Ambiente: i giovani sono più consapevoli, ma agiscono meno dei boomer

Gli under 24 si preoccupano per l’ambiente molto di più degli over 55. Quando si passa alle azioni concrete, il divario si capovolge

Chiara Ricciolini
I giovani si preoccupano di più per l'ambiente ma, rispetto ai boomer, faticano ad agire © Jacob Wackerhausen/iStockPhoto
Chiara Ricciolini
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I giovani italiani hanno una forte coscienza ecologista ma, quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica, peccano di incoerenza. Mangiati dall’ansia e dal senso di impotenza davanti a un Pianeta che sembra ormai permanentemente compromesso, cresciuti con una scarsa affezione alla natura, trovano difficile trasformare l’ansia per l’ambiente in impegno concreto.

Cosa fanno (e cosa non fanno) i giovani per tutelare l’ambiente

Il 60,7% degli under 24 si dice preoccupato per i cambiamenti climatici e l’inquinamento, più degli over 55 (57,1%), secondo i dati dell’Istituto superiore di statistica (Istat). Eppure, quando si tratta di azioni concrete, il divario si capovolge. Il 71,4% degli italiani fa attenzione a risparmiare energia, ma la percentuale cala al 51,6% tra i giovani sotto i 24 anni rispetto al 77,4% degli over 55. Il 68,8% della popolazione sostiene di evitare di sprecare l’acqua, ma tra i giovani la percentuale scende al 52,5%, mentre tra gli over 55 sale al 74,7%.

«Non è solo una questione di volontà», spiega la ecopsicologa e professoressa di Ecopsicologia all’università della Valle D’Aosta Marcella Danon. «I boomer hanno avuto un rapporto più diretto con la natura. La loro infanzia si è svolta in una società ancora connessa alla dimensione rurale che ha permesso loro di fare molte esperienze di contatto diretto col mondo naturale. Tutto ciò ha favorito un attaccamento emotivo all’ambiente. Come dice il sociobiologo Stephen Jay Gould, noi non proteggeremo ciò che non amiamo. Senza contatto con la natura, è difficile sviluppare un senso di appartenenza e responsabilità verso di essa». Un concetto che trova conferma nell’ipotesi della biofilia di Edward O. Wilson, secondo cui l’affiliazione emotiva alla natura è innata, ma necessita di essere stimolata. Danon dal 2004 dirige Ecopsiché – Scuola di Ecopsicologia, proprio per studiare questi fenomeni.

Una generazione paralizzata dal senso di impotenza

Se i boomer poi sono cresciuti con l’idea di un futuro lineare e stabile, i giovani si trovano gettati in un’epoca di incertezza e precarietà. Questo ha un impatto anche sul loro approccio alla sostenibilità. «I giovani di oggi non hanno avuto strumenti per imparare a vivere nell’incertezza», commenta Danon. «Negli anni passati c’erano molte più sicurezze: il posto fisso, il progresso, la speranza nel futuro. Oggi tutto appare instabile e privo di garanzie. E questa sensazione di precarietà genera ansia. Le problematiche ambientali catalizzano tutte le altre ansie legate alla società moderna. Quando si parla di ecoansia in realtà il focus non è solo ambientale ma esistenziale».

Questa percezione di instabilità influisce sulle scelte quotidiane. Se il mondo sembra già irrimediabilmente compromesso, piccoli gesti come il risparmio energetico o la raccolta differenziata possono apparire insignificanti. «Se non si crede nel proprio potere di cambiare le cose, è più difficile agire», sottolinea Danon. «Siamo di fronte a una generazione informata, consapevole, ma paralizzata dal senso di impotenza».

Mobilità e consumi: dove i giovani fanno la differenza per l’ambiente

Se in casa gli over 55 sono più attenti ai consumi, è all’esterno che i giovani dimostrano una maggiore apertura verso abitudini rispettose dell’ambiente. Il 29% degli under 24 si sposta con i mezzi pubblici o in bicicletta, contro appena il 17% degli over 55. Un cambio di paradigma che non riguarda solo la sostenibilità, ma anche la praticità: evitare il traffico, ridurre i costi e muoversi con agilità nelle città sono vantaggi che rendono queste scelte più appetibili. Danon conferma: «I giovani hanno interiorizzato i problemi legati all’uso dell’auto, mentre per i boomer l’auto ha rappresentato a lungo un simbolo di indipendenza e status sociale».

Anche sul fronte degli acquisti emergono alcune differenze interessanti, soprattutto tra uomini e donne. Le donne si dimostrano più attente alle scelte sostenibili: il 41% legge le etichette dei prodotti, contro il 30% degli uomini, e il 16% privilegia il biologico, contro il 12% degli uomini. Secondo Danon, questa attenzione deriva sia da un retaggio storico, sia dal ruolo di cura che svolgono ancora prevalentemente le donne. «Nelle società tradizionali, il ruolo della donna era strettamente legato alla cura del cibo e dell’ambiente domestico, rafforzata dal ruolo di cura imposto loro per millenni. Questa predisposizione alla cura si traduce oggi in una maggiore sensibilità ecologica».

Un altro fattore chiave nella consapevolezza ambientale è il livello di istruzione. Secondo i dati Istat, tra i laureati il 66% si dice preoccupato per i cambiamenti climatici, mentre tra chi ha solo la licenza media la percentuale scende al 53%. Ma non è solo una questione di preoccupazione. Chi studia di più ha anche maggiori strumenti per distinguere le reali politiche di sostenibilità dal greenwashing. E tende ad agire di conseguenza.