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Economia

La rivoluzione tranquilla di Joe Biden

38:42

Quando si è candidato alle primarie del Partito democratico americano, Joe Biden ne ha incarnato l’ala più moderata. Contrapposta al socialista Bernie Sanders, leader della sinistra interna, catalizzatore delle anime più progressiste degli Stati Uniti.

Durante la campagna elettorale, lo scontro è stato senza esclusione di colpi. Ma all’inizio di aprile del 2020, Sanders ha deciso di ritirarsi. In cambio dell’appoggio suo e dei suoi sostenitori, ha negoziato un programma con Joe Biden. Non pochi osservatori considerano proprio questa la principale ragione della “svolta” del presidente americano. Che dopo pochi mesi alla guida della nazione nordamericana sembra voler smentire tutti coloro che lo consideravano un centrista.

La rivoluzione di Joe Biden è il ritorno dello Stato

Innanzitutto, da quando ha varcato la soglia della Casa Bianca, Biden sembra puntare su un rinnovato ruolo dello Stato, che dopo decenni di deregulation e mito dei mercati che si auto-regolano, ritorna centrale. Un interventismo che ha portato a lanciare due mastodontici piani di recupero post-covid. Uno immediato, che prevede sostegno a famiglie e imprese. Un altro sul medio e lungo termine, che punta ad investire duemila miliardi di dollari per ammodernare le infrastrutture americane. Ponti, ferrovie, rete idrica e fognaria, parchi. Il tutto con la volontà di operare una transizione ecologica che, secondo le intenzioni di Biden, consentirà di creare milioni di posti di lavoro.

Gli impegni su clima, economia e finanza

L’impegno sul fronte dei cambiamenti climatici, inoltre, è stato confermato ad aprile nel corso di un summit internazionale. Gli Stati Uniti si impegnano ad abbassare le proprie emissioni di gas ad effetto serra del 50-52%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Nettamente più di quanto promise nel 2015 Barack Obama, benché meno rispetto a quanto assicura di voler fare l’Unione europea.

Anche il sistema finanziario e quello fiscale potrebbero subire grandi cambiamenti. Si parla di stretta sulle speculazioni e di tasse sulle grandi imprese e sui contribuenti più ricchi (e si vocifera perfino di una tassa sulle transazioni). Difficile insomma, anche viste le premesse, scontentare chi chiedeva una svolta in senso progressista. Biden, però, dovrà fare i conti con il Congresso. Con le lobby. Con le mille resistenze che certamente si manifesteranno.

Per valutare l’azione del nuovo presidente americano e comprendere quali ostacoli potrebbe essere chiamato a superare, ne abbiamo parlato con Marina Catucci, corrispondente da New York de il manifesto e Liliana Faccioli Pintozzi, ex corrispondente di Sky Tg 24.