del JRC è davvero un parere indipendente? Il report di Greenpeace risponde a queste domande, svelando gli stretti legami tra il centro di ricerca e l’industria del nucleare.

I legami del JRC con l’industria del nucleare

Già le origini del Centro di ricerca dovevano far intuire le sue “simpatie” per il nucleare. Il JRC, infatti, nasce dall’Euratom, l’organizzazione internazionale istituita con i trattati di Roma del 25 marzo 1957 per coordinare i programmi di ricerca degli Stati membri relativi all’energia nucleare.

Dalla sua creazione, il JRC si è diversificato in altri settori. Tuttavia – si legge nel report di Greenpeace – «la ricerca nucleare rappresenta ancora il 25% della sua attività».

Il peso finanziario dell’Euratom

«Tale ricerca è finanziata principalmente dal programma Euratom – continua il report -. Ad esempio, per il periodo dal 2021 al 2025, si conviene che quest’ultimo fornirà 532 milioni di euro al JRC».

«Anche altri finanziamenti del Joint Research Centre che inizialmente possono sembrare provenire dal bilancio dell’UE sono stati storicamente cofinanziati dall’Euratom. È il caso, ad esempio, del programma di disattivazione e gestione dei rifiuti, che negli ultimi 10 anni è stato cofinanziato, poiché l’UE non copre i costi del personale coinvolti in tali lavori».

Se a questo si aggiungono le dichiarazioni “pro-nucleare” di alcuni membri del Centro di ricerca, il quadro diventa chiaro. «Il programma di lavoro pluriennale del JRC per le attività nucleari riflette pienamente gli obiettivi del programma di ricerca e formazione Euratom», aveva scritto Said Abousahl, capo dell’unità di coordinamento Euratom del JCR, in un articolo nel 2020.

L’industria cerca il sostegno di Bruxelles

«È diventato sempre più chiaro che l’industria nucleare non può reggersi in piedi senza finanziamenti massicci. Ed è per questo che hanno un disperato bisogno del sostegno dell’UE. Poiché l’energia nucleare è troppo costosa e nuovi progetti stanno evaporando», ha dichiarato Silvia Pastorelli, consulente per le politiche comunitarie di Greenpeace. «Nella sua relazione – prosegue – il JRC è pericolosamente ottimista sul rinnovo delle centrali nucleari in funzione. Scienziati indipendenti hanno già detto all’UE che il rischio ambientale insostenibile delle scorie nucleari è una ragione sufficiente per abbandonare la tecnologia. Piuttosto che lasciare che un’industria in via di estinzione inghiottisca finanziamenti vitali, la Commissione europea dovrebbe sostenere una vera azione per il clima. Escludendo tutte le false “soluzioni” verdi come il nucleare, il gas e la biomassa».