Transizione ecologica, siamo tutti pronti ma non chiedete a noi

Energia, trasporti, CO2. E gli intrecci con la finanza. Ogni settimana il punto sui cambiamenti climatici firmato da Andrea Barolini

Mercoledì 14 luglio la Commissione europea ha presentato il pacchetto legislativo che dovrebbe rendere operativo il Green Deal. Nodo centrale: i trasporti. Obiettivo: ridurre le emissioni di CO2 del settore del 55% di qui al 2030. In particolare, a partire dal 2035 le auto nuove non dovranno più essere equipaggiate con motori termici. Si tratta di salvare il clima e la – pur conservatrice e prudente – Commissione deve chiedere a tutti di fare la loro parte.

Problema: qualunque settore venga toccato parte, implacabile e immancabile, l’alzata di scudi (a conferma della scarsa comprensione della drammaticità della crisi climatica). La prima a reagire è stata l’Associazione dei costruttori europei di automobili (ACEA), che in un comunicato ha bollato come «soluzione irrazionale» quella immaginata dall’organismo esecutivo di Bruxelles. Per raggiungere la carbon neutrality, secondo i lobbisti dell’automotive, è meglio utilizzare «tutte le opzioni, compresi i motori termici più efficienti, quelli ibridi e quelli a idrogeno».

Oliver Zipse, presidente della BMW e dell’ACEA ha chiesto all’Unione europea di «puntare sull’innovazione anziché vietare, di fatto, tecnologie specifiche». E ha contestato anche l’obiettivo di riduzione del 55%, considerando già fin troppo ambizioso quello attuale, fissato al 37,5%.

Non potevano poi mancare le compagnie aeree, la cui principale associazione (la IATA) ha considerato «controproducente» il progetto di tassare progressivamente il cherosene: «L’aviazione si è impegnata sulla strada della decarbonizzazione», ma non ha bisogno di «misure punitive». Un altro gruppo lobbista delle compagnie, l’A4E, ha utilizzato argomentazioni simili.

Insomma, tutti pronti a sostenere la transizione ecologica. A patto che la facciano gli altri.


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