Bidenomics. La rivoluzione economica americana che guarda a sinistra

L'economia di Biden, la Bidenomics, con 6mila miliardi di dollari promette una svolta sociale e green per l'America, oltre il Covid-19. E accende il dibattito

Bidenomics, l'economia del presidente Joe Biden rilancia l'America oltre il Covid-19 © spyarm/iStockPhoto

Bidenomics. È stato già ribattezzato così il programma di interventi in economia elaborato dal presidente americano Joe Biden e dai suoi collaboratori. Un piano, al momento, di investimenti solo pubblici – primo punto di rilievo – e da finanziare in buona parte – secondo aspetto di peso – con un maggior prelievo fiscale per grandi imprese, rendite finanziarie e nuove tasse sugli americani con oltre 400mila dollari di reddito.

Ma soprattutto un piano articolato, importante per i volumi di spesa e di forte impronta progressista, innovativa e green. Per alcuni quasi “di sinistra”. E dalle enormi ambizioni, all’insegna del Build Back Better, cioè “ricostruire meglio”.

Con oltre 6mila miliardi di dollari di dotazione finanziaria complessiva in 15 anni (se includiamo l’American Rescue Plan) la Bidenonomics è chiamata a ristabilire basi solide e sostenibili per le generazioni statunitensi future. E non consente gravi errori di tiro.

Perché sebbene non le si chieda di “fare l’America”, il suo compito è di rimuovere le macerie di un Paese vecchio e malconcio quanto le sue infrastrutture.

I voti alle infrastrutture americane

stato delle infrastrutture negli Stati Uniti, da A (ottimo stato) a F (inutilizzabile)
fonte: Alternatives Economiques su dati American Society of Civil Engineers

Una nazione profondamente provata dalla pandemia di Covid-19 (oltre 566mila morti, -9,5% di Pil nel 2020 sul 2019) e stretta fra la divisione politica interna, culminata nell’assalto al congresso del 6 gennaio 2021, e due minacce esterne dichiarate: la concorrenza cinese e, soprattutto, l’impatto dei cambiamenti climatici (un abisso rispetto al negazionismo di Trump).

Bidenomics, primo pilastro per salvare gli Stati Uniti dal coronavirus

Tutto è iniziato a gennaio 2021 con l’American Rescue Plan (cioè il “Piano di salvataggio americano”), passato nonostante la dura opposizione dei repubblicani. Il provvedimento ha una provvista di circa 1900 miliardi di dollari studiati per tamponare la grave situazione economica e sociale prodotta dal coronavirus.

All’interno del documento numerosi interventi mirati. Gli assegni di sostegno ai redditi inferiori (75mila dollari pro capite) e per i figli a carico; crediti d’imposta per figli minorenni; l’estensione dei sussidi straordinari di disoccupazione; trasferimenti cospicui agli enti locali e alle scuole; 160 miliardi per rafforzare la campagna di vaccinazione e di test per il virus…

Bidenomics, la destinazione dei fondi dell'American Rescue Plan approvato dall'amministrazione di Joe Biden
Bidenomics, la destinazione dei fondi dell’American Rescue Plan approvato dall’amministrazione di Joe Biden © Statista, 2021

Bidenomics, secondo pilastro per cambiare il Paese

A questo primo pilastro d’emergenza, gli Stati Uniti ne stanno però integrando un secondo e ancor più fondamentale: l’American Jobs Plan. Una misura da ben 2.300 miliardi di dollari e di valore sistemico, ancora in attesa di approvazione ed eventuali modifiche.

Si tratta di un piano che interviene sul rinnovamento e il ripristino di un lungo elenco di infrastrutture chiave, promuovendo direttamente o indirettamente l’occupazione, con una decisa svolta trasversale di stampo ecosostenibile.

Bidenomics: schema interventi American Jobs Plan dell'amministrazione USA
Schema degli interventi American Jobs Plan dell’amministrazione USA © Energy and Security Climate Program, marzo 2021

Edifici e infrastrutture, reti e green economy. E soprattutto lavoro e persone

In particolare l’American Jobs Plan si distribuisce su quattro grandi capitoli di spesa.

  • Il primo capitolo (768 miliardi di dollari) riguarda la costruzione e il ripristino in termini di sicurezza ed efficienza di edifici commerciali, abitazioni (circa un milione), scuole… L’investimento maggiore previsto è però destinato al settore dell’assistenza agli anziani, e questo la dice lunga in primis sulle preoccupazioni per l’invecchiamento della popolazione. D’altra parte la scelta esprime una volontà di considerare il comparto economico della cura (caregiving economy) non solo bisognoso di sostegno ma anche capace di favorire buona occupazione. Un’occupazione spesso appannaggio delle donne, in ampia misura nere e provenienti da fasce socioeconomiche fragili.
  • Il secondo capitolo (621 miliardi) si concentra su mobilità e infrastrutture di trasporto (strade, ponti, porti e aeroporti…). La maggior parte dei fondi qui sono destinati a incentivare i veicoli elettrici.
  • Il terzo capitolo (311 miliardi) punta all’ammodernamento, all’efficientamento e alla realizzazione di reti vitali per l’accesso ai servizi pubblici: banda larga, rete elettrica e rete idrica. Quindi Internet veloce, energia elettrica, acqua potabile.
  • Il quarto capitolo (593 miliardi) investe infine su ricerca e sviluppo in settori decisivi (tecnologia e green economy). Inoltre, attraverso appalti federali, incentivi alla produzione e politiche attive del mercato del lavoro, mira a riqualificare i lavoratori – particolarmente delle aree rurali -. Sostiene inoltre le piccole imprese e accompagna e rilancia i lavoratori licenziati (dislocated) o a rischio di esserlo.

L’American Jobs Plan, se realizzato, promette perciò una trasformazione nazionale a medio-lungo termine. Ed ha il vantaggio di saper attirare l’apprezzamento di molti settori repubblicani, tradizionalmente sensibili al tema “grandi opere e cantieristica”.

Ma la Bidenomics non finisce qui e prevede anche un terzo piano di interventi, l’American Families Plan, del quale per ora non sono noti i dettagli. Ad esso verrà affidato il compito di ripristinare un livello infrastrutturale logoro – quello delle infrastrutture di carattere sociale -. Al centro di quest’ultimo pilastro ci saranno l’assistenza sanitaria e le politiche per l’infanzia, col ricorso a misure fiscali ad hoc.

Debito e inflazione: si scalda il dibattito sulla Bidenomics

La strategia economica dell’amministrazione Biden, insomma, è imponente. Per questo ha acceso un dibattito intenso sulle conseguenze potenziali del volume di investimenti pubblici previsti. Due i principali trending topics della discussione, si potrebbe dire: il rischio di surriscaldare l’economia USA e quello di innescare una potenziale spinta inflazionistica.

Tanto che Janet Yellen, neo segretaria al Tesoro, oltre a sostenere il valore dei contenuti del Rescue Plan ha ricordato i rischi di innalzamento del debito USA (passato dal 107% nel 2019 al 131% nel 2020). Rischi definiti comunque inferiori al beneficio atteso.

Un allarme, quello di Yellen, di ben altro tenore rispetto a quello lanciato da figure altrettanto autorevoli ma esterne all’amministrazione, e però vicine al campo democratico. Innanzitutto Larry Summers, ex segretario al Tesoro dell’amministrazione Clinton ed ex consigliere economico di Obama, che prima twitta «se ci liberiamo del Covid, avremo un’economia in fiamme» e poi, sul Washington Post, va assai oltre.

Dichiara infatti che «il piano di stimolo del presidente potrebbe innescare la più alta inflazione da più di mezzo secolo e potrebbe costare ai democratici la possibilità di fare investimenti duraturi nell’economia». E attacca frontalmente: «Il piano di spesa dell’amministrazione Biden è stato redatto per soddisfare realtà politiche piuttosto che esigenze economiche, e sta “corteggiando” il disastro».

Summers, che per qualcuno ha da farsi perdonare i mancati interventi durante la crisi finanziaria del 2008, non è tuttavia il solo a mettere in guardia la Casa bianca. Sulla stessa linea, pur con toni meno aspri, si pone un altro esperto di fama, il francese Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale. In un ampio approfondimento, Blanchard paventa una sottostima del pericolo-inflazione favorita dalla difficoltà di individuare strumenti e criteri adeguati per misurare il rapporto tra effetti potenziali e reali della Bidenomics.

Limiti e slanci di una rivoluzione vista da sinistra

Che si tratti di cassandre o di allarmisti è presto per dirlo. Certo è che gli architetti economici di Biden ascoltano con attenzione. E per ora rispondono che qualsiasi rischio inflazionistico impallidisce a fronte del danno che milioni di americani subirebbero dal mancato ritorno a un’economia vivace.

Bidenomics e il rischio di una spinta verso l’alto dell’inflazione. Conversazione con Larry Summers e Paul Krugman ospiti della Princeton University

Le preoccupazioni del pericolo inflattivo, del resto, sono ritenute eccessive da Paul Krugman, premio Nobel 2008 per l’economia. Secondo il quale l’errore è di considerare il Rescue Plan uno stimolo invece che un provvedimento di aiuti d’emergenza, motivo per cui la misura gode di una sorta di approvazione popolare bipartisan di grande valore politico.

Ma ci sono altre opinioni e perplessità interessanti che piovono da sinistra. Quella di Alexandria Ocasio-Cortez, ad esempio, che considera insufficienti i 2300 miliardi del Jobs Plan. Oppure quelle varie e autorevoli raccolte da Mediapart in un lungo e interessante articolo.

Alexandria Ocasio Cortez sull’American Jobs Plan

La rivista francese apprezza la Bidenomics quale esempio di «rifondazione democratica» per l’intervento sulle disuguaglianze. E ne sottolinea la logica che sviluppa «un’economia d’avanguardia protetta dalla transizione ecologica, capace sia di creare posti di lavoro che di “irrigare” il resto dell’economia».

Ma non basta. E a Biden chiede di più. Maggiore investimento finanziario, maggior coraggio sul piano fiscale e per correggere la finanziarizzazione dell’economia. Infine avverte del pericolo di un cedimento alle società di private equity. Queste ultime potrebbero vanificare il rigore statalista della nuova politica economica USA entrando con partnership pubblico-private, avvantaggiandosi economicamente a scapito dell’azione diretta del governo.

E siamo solo a 5 mesi dall’insediamento di Sleepy Joe.