Perché le alleanze finanziarie non bastano per salvare il clima

Alla Cop26 di Glasgow è stata lanciata una maxi-alleanza finanziaria per la carbon neutrality. Ma secondo un'analisi con pochi impegni concreti

© Floaria Bicher/iStockPhoto

Quando è stata annunciata, nel corso della Cop26 di Glasgow, l’iniziativa ha riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Più di 450 istituti finanziari, che gestiscono un totale di 130mila miliardi di dollari, si sono impegnati a centrare la carbon neutrality entro il 2050. Ovvero l’azzeramento delle emissioni nette di CO2.

Un’iniziativa lodevole, ma con dei ma

Lodevole, è indiscutibile. Tuttavia, è bene riflettere innanzitutto sull’annuncio in sé. Per due ragioni. La prima è legata meramente alla comunicazione. C’è infatti chi ha riportato la notizia lasciando intendere che sarebbero stati di fatto stanziati 130mila miliardi di dollari a favore della transizione ecologica. Non è così: quella è, appunto, la somma che tali istituti hanno in gestione. La promessa di raggiungere la carbon neutrality entro il 2050 non significa affatto che si investirà interamente tale importo in progetti di riforestazione, energie rinnovabili o mobilità sostenibile.

In secondo luogo, il totale – come sottolineato dal quotidiano economico francese Les Echos – è sovrastimato, poiché include dei “doppioni” nei conteggi. Alcune realtà dello stesso gruppo, infatti, sono state calcolate più volte, “drogando” il dato finale.

Gli impegni concreti della finanza per il clima

Ma al di là di cifre e precisazioni, veniamo agli impegni concreti. La coalizione, battezzata Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz) e presieduta dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney, si è fissata in effetti un obiettivo ambizioso. E punta a mettere assieme buone pratiche, raccogliere dati, indicare alle imprese finanziarie la buona strada.

Un rapporto della Ong Reclaim Finance, tuttavia, ha spiegato che, dietro alle cifre gigantesche che hanno accompagnato la nascita della Gfanz, gli impegni concreti sono pochi. Almeno per ora. L’analisi ha indicato in particolare che le scelte sulle energie fossili sono ancora troppo poco ambiziose. Che le date intermedie, quando indicate, sono vaghe. E che, in mancanza di un meccanismo sanzionatorio, in molti potrebbero disattendere gli impegni assunti.

Parlando a Les Echos, l’autore del report, Patrick McCully ha spiegato che «occorre ora che tutte le alleanze che puntano al net zero esigano dai loro membri obiettivi concreti». Ovvero «strategie di allineamento agli 1,5 gradi basate sull’addio alle energie fossili». In altre parole: come credere alle promesse se ancora non ci si è ancora dotati di piani coerenti con quanto indicato dall’Accordo di Parigi?

Il ritardo della finanza nella lotta alla crisi climatica

La realtà, infatti, è che sul tema dei cambiamenti climatici, il settore della finanza è ancora molto in ritardo rispetto ad altri. Nonostante alcuni passi avanti recenti, la strada è ancora molto lunga. La speranza, perciò è che più che annunci in pompa magna si comincino a presentare risultati già raggiunti. Al più presto.


Questo articolo è stato pubblicato in 1o anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.