Algeria primo fornitore di gas in Italia. È davvero meglio di Putin?
L'Algeria diventerà primo fornitore di gas dell'Italia. Ma il governo della nazione africana è accusato di non rispettare i diritti umani
A febbraio, mentre la Russia si preparava a invadere l’Ucraina e l’Europa orientale scivolava verso una guerra che avrebbe cambiato il mondo, un uomo di nome Hakim Debbazi, 55 anni e tre figli, veniva arrestato a casa sua in Algeria. Il motivo era un post scritto su Facebook per i suoi 91 contatti nel quale appoggiava il movimento di protesta Hirak, che dal 2019 chiede la democratizzazione del paese nordafricano.
Il caso di Hakim Debbazi, arrestato per un post social e morto in carcere
Due mesi dopo, Debbazi è morto nel carcere di Kolea. Per le autorità algerine è stata una morte naturale. Per la famiglia e la società civile algerina è stato una morte politica, come quelle di Kamel Eddine Fekhar, avvocato per i diritti umani, e Mohamed Tamalt, giornalista. Entrambi in carcere come Debbazi per aver espresso le proprie opinioni in un Paese nel quale 300 persone sono state arrestate solo nel corso di quest’anno per reati di coscienza. Attivisti, cronisti, sindacalisti. Per accuse vaghe come aver minato il morale dell’esercito o danneggiato l’unità nazionale.
È una storia che ci riguarda, perché l’Italia con l’Algeria ha sempre fatto ottimi affari, soprattutto su una linea chiamata Transmed. Un gasdotto che parte dal deserto, attraversa la Tunisia, passa sotto il Mediterraneo e arriva a Mazara del Vallo, in Sicilia. Insieme alla guerra è scoppiata la consapevolezza politica che gli affari che avevamo sempre fatto con la Russia erano diventati all’improvviso impresentabili. Una violazione dei diritti umani, un traffico immorale.
Dall’Algeria 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno
L’Italia ha scelto di diversificare i fornitori senza mettere in discussione il ruolo del gas nel mix energetico nazionale. La strategia è stata sostituire il Grande Dittatore a Mosca con tanti piccoli autocrati locali. Insieme al rischio energetico, abbiamo diversificato anche quello morale. Il risultato è che l’Algeria sta per diventare il primo fornitore italiano di gas, con un picco previsto di circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Il paese guidato da Abdelmadjid Tebboune si è presentato come affidabile, sicuro e rispettabile. Le storie di Hakim Debbazi, Kamel Eddine Fekhar e Mohamed Tamalt dimostrano che forse non conosciamo abbastanza bene il nostro nuovo partner energetico principale.
Amnesty ha lanciato una campagna contro la repressione dei diritti umani in Algeria
L’ondata di repressione in corso in Algeria non sembra preoccupare il governo o ENI, né l’opinione pubblica italiana. Eppure ha attirato l’attenzione di diversi organismi internazionali. Amnesty International ha chiesto un’indagine indipendente sulla morte di Debbazi e ha stilato un lungo elenco dei punti di rottura della libertà e della democrazia in Algeria.
Il movimento Hirak è stato di fatto soffocato. Sono aumentate le persecuzioni per accuse infondate di terrorismo contro esponenti della società civile. Il codice penale è stato modificato in modo da allargare le maglie degli arresti arbitrari. Il lavoro di media, difensori dei diritti umani e sindacati è continuamente ostacolato e represso.
L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite: «Si cambi direzione»
Ma non c’è solo Amnesty ad aver manifestato preoccupazione per quello che succede in Algeria. Anche il report 2021 sui diritti umani del Dipartimento di Stato americano ha parlato esplicitamente di arresti arbitrari e violazioni delle libertà politiche, di associazione e di espressione. L’Ufficio per i diritti umani dell’Onu ha chiesto all’Algeria di «cambiare direzione» e di garantire i diritti politici e umani di base ai suoi cittadini.
Il punto è che l’Algeria non sembra avere nessuna intenzione di cambiare strada. Con la deposizione dello storico presidente Abdelaziz Bouteflika e l’insediamento di Tebboune sta anzi scivolando verso una pagina buia della sua storia. Tutto questo non turba i rapporti commerciali e politici con il nostro Paese.
A fine maggio Tebboune è stato in visita a Roma, in quell’occasione l’organizzazione non governativa Riposte Internationale aveva chiesto al governo di sollecitare l’amico algerino al rispetto dei diritti umani e di chiedere conto della morte in carcere di un uomo colpevole solo di un post dai contenuti politici.
Amnesty International ha rilanciato una campagna di 39 organizzazioni algerine, regionali e internazionali per i diritti umani, coordinata intorno all’hashtag #NotACrime. Per ricordare al governo algerino che la partecipazione politica, la libera espressione e associazione non sono un crimine. La campagna si è chiusa nel terzo anniversario della morte in cella di Kamel Eddine Fekhar, uno dei tre martiri della democrazia algerina che anche noi sembra abbiamo dimenticato.
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